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in copertina, Trump che truffa i propri sostenitori a Philadelphia, foto via Flickr

Il sito con cui i sostenitori potevano inviare donazioni a Trump attivava una miriade di pagamenti ricorrenti: gli utenti pensavano di donare qualche centinaio di dollari, e finivano per pagarne anche diverse migliaia

Un nuovo report del New York Times rivela che il comitato elettorale di Trump, la scorsa estate, ha iniziato a usare meccanismi ingannevoli nell’interfaccia utente del sito — quelli che in gergo avrete visto chiamare dalla stampa di settore come dark patterns — con cui inviare donazioni al presidente, in modo da strappare ai propri sostenitori molti più soldi di quanti ne volessero veramente donare. Nelle fasi di “check out” della donazione, il sito internet inseriva una serie di checkbox già selezionati che trasformavano una singola donazione anche in salatissimi pagamenti ricorrenti, mensili o settimanali. Il quotidiano rivela che un utente pensava di donare 500 dollari, e si è trovato a spenderne 3.000. In un altro caso, una donazione da 990 dollari è diventata di 8.000. Diverse banche e aziende che gestiscono carte di credito hanno confermato al quotidiano che attivare le procedure per frode da parte dei propri clienti nei confronti del gestore del sito, WinRed, è diventato una ricorrenza quotidiana.

Questi sono solo due dei molti box mostrati negli screenshot dell’inchiesta di Shane Goldmacher

Facciamo un passo indietro: cosa sono i dark pattern? Qui trovate una buona spiegazione di Harry Brignull, su the Verge. Per semplificare, si tratta di scelte di design fatte esplicitamente per ingannare l’utente. Su Dark Patterns.org trovate una selezione delle varie tipologie di manipolazione dell’utente. Il caso del sito del comitato elettorale di Trump ricade in due categorie, quelle dei “costi nascosti,” e quello del “confirmshaming,” quando il copy di un sito forza le persone ad accettare condizioni mettendo in imbarazzo l’utente.

OK, ma quanto ha rubato acquisito illecitamente Trump dai propri sostenitori? Probabilmente è impossibile dirlo. Quello che sappiamo è che in totale nel 2020 il comitato elettorale ha dovuto rimborsare 122 milioni di dollari. Nonostante il proprio candidato si identifichi come molto facoltoso, la campagna di Trump si è sempre vantata per essere grassroots e finanziata da migliaia di sostenitori in tutto il paese. Che ci fosse qualcosa di losco nello schema delle donazioni di Trump però era sotto gli occhi di tutti dallo scorso novembre, quando l’ex presidente aveva continuato a chiedere donazioni — nonostante avesse perso le elezioni — teoricamente per finanziare le proprie operazioni contro i presupposti brogli democratici. Solo nel mese di novembre, a elezioni già perse, il comitato elettorale era stato in grado di estrarre dalla base del presidente 207,5 milioni di dollari.

Il report del New York Times non solo rivela informazioni inedite, ma aiuta a fissare un fatto fondamentale: la carriera politica, per Trump, è stata naturale prosecuzione del proprio percorso da “imprenditore” truffatore. Dalla lista interminabile di appaltatori pagati meno dell’accordato o mai pagati del tutto alla truffa degli integratori vitaminici, l’intera carriera da bancarottiere di Trump è punteggiata da storie come questa: uno schema che fa tornare alla mente il fatto che Trump si è arricchito grazie al fallimento dei propri casinò, lavorando effettivamente ai margini della legge. È questo forse il vero talento di Trump. Goldmacher nel proprio pezzo per il New York Times sottolinea come moltissimi dei sostenitori truffati da Trump siano ancora fedeli al presidente, anche quelli a cui il presidente ha prelevato anche più del decuplo di quello che volevano donare.

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