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Viaggio nelle Residenze Sanitarie Assistenziali dopo un anno di Covid. Prima parte

foto Marta Clinco
testo Stefano Colombo e Marta Clinco

A seguito delle accuse dell’anno scorso, le Rsa si sono trasformate in fortezze, con i loro ospiti isolati per mesi dall’affetto dei propri cari. La situazione sembra destinata a migliorare, ma i problemi del settore rimangono

“Li lasciano andare anziché fargli fare fisioterapia e tutto il resto. Mia mamma era stata operata al femore per la riabilitazione ed era stata trasferita da un ospedale ortopedico di Milano. Non hanno fatto nulla di tutto ciò. Aveva 94 anni, era molto anziana, però l’hanno fatta andare, l’hanno trascurata al massimo.” 

“A noi non facevano entrare. Era una donna da imboccare: o per mancanza di tempo o apposta per lasciarla andare, ma non l’hanno mai fatto. Chiedevamo il cambio dello sporco al pulito e nel sacchetto che ci davano ma non c’era mai la mia roba, ma roba di altre persone. Sono spariti pigiami, camicie, è stata proprio trasandata. Si chiamava Rosa.”

La signora F. è un’infermiera che è stata costretta ad affidare la madre alle cure di una casa di riposo della periferia Nord di Milano. F. pensa che nel mese e mezzo in cui è stata ospite della Rsa prima di morire sua madre abbia subito gravi maltrattamenti. 

“Secondo me non è mai stata imboccata. Quando loro dal reparto di riabilitazione l’ho portata in medicina… La dottoressa mi ha chiamata e mi ha detto che aveva la bocca sporca di sangue e aveva perso la metà del suo peso rispetto a prima del ricovero. Mia mamma non è stata curata. Io sono infermiera, so di cosa parlo. E poi non la lavavano, i suoi vestiti erano tutti sporchi quando riuscivamo a riceverli a casa per lavarli.”

Rosa non ha potuto vedere di persona sua madre durante il periodo di permanenza nella nota Rsa: un destino comune a molti parenti e a molti ospiti, costretti negli ultimi mesi a una separazione forzata. “Me l’hanno fatta vedere in video per tre volte e basta, poi non l’ho vista più. O non funzionava lo smartphone per farmela vedere, o per altri motivi…”

Sabato 8 maggio il ministro Speranza ha firmato un’ordinanza per la lungamente attesa riapertura delle Rsa, che consentirà ai parenti di visitare in sicurezza i propri cari più anziani ospiti delle case di riposo — alcuni dei quali non riescono a vedersi di persona da più di un anno. L’ingresso sarà consentito solo ai possessori della Certificazione verde — le Rsa potranno avere comunque la possibilità di “rimodulare” le visite “anche in senso più restrittivo” in base allo scenario epidemiologico.

La situazione delle Rsa italiane degli ultimi mesi è stata paradossale. Nei primi mesi della pandemia sono state al centro dell’attenzione nazionale a causa del numero di morti tra le loro mura, drammaticamente alto. Alcuni istituti, come il Pio Albergo Trivulzio di Milano, sono stati più esposti di altri a causa anche della discutibile condotta della loro direzione, accusata di negligenza, di aver favorito il diffondersi del virus all’interno della struttura, per poi tentare di insabbiare l’accaduto con minacce e intimidazioni ai propri dipendenti. Il contagio si era diffuso nelle Rsa anche perché non era stato imposto il pronto blocco delle visite all’inizio della pandemia, e all’interno non venivano fatte rispettare le misure di sicurezza.

Ora, invece, succede esattamente l’opposto: forse per reazione alle accuse di lassismo dello scorso anno, le Rsa sono diventate delle vere e proprie fortezze impenetrabili. Molti parenti di anziani ospitati nelle strutture non sono riusciti ad avere un contatto fisico con i loro cari anche per più di un anno, con grande dolore delle famiglie e conseguenze a livello psicofisico sulla salute degli anziani. A tale proposito, Alessandro Azzoni — presidente dell’associazione Felicita, che si occupa di difendere i diritti degli ospiti delle Rsa, dei loro familiari e dei lavoratori delle strutture — ci ha detto di aver accolto “positivamente” l’ordinanza di Speranza. “Finalmente la politica prende atto della drammatica situazione vissuta dagli ospiti delle Rsa e dai propri familiari. Situazione che si protrae da più di un anno e non più umanamente sostenibile.”

Abbiamo parlato con Azzoni della situazione generale delle Rsa in Italia e delle condizioni dei suoi ospiti: “La situazione nelle Rsa in Italia è drammatica, nonostante l’attenzione non sia più su questo tema come purtroppo e tragicamente lo è stata in marzo e aprile 2020,” ci racconta Azzoni. “Ora ormai — e per fortuna — gli ospiti non autosufficienti sono tutti vaccinati. Questo isolamento ha portato una serie di effetti collaterali psicologici, solitudine e senso di abbandono che altro non hanno fatto che peggiorare le condizioni di salute già precarie dei nostri parenti.”

“Le case di riposo oggi sono chiuse a riccio, molte anche per via dell’attesa delle indagini imminenti, e purtroppo hanno finito per non rispondere ai bisogni degli ospiti e dei parenti che li vedono deperire lentamente.”

Secondo Azzoni, molti gestori delle Rsa finora non hanno risposto nemmeno alle indicazioni del ministero, che anche prima dell’ordinanza dello scorso sabato firmata da Speranza aveva provato a intervenire sulla questione: “Con 2 circolari, una del 30 novembre e una del 4 dicembre, il governo ha indicato con precisione l’indispensabile necessità di aprire a visite protette dei parenti in quanto terapeutiche per la salute e l’equilibrio dei degenti. Noi come associazione stiamo sollecitando i prefetti di tutti i territori in cui i nostri associati denunciano chiusure dissennate, e stiamo sollecitando perché vengano applicate le leggi e i decreti.”

Questa chiusura è sembrata ancora più incomprensibile se si osserva la situazione della campagna vaccinale nel Paese: la grande maggioranza degli anziani nelle strutture è ormai completamente vaccinata, in tutte le regioni: non dovrebbe esserci dunque più pericolo di un contagio in massa come quello avvenuto — con conseguenze devastanti — in molte Rsa l’anno scorso. “Qualcuno ha addirittura fatto degli esposti per sequestro di persona,” continua Azzoni. “Noi stiamo agendo facendo pressioni sui prefetti, e presto inizieremo anche con i sindaci. Visto che molte Rsa vengono accreditate come proprietà dei comuni, chiederemo presto una sensibilizzazione verso i sindaci perché garantiscano almeno il rispetto dei diritti civili e inviolabili della persona.”

Il timore di finire di nuovo al centro di uno scandalo come quello dello scorso anno è stato più forte della pressione esercitata dalle nuove rimostranze. “Purtroppo la situazione è grave, praticamente in tutto il Paese. A parte poche Rsa virtuose purtroppo abbiamo da tutta Italia le stesse segnalazioni di drammi familiari, di reclusi innocenti. Possiamo indicare le virtuose Rsa trentine, che da un mese hanno approvato un protocollo che ha aperto alle visite — e nemmeno con plexiglass o al di là di un vetro: proprio visite in presenza sicure in cui ci sono stati 0 contagi. È lì a dimostrare che si può fare, ci vuole la volontà di farlo.”

Durante la pandemia sono venute fuori tutte le criticità che caratterizzano il sistema delle residenze per anziani in Italia. Ad esempio, la cronica mancanza di organico — un problema che in realtà riguarda tutto il settore sanitario del paese, sia pubblico che privato. “C’è un turnover nelle Rsa enorme: gli OSS o gli infermieri appena riescono a trovare un posto alternativo in ospedale lasciano le Rsa perché non vengono gratificati, valorizzati. Il lavoro nella grande maggioranza dei casi funziona a minutaggio: come una catena di montaggio vengono dati i minuti che possono essere dedicati per la pulizia…” La qualità e l’umanità del servizio, con queste premesse, viene messa a rischio.

La situazione ovviamente è peggiorata con il Covid. “Adesso c’è stato un esodo: le Rsa dovrebbero investire sul personale che dovrebbe essere dedicato alle visite dei parenti che devono essere organizzate in modo sicuro.” Invece, non succede. “Io avevo una mamma al Trivulzio e abbiamo cominciato la nostra battaglia come comitato proprio lì. Nonostante inizialmente ci sia stato un tentativo di insabbiare l’accaduto, sono emerse le gravi negligenze che hanno portato ai tanti morti dell’anno scorso. E sono emerse grazie a medici e infermieri che hanno avuto coraggio di denunciare. Gli stessi che poi sono stati licenziati, o hanno subito mobbing molto pesante per aver fatto il proprio dovere. Sappiamo che all’interno delle Rsa c’è spesso un clima di terrore ed episodi di ricatto nei confronti di un personale spesso sottopagato perché non assunto, o perché assunto tramite accordi con cooperative esterne sotto organico, che li costringono a turni massacranti.

Secondo Azzoni, “Bisogna ripensare radicalmente l’assistenza alle persone anziane non autosufficienti in Italia. Ci sono in ballo milioni di anziani, per una popolazione italiana che continua a invecchiare. Serve una radicale riforma del sistema, che ha mostrato tutti i suoi limiti. Bisogna ripartire da un Sistema Sanitario Nazionale che garantisca prima di tutto l’assistenza territoriale domiciliare: oggi una famiglia con un parente non autosufficiente ha un peso che è un macigno che deve autonomamente gestire. Oggi le famiglie si devono purtroppo rivolgere al mondo sommerso e non tutelato delle badanti, che va a sostituire in molti casi il Sistema Sanitario Nazionale, assente e di fatto inesistente.”

“L’ultima e unica soluzione dunque sono le Rsa: l’anziano diventa dunque qualcosa da depositare lontano dagli occhi, anche se rimane tuttavia di grande interesse economico, del valore di rette che vanno dai  2 mila ai 2.800 euro al mese. Molte multinazionali investono nel campo con profitti milionari, invece dovremmo pensare non all’anziano come a una riga di bilancio ma come a un cittadino. L’Rsa dovrebbe essere soprattutto l’ultimo eventuale capitolo del percorso di un anziano che ha dei bisogni che mutano nel tempo.”

Le Rsa, infatti, sembrano essere un investimento sicuro dato che la popolazione italiana sta invecchiando rapidamente. Nel 2017 il nostro è stato il paese più anziano del mondo, con più del 29% della popolazione sopra i 60 anni. Negli ultimi due decenni, gli stati europei hanno incoraggiato gli investimenti privati nel settore delle Rsa — come, del resto, nel resto della sanità — e gli investimenti non si sono fatti attendere: secondo quanto riporta una esaustiva analisi di StartMag, anche se oggi i gruppi di investimento privati offrono un quinto dei posti letto complessivi delle Rsa italiane, stanno investendo con decisione nel settore. Le principali aziende sono Kos del gruppo Cir, Tosinvest, Sereni Orizzonti, oltre che i grandi gruppi francesi Korian e Orpea. Cir è della famiglia De Benedetti, e controlla 77 strutture in 10 regioni italiane, in particolare nel centro-nord, con attività nel Regno Unito e in India.

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