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Il governo Draghi ha deciso che sarà un’estate durissima: lo sblocco dei licenziamenti — che mette a rischio il posto di decine di migliaia di persone — arriva il primo luglio, e le vertenze di Alitalia ed ex Ilva minacciano ulteriori esuberi

Sembra ormai chiuso il discorso sulla fine del blocco dei licenziamenti, almeno per quanto riguarda il governo: il ministro del Lavoro Orlando continua a voler provare a vedere il bicchiere mezzo pieno (?), sostenendo che le misure compensative saranno sufficienti “a sostenere e tutelare adeguatamente i lavoratori e le imprese in questa fase di transizione.” Come sempre, a pagare per primi saranno le categorie più fragili, a cominciare dalle donne. Commentando l’incontro di ieri a palazzo Chigi, il segretario Cgil Landini ha invece dichiarato che “la mediazione sui licenziamenti per noi non è sufficiente,” confermando la manifestazione per oggi davanti a palazzo Chigi.

La settimana scorsa, il Cdm, approvando il decreto Sostegni bis, aveva esteso lo stop dei licenziamenti fino al 28 agosto, sorprendendo evidentemente Confindustria, che ha reagito in modo muscolare a livello politico — attraverso Forza Italia e Lega — e mediatico, raccontando tramite il Sole che il ministro del lavoro Orlando avrebbe inserito la norma “a tradimento” una volta concluso il Cdm, alterando il testo definitivo praticamente “nella notte.” Così, con un vero e proprio blitz, a quattro giorni dall’approvazione in Cdm del decreto Sostegni bis, la parziale proroga dei licenziamenti era saltata: le imprese potranno tornare a licenziare liberamente dal 1° di luglio.

Quanti lavoratori perderanno il posto dopo la fine del blocco? Ci sono varie stime. Secondo il rapporto congiunto del ministero del Lavoro, realizzato insieme a Inps, Anpal, Istat e altri, dal 1° luglio al 1° novembre 2021 sono a rischio tra i 60 mila e i 100 mila lavoratori. Secondo la Fondazione Adapt si parla di circa 150 mila persone. Decisamente meno ottimistiche le previsioni di Bankitalia, che arriva a parlare di quasi 600 mila posti di lavoro a rischio.

Intanto, la vertenza Alitalia si avvia verso la conclusione, e si preannuncia un disastro a livello occupazionale. La Commissione europea avrebbe “imposto,” durante un colloquio di ieri con il ministro Giorgetti, un taglio del personale di più della metà di quello attuale — quindi almeno 5 mila dipendenti — che si accompagnerà a un dimezzamento della flotta. La chiave è “garantire la discontinuità” tra Alitalia e la nuova compagnia che sorgerà dalle sue ceneri. Giorgetti, per non lasciare dubbi sulla propria considerazione per i lavoratori della compagnia, ha reso chiaro che “non è la Commissione, è anche il governo che vuole che la compagnia nasca in condizioni di sostenibilità economica. Quindi, ci sono condizioni di mercato, perché non si può fare semplicemente la compagnia di Stato.” Dovrà nascere, insomma, “un’azienda che dimostra di stare sul mercato.” La situazione, però, resta ai limiti del parodico, e ieri fonti ministeriali hanno spiegato che chi ha acquistato un biglietto con Alitalia per i prossimi mesi non potrà utilizzarlo per volare con la nuova compagnia una volta che questa sarà subentrata alla vecchia.

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