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in copertina, foto da Palermo, del Comitato Lavoratori delle Campagne, via Facebook

La sanatoria del governo Conte II è stata un fallimento, e per molti lavoratori il permesso di soggiorno è a tutti gli effetti un elemento di ricatto, che li costringe ad accettare contratti sottopagati

In numerose città d’Italia — da Roma a Napoli, passando per Torino, Viterbo e Taranto — si sono tenute ieri le proteste organizzate dal “Coordinamento documenti per tutti e tutte,” che ha riunito diverse realtà dell’attivismo e del sindacalismo di base (come Si Cobas) a sostegno dei diritti delle persone straniere in Italia. Al centro della mobilitazione c’era proprio la richiesta di documenti, residenza e cittadinanza per tutt*, oltre all’abolizione dei decreti sicurezza, la chiusura dei Cpr e il riconoscimento di un permesso di soggiorno europeo. La protesta ha preso di mira anche la sanatoria varata dal governo Conte II ma rivelatasi un flop per colpa della burocrazia. “Tanti lavoratori che sono qui in piazza vedono il permesso di soggiorno come un elemento di ricatto nei loro confronti perché li costringe a rincorrere un contratto di lavoro che spesso è sottopagato e fonte di sfruttamento,” spiega a Torino Today un sindacalista dei Si Cobas presente alla manifestazione. A Roma, i lavoratori sono riusciti a ottenere un incontro in prefetturaRadio Ondarossa ha raccolto una serie di contributi dalle manifestazioni in tutta Italia.

I lavoratori migranti sono per la maggior parte lavoratori dipendenti, e come tali figurano tra i più colpiti dalla crisi causata dalla pandemia. Secondo un recente studio della fondazione Ismu — Iniziative e studi sulla multietnicità — sulle province di Milano, Bergamo, Brescia e Cremona, il 51,3% dei migranti ha dichiarato di aver visto il proprio reddito ridotto rispetto al periodo precedente la pandemia; uno su quattro è stato messo in cassa integrazione e un immigrato su tre ha dovuto chiedere aiuto a enti di volontariato o soggetti esterni alla propria famiglia.

La crisi causata dalla pandemia rischia di essere un catalizzatore di razzismo e xenofobia, soprattutto se alimentati e sfruttati dalle forze politiche di destra, che negli ultimi anni hanno dato mostra di saper dominare il dibattito al riguardo, opponendosi a ogni tipo di passo avanti in materia — come la legge sul cosiddetto ius soli — e cercando di fomentare le tensioni sociali anziché calmarle. Il centrosinistra, dall’altra parte, si trova in una posizione di sottomissione ideologica rispetto alle idee più grette e razziste di Lega e FdI, non riuscendo a portare avanti seriamente le proprie poche proposte progressiste in materia di immigrazione nonostante sia al governo da praticamente un decennio. Il mese scorso, Letta ha indicato come obiettivo della propria segreteria Pd il varo della legge sullo ius soli, ma il partito è sembrato quasi vergognarsi della proposta. Letta è tornato a parlarne ieri, definendolo “un tema di modernità” e associandolo al ddl Zan contro l’omobitransfobia — un altro argomento in cui il Pd sta subendo la pressione della destra.

Nel mondo reale il Pd e il centrosinistra hanno messo la propria firma su molti provvedimenti controversi e potenzialmente lesivi dei diritti umani, almeno da Minniti in poi — oggi chiamato in causa nello scandalo sulle intercettazioni ai giornalisti della procura di Trapani e firmatario di un accordo con la Libia per la gestione dei migranti in base al quale l’Italia ha versato al paese quasi 800 milioni di euro in tre anni. Ieri riportavamo un’intervista del Corriere all’ammiraglio Fabio Agostini, in cui il capo della missione europea Irini di monitoraggio della Libia difendeva l’operato della cosiddetta Guardia costiera libica, addestrata e finanziata da europei e italiani. Il capo missione di Mediterranea saving humans Luca Casarini ha dichiarato che presenterà un esposto alla magistratura per chiedere se cooperare con la deportazione di oltre ventimila migranti in mare sia una cosa legale o se è un crimine. “È la prima volta che una missione internazionale ammette la cooperazione con la Guardia costiera libica.”

Come fa notare l’edizione internazionale di Jacobin in un lungo articolo dedicato alle politiche migratorie del governo italiano, nonostante il governo Draghi si sia presentato come esponente della competenza tecnocratica e come argine ai partiti razzisti e xenofobi della destra sovranista, il governo sta “intensificando la guerra ai migranti” e a tutti coloro che si oppongono alle privazioni dei loro diritti, a cominciare dalle Ong, con il Mediterraneo che negli ultimi anni è stato reso “una terra di nessuno non democratica.”

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