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Dopo quasi trent’anni, il leader leghista non si candiderà più alle elezioni a Milano: non sentiremo la sua mancanza

Per la prima volta dal 1993, Matteo Salvini non si candiderà al consiglio comunale di Milano: al suo posto, ha fatto sapere il segretario leghista, ci sarà un esponente della società civile “di alto profilo.” Due giorni fa Salvini era stato “sfidato” da Pierfrancesco Maran, che l’aveva invitato a candidarsi scommettendo di prendere più voti di lui. In tutta la coalizione di destra sembra esserci un fuggi fuggi dalle elezioni milanesi: anche Berlusconi ha rinunciato a comparire come capolista, e probabilmente non ci sarà nemmeno Maurizio Lupi, nonostante il suo nome sia già ovunque sui manifesti elettorali.

Ma quante proposte e idee costruttive ha avanzato Salvini in un quarto di secolo di servizio alla propria città? Va precisato, per prima cosa, che il leader della Lega non è stato in consiglio comunale 25 anni consecutivi. Già diverse volte infatti ha lasciato l’assemblea, con addii anche lacrimevoli. Il primo è stato nel 2012, quando “il giovane europarlamentare” dopo vent’anni di partecipazione al consiglio se n’era andato con la promessa di tornare “da sindaco.” In quell’occasione, aveva salutato il pubblico plaudente e commosso alzando il pugno — l’allora appena eletto sindaco Pisapia aveva commentato così: “Mi fa piacere vedere quel pugno, anche se diverso da quello che alzavo io da giovane.” Il secondo addio l’ha dato nel 2018, quando si dimette per altri più alti obiettivi, ormai lanciatissimo nella scena politica nazionale italiana. Quello del 2018, a questo punto, sarà anche l’addio definitivo — per i prossimi 5 anni, almeno.

Tra i banchi del consiglio comunale, Salvini ha attraversato diverse fasi, ma fino alla sua ribalta nazionale non si era mai riuscito a scollare l’etichetta di “giovane consigliere promessa della politica.” Una sua prima intervista del 1993, quando a soli 20 anni era diventato il più giovane consigliere comunale di Milano, mostra un giovane che ancora fantastica di iscriversi a Lettere moderne anziché a Scienze politiche, “forse è una laurea che offre meno sbocchi, ma alla passione non si comanda” e che sogna “una città più bella, con tanto verde e con i Navigli ritrovati.” È un Salvini che però mostra già quella che diventerà una sua caratteristica che nel bene e nel male — soprattutto nel male — lo porterà lontano: la capacità di dire cose dove tira il vento per far parlare di sé, e rivolgersi a un elettorato opposto al suo. Il primo intervento in Consiglio comunale per cui Salvini si guadagna le pagine della cronaca nazionale è una difesa del centro sociale Leoncavallo, all’epoca scelto come nemico della città dal suo stesso sindaco, Marco Formentini.

Interventi come questo gli hanno permesso di farsi una certa fama come presunto “comunista padano.” In realtà, la frequentazione da parte di Salvini dei centri sociali milanesi e la sua stessa adesione a idee di sinistra, una voce diffusa ancora oggi, è stata ben smontata da Jacobin in un articolo del 2018 che mostra come anche il presunto comunismo padano di Salvini sia stata semplicemente una mossa propagandistica, di posizionamento politico. Il resto della carriera in consiglio comunale di Salvini, del resto, è leghismo puro.

Tra le peggiori proposte del Salvini consigliere comunale c’è senza dubbio l’idea di stabilire una segregazione razziale sui mezzi pubblici. Nel 2009, già anche deputato e “da milanese che prende il tram,” Salvini propose la creazione di carrozze della metropolitana “per soli milanesi” — la sua collega Piccinni aveva rilanciato proponendo “vagoni solo per extracomunitari.” Sommerso da critiche che erano arrivate anche da Forza Italia, Salvini era stato costretto a fare una parziale marcia indietro: “La mia proposta sarà valida fra dieci anni se la sicurezza nei trasporti pubblici meneghini non cambierà,” insinuando di intendere i posti come “riservati ai milanesi sì, ma di qualsiasi razza e colore.”

Salvini negli anni precedenti si era del resto già segnalato per iniziative molto pericolose e problematiche, come le cosiddette “passeggiate padane” nei campi rom della città. Nell’aprile 2007 si era smarcato verso destra dalla sua stessa sindaca Moratti su un’annosa vicenda per l’assegnazione di alcuni alloggi Aler — addirittura 25 chiedendo “vent’anni di residenza per accedere alle case popolari” e riferendo di una delle sue ronde squadriste in un campo rom della città

Altre imprese di Salvini in consiglio comunale sono più indicatrici di cos’era la Lega di una volta: ad esempio il rifiuto di stringere la mano al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita a Milano nel 1999, accogliendolo con “No grazie, dottore, lei non mi rappresenta” — anche se non ci sono prove che i due si siano mai effettivamente incontrati, dato che l’unica fonte a riferire questa cosa era all’epoca Salvini stesso. Oppure quando, nel 2006, divenne noto anche al di fuori delle mura cittadine per il suo tifo a favore della Germania durante la semifinale dei campionati mondiali di calcio, quando ancora era direttore dell’emittente Radio Padania Libera.

Nell’aula consiliare non si noterà probabilmente la differenza: Salvini è sempre stato cronicamente assenteista, totalizzando il record di assenze prima delle sue dimissioni nel 2018 Ma dalla sua parabola come consigliere possiamo trarre dei dati preziosi, che — nel caso non fosse ancora chiaro — aiutano a capire la sua visione del mondo e della politica: il razzismo esasperato, l’opportunismo, e la volontà di ingannare la base politica della sinistra cercando di presentarsi come “uomo del popolo” mentre si difendono gli interessi dei più abbienti, che votano destra consci del proprio interesse.

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