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Il nuovo decreto Covid è stato approvato da più di 24 ore, ma non è ancora pubblico. Il governo procede tra l’altezzosità di Draghi, che sembra vivere le meccaniche costituzionali come un fastidio, e l’imminenza dell’elezione del presidente della Repubblica

A più di 24 ore dal Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto sull’obbligo vaccinale per gli over 50, in Gazzetta Ufficiale il decreto non c’è ancora: secondo indiscrezioni, la scrittura del testo vero e proprio era ancora in corso ieri pomeriggio e i suoi contenuti erano “in fase di affinamento” anche dopo l’approvazione all’unanimità in Cdm. Per tutta la giornata c’è stato quindi un susseguirsi di interpretazioni contrastanti sull’applicazione delle nuove norme, dato che lo scarno comunicato stampa del governo — oltre a non costituire fonte del diritto — non offre molta precisione.

Uno dei nodi principali riguarda le sanzioni per chi non si adegua all’obbligo vaccinale: a quanto pare, ci sarà una multa di 100 euro “una tantum,” che potrebbe essere comminata direttamente dall’Agenzia delle Entrate incrociando i dati della popolazione residente con quelli delle anagrafi vaccinali. Si configura così un “doppio binario,” perché le sanzioni per gli over 50 che non rispettano l’obbligo vaccinale risultano diverse da quelle per chi non rispetta l’obbligo del super green pass sul lavoro.

Il governo, che ha preferito difendere lo shopping natalizio anziché cercare di arginare i contagi, sarà costretto a fare molto in fretta i conti con una realtà prevedibile: giovedì sono stati registrati 219.441 contagi e 198 morti, con un tasso di positività oltre il 19%, e in molti ospedali la situazione è fuori controllo.

Sulla scuola, il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ribadisce in un’intervista al Corriere che non ci sarà nessun rinvio dell’inizio delle elezioni, ma ieri una petizione firmata da più di 2000 dirigenti scolastici ha chiesto all’esecutivo di posticipare il rientro per due settimane, descrivendo una situazione altrimenti “ingestibile.” E il ministro Brunetta? Nonostante il governo abbia sconfessato la sua linea dura contro la possibilità dei dipendenti pubblici di lavorare da casa, non sembra avere intenzione di dimettersi.

Ci siamo, è ufficiale: le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica inizieranno il 24 gennaio, ed è probabile che si protrarranno a lungo a causa delle misure anti-Covid, che costringeranno a rallentare le operazioni di voto. Per i partiti non sarà un problema, dato che sono ancora nel caos più completo: i parlamentari del M5S sembrano sempre più orientati sul Mattarella bis nonostante la contrarietà di Conte, che sta cercando di tenere insieme un partito allo sbando; nel centrodestra pesa invece l’ostinazione di Berlusconi, che continua la propria caccia all’ultimo voto nonostante il consiglio di lasciar perdere che sarebbe arrivato anche da un fedelissimo come Gianni Letta. Finché il nome del leader di FI resta sul tavolo, però, il Pd si rifiuta di trattare con gli alleati di coalizione.

Finalmente però è tornata l’ombra di D’Alema: Durante una tristissima diretta di auguri di fine anno su Zoom, Massimo D’Alema ha annunciato la disponibilità di Articolo 1 a rientrare nel Pd, definendo quest’ultimo come guarito dalla “malattia” del renzismo, e parlando di una “ricomposizione necessaria,” che potrebbe essere ufficializzata a maggio. Tutti d’accordo gli altri big del piccolo partito, da Bersani a Speranza; qualche reazione stizzita è arrivata però dallo stesso Pd, a cominciare dal segretario Letta, secondo cui non c’è stata “nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno.” Renzi, ovviamente, ha commentato ricordando il proprio famigerato 40% e ha mandato “un abbraccio a chi sognava il partito dei riformisti e si ritrova nel partito dei dalemiani.”

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In copertina, foto CC-BY-NC-SA 3.0 IT Presidenza Consiglio dei Ministri