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Doveva essere un’operazione di polizia, lunga poche settimane, invece l’aggressione di Addis Abeba contro il governo del Fronte di liberazione del popolo del Tigray si è trasformata in una guerra che ha causato una immane catastrofe umanitaria

I riflettori internazionali si sono accesi di nuovo sull’Etiopia: è passato un anno dall’inizio del conflitto, ma la situazione per sul territorio è durissima. Secondo una recente dichiarazione dell’Alta commissaria delle Nazioni Unite ai Diritti umani Bachelet, tutte le parti coinvolte in quella che è una vera e propria guerra civile hanno in varia misura compiuto violazioni dei diritti umani, alcune delle quali possono costituire crimini di guerra e contro l’umanità. Quella che era iniziata come un’azione di polizia contro il governo del Fronte di liberazione del popolo del Tigray si è trasformata in un conflitto che ha travolto tutto il paese.

Dopo 12 mesi lo scenario a livello umanitario è catastrofico: il conflitto ha provocato circa 1,8 milioni di sfollati e 60 mila rifugiati in Sudan. Sono tantissime le persone isolate e che hanno bisogno di assistenza alimentare: i mercati locali sono al collasso, a causa della stagione di magra e alla difficoltà di accedere al commercio a livello regionale. Oltre alla popolazione tigrina, in pericolo ci sono anche circa 100 mila profughi eritrei, sparsi in quattro campi dislocati nella regione.

L’Etiopia è attraversata da tensioni etniche fin dal 1991, quando dopo il crollo dell’Unione Sovietica il regime filocomunista del Derg ha lasciato spazio a una serie di divisioni interne e guerre civili — che hanno ad esempio portato alla secessione dell’Eritrea nel 1993. L’attuale Primo ministro Abiy è stato insignito del premio Nobel per la pace nel 2019 a causa della sua apparente volontà di portare definitivamente la pace nel paese — forse una delle assegnazioni del premio più avventate della storia. 

Il governo etiope inoltre è stato anche al centro di forti tensioni regionali e internazionali a causa del progetto di costruzione della gigantesca Diga del rinascimento etiope, un manufatto per la produzione di energia idroelettrica che ha portato il paese sull’orlo del conflitto con i vicini Sudan ed Egitto, resi nervosi dalla possibilità di essere tenuti in ostaggio dal governo etiope e dalla sua eventuale capacità di determinare quanta acqua — preziosissima — possa scorrere dal Nilo Azzurro fino a valle.

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In copertina, foto via Facebook / Abiy Ahmed Ali