in copertina, foto via Flickr
La Corte suprema ha respinto un caso presentato dal procuratore generale del Texas e sostenuto anche dal presidente stesso: si tratta dell’ennesima sconfitta nella serie di goffi tentativi di ribaltare il voto, ormai solo due giorni prima del voto dei grandi elettori
Il governo federale statunitense ha eseguito la seconda condanna a morte in due giorni — la decima dall’inizio dell’anno. Continua così la marcia della morte che porterà Trump a essere il presidente che ha permesso più condanne a morte negli ultimi 130 anni. Ieri il presidente aveva altro a cui pensare, però: era il giorno in cui il caso del procuratore generale del Texas Ken Paxton — sostenuto anche da Trump stesso, da numerosi altri stati nordamericani e da più di metà dei repubblicani alla Camera — arrivava alla Corte suprema. Trump ci credeva: ieri pomeriggio aveva twittato che “se la Corte suprema dimostra grande Saggezza e Coraggio, il popolo Americano vincerà forse il caso più importante della storia, e il nostro Processo Elettorale sarà di nuovo rispettato.” (maiuscole del presidente)
Ma non è andata come sperava. La Corte suprema infatti ha liquidato il caso con un ordine di due paragrafi. I giudici della Corte — anche se ora è a schiacciante maggioranza conservatrice — hanno riconosciuto che il caso è sostanzialmente infondato. L’alta corte spiega che il Texas non ha dimostrato il motivo per cui sarebbe stato leso da come gli altri stati hanno condotto le proprie elezioni, e di conseguenza tutte le altre accuse — ovviamente faziose — presentate sono rese “irrilevanti.” Tra i sostenitori di Trump più realisti, molti si aspettavano che la Corte suprema non si sarebbe espressa in favore del presidente, ma che avrebbe almeno fornito una lunga dissertazione tra giudici, in modo da dare “materiale” in supporto alla causa. Trump non l’ha presa bene, scrivendo “la Corte Suprema ci ha delusi. Niente Saggezza, Niente Coraggio!” (maiuscole etc etc), e poi lamentandosi ancora di come la Corte non avesse “nemmeno guardato alle molte ragioni che venivano presentate.”
Parlando con Newsmax, la nuova televisione preferita di Trump, l’avvocato del presidente positivo al Covid–19 Rudolph Giuliani ha promesso agli ascoltatori che la battaglia non fosse finita, e che il team legale avesse già in programma “quattro o cinque casi separati.” Ma il tempo per il presidente è quasi scaduto: lunedì votano gli elettori del Collegio elettorale, i cui voti verranno poi contati il 6 gennaio dal Congresso. In quella sede i legislatori potranno per un’ultima volta esprimere i propri dissensi, ma perché le obiezioni vengano considerate è necessario un voto di sostegno in entrambe la Camere — e con quella bassa controllata dai democratici sembra che a quel punto finirà finalmente questo stillicidio. Il portavoce di Biden Mike Gwin ha commentato la notizia proprio in quest’ottica, commentando la “chiara e forte vittoria” di Biden, che appunto sta per essere ratificata.
Il presidente era così preso dall’attesa del responso della Corte suprema che per ore si è dimenticato di commentare una notizia decisamente più rilevante: la Food and Drug Administration ha autorizzato l’uso d’emergenza per il vaccino di Pfizer e BioNTech, dando così il via libera all’inizio della campagna vaccinale, a partire dal personale sanitario e dagli ospiti delle case di cura. La settimana prossima inizierà lo stesso processo per il vaccino sviluppato da Cambridge e Moderna.