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Sabato è stato sventato un attentato a Erdogan, mentre la crisi economica si fa sempre più difficile. Ma la Turchia è ancora un centro di potere internazionale — dal comportamento imprevedibile

Lo scorso 4 dicembre la polizia turca ha annunciato di aver trovato una bomba sotto la macchina di un agente a una manifestazione dove sarebbe stato presente Erdogan. L’attentato è stato sventato in larghissimo anticipo — la vettura era ancora a più di 200km da Siirt, dove doveva parlare Erdogan — ma segna un ulteriore momento di instabilità nel paese, che da anni, tra problemi reali e momenti di… “teatralità” di Erdogan, si trova in condizione di crisi sempre più gravi.

La svalutazione della lira turca — una strategia di Erdogan per aumentare le esportazioni, ma che ha avuto conseguenze negative sul potere d’acquisto dei cittadini turchi — ha portato a una situazione problematica a livello sociale, che inevitabilmente avrà conseguenze a livello politico: già ora stiamo assistendo ad un rinsaldo tra forze di opposizione, mentre il malcontento è sempre più diffuso.

Tutto questo si riversa anche nella politica internazionale. Gli Stati Uniti restano un interlocutore privilegiato, ma il rapporto tra i due paesi si è incrinato — tra le vicende dei curdi siriani e il caso di Fethullah Gülen. Erdogan però, riesce sempre a portare avanti una linea parallela: è dentro la NATO ma con un piede fuori, si allea con la Russia ma al tempo stesso le si contrappone, prende il posto della NATO in Afghanistan e ha un rapporto privilegiato con il Qatar. Erdogan, nonostante la crisi interna, continua a riuscire a essere un personaggio fondamentale in Turchia e in tutta l’area — che non sarà facile da scalzare.

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in copertina, foto via Facebook