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in copertina, elaborazione da foto via Instagram

Il nuovo presidente ha inaugurato la propria amministrazione con aggressività, ma solo sanando le profonde ingiustizie che hanno distrutto gli Stati Uniti si può sperare di “unificarli”

Joe Biden ha iniziato la iniziato la propria presidenza a tutta velocità, con una scarica di ordini presidenziali destinati a invertire le misure più retrograde di Trump su molti fronti: l’ambiente, le politiche migratorie, la lotta al razzismo, la gestione della pandemia. Ma se queste prime azioni dimostrano come la leadership del Partito democratico abbia fatto almeno parzialmente pace con i tempi e con la propria base — dopotutto il programma di Biden è di per sé già molto più progressista di quello di Obama, ad esempio – certamente non bastano per affrontare tutte le crisi che il paese deve affrontare.

Dalla necessità di dimostrare nuova credibilità sul fronte ambientalista alle politiche migratorie, che non si possono fermarsi a uno “scusateci” alle tante famiglie che sono state messe in difficoltà o fatte soffrire, passando dalle azioni poliziesche sul confine, Biden non può “unificare” il paese senza averlo primo sanato dalle profonde ingiustizie che, davvero, lo spaccano.

Finita la sbornia di soddisfazione per esserci liberati da Trump — di cui siamo tutti contenti — bisogna ricordare che non può bastare un “nuovo normale,” perché il “normale,” negli Stati Uniti, è quello che ha portato alla deriva violenta e neofascista a cui abbiamo assistito in questi anni. 

In questa puntata di TRAPPIST riepiloghiamo i primi giorni di presidenza della nuova amministrazione, e cerchiamo di guardare oltre, per capire se è lecito aspettarsi un vero cambiamento dai democratici — che hanno solo due anni per dimostrare di avere una visione del paese e del mondo.

Show notes

In questa puntata sono con voi: Stefano Colombo @stefthesub e Alessandro Massone @amassone. Per non perderti nemmeno un episodio di TRAPPIST, abbonati su Spotify e Apple Podcasts.

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