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Mentre i media si riempiono di immagini di soldati eroi che “salvano” bambini afgani, molti governi europei pensano prima di tutto a erigere muri e respingere i rifugiati

Oggi si terrà il meeting di emergenza del G7 per parlare della conquista talebana dell’Afghanistan. Boris Johnson, che ha organizzato il summit, da giorni cerca di dettarne l’agenda, e ieri i media hanno anticipato che chiederà agli altri leader del gruppo di sostenere i rifugiati provenienti dall’Afghanistan e spendere più risorse in progetti umanitari nel paese. Ieri Johnson ha sentito di nuovo al telefono Biden e, come riportato in una nota di Downing Street, ha rinnovato la richiesta di garantire l’evacuazione di “tutti i nostri connazionali e di chi ha lavorato per i nostri governi.” Al netto delle belle parole che sicuramente il Primo ministro britannico spenderà oggi, il piano proposto dal governo Johnson per i rifugiati afgani è gravemente insufficiente, ​​perfino per gli standard bassissimi di come si è comportato il Regno Unito con i rifugiati negli scorsi decenni. Con un eufemismo, Biden nei giorni scorsi ha però ammesso che “abbiamo ancora molto lavoro da fare, e molte cose possono ancora andare storte” — anche se a suo dire le operazioni di evacuazione “non potrebbero andare meglio.” Sul fronte Afghanistan la linea di Biden continua a essere molto fragile, e sia gli attacchi da parte dei repubblicani che le critiche da parte della stampa sono incessanti.

Nelle scorse settimane, anche da prima della caduta di Kabul, il numero di persone costrette a lasciare il paese è stato altissimo, con report che parlavano di 30 mila persone che lasciavano l’Afghanistan alla settimana nel corso dell’estate. L’Unione europea è ancora paralizzata di fronte al “rischio” di dover accogliere rifugiati: domenica a Parigi centinaia di persone afgane hanno protestato, chiedendo che lo stato portasse in Francia le loro famiglie rimaste in Afghanistan, ma le loro richieste per ora hanno incontrato orecchie da mercante. Parlando con il direttore del Corriere Luciano Fontana, in un’intervista al Meeting di Rimini, il commissario europeo Gentiloni ha sottolineato la necessità di superare lo scoglio dell’unanimità sulla questione: “Sono rispettoso dell’unanimità, e come commissario sono tenuto a vigilare sul rispetto dei Trattati, ma dobbiamo dirci chiaramente che su questo tema non ci sarà mai perché ci sono 4-5 paesi contrari all’accoglienza.”

Questi paesi, ovviamente, sono i soliti noti: in primis l’Ungheria di Orban, che ha già dichiarato di voler “proteggere” il proprio paese dalla “crisi dei migranti.” Secondo il presidentissimo ungherese, bisognerebbe aiutare i profughi “a casa loro” — non importa se la loro casa sia stata conquistata dai talebani e delegare lo sforzo di gestione dei rifugiati alla Turchia, secondo uno schema già visto. In secondo luogo il cancelliere austriaco Kurz, secondo il quale “non dobbiamo ripetere gli errori del 2015” — forse una delle poche occasioni in cui alcuni paesi europei, come la Germania, si erano distinte per un aiuto tutto sommato rilevante alle popolazioni in fuga dalla Siria.

I governi sono già passati ai fatti: la Grecia ha già completato il muro di 40 chilometri al confine con la Turchia, guarnito di apparati di sorveglianza, per impedire ai richiedenti asilo provenienti dal paese di introdursi nell’Ue. Secondo il ministro per la Protezione dei cittadini (…) Mikail Chrisochoidis, “Non possiamo aspettare passivamente il possibile impatto” dei profughi, e “I nostri confini rimarranno inviolabili.” E decine di profughi afghani sono tenuti in ostaggio nella terra di nessuno al confine tra Polonia e Bielorussia, con nessuno dei due paesi che intende accoglierli, mentre anche la Lituania ha annunciato la costruzione di un muro al confine con lo stato governato da Lukashenko.

Nel frattempo, però, una parte di chi è riuscito a districarsi nel caos dell’aeroporto di Kabul è arrivato anche in Italia. Finora sono sbarcati all’aeroporto romano di Fiumicino circa 1.800 persone, alloggiate momentaneamente nel terminal 5 dell’aeroporto. Ai profughi, al momento, viene rilasciato un visto e vengono sottoposti al tampone — finora si è registrato solo un caso di positività al Covid. In totale, in Italia, da Kabul sono arrivate — il dato arriva dal ministero della Difesa ed è di ieri sera alle 19 — circa 3.350 persone.

La politica e il dibattito pubblico italiano in merito ai profughi sembra essere diviso tra la lode agli eroi che salvano vite afghane — come il ciclo di articoli ubriachi di white saviorism dedicato al console italiano Tommaso Claudi, che sta lavorando all’aeroporto di Kabul per facilitare le operazioni di imbarco dei profughi — e la paura dell’“invasione” dei profughi stessi: ieri Salvini ha confermato il suo allineamento all’estrema destra del continente, dichiarando che “non possiamo diventare il campo profughi dell’occidente, anche gli altri paesi europei devono fare la sua parte” — come al solito, senza minimamente considerare che i più freddi sull’accoglienza degli afghani sono proprio i suoi colleghi d’estremismo europei. Come al solito, i governi e la maggior parte della politica sono molto più a destra del sentire comune. In diverse parti d’Italia si sono organizzate o si stanno organizzando diverse iniziative spontanee per provare a dare una mano ai profughi in arrivo dall’Afghanistan, come nella città metropolitana di Torino, nelle Marche o a Treviso — dato anche che la probabilità che dopo un primo aiuto vengano lasciati soli dal governo è alta.

A Kabul la situazione resta durissima. Ali M Latifi riporta che la zona attorno all’aeroporto si sta trasformando a tutti gli effetti “in un campo profughi”. Dalla zona continuano ad arrivare testimonianze di violenza, sia da parte dei talebani che da parte dell’esercito afgano. Con le persone bivaccate per giorni, attorno all’aeroporto sta crescendo una sorta di microeconomia, con banchetti e venditori ambulanti di cibo e acqua. Dal 15 agosto nei pressi dell’aeroporto hanno perso la vita 20 persone. Le evacuazioni devono continuare spedite: negli ultimi giorni Johnson e Biden hanno giocato con l’idea di estendere la presenza occidentale oltre il 31 agosto, ma i talebani hanno chiarito che, se i militari dovessero rimanere oltre la fine del mese, ci saranno “conseguenze.”

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In copertina, foto: William Urban / Marina degli Stati Uniti