In Francia si protesta contro la riforma delle pensioni da oltre 90 giorni
Le proteste rischiano di inasprirsi ancora di più dopo l’annuncio del governo di voler procedere con un decreto, saltando così la discussione parlamentare. Ma il governo non sembra voler ascoltare i sindacati e i lavoratori.
in copertina, foto via Twitter
Le proteste rischiano di inasprirsi ancora di più dopo l’annuncio del governo di voler procedere con un decreto, saltando così la discussione parlamentare. Ma il governo non sembra voler ascoltare i sindacati e i lavoratori.
Sabato 29 febbraio il governo francese ha annunciato di voler portare avanti la riforma delle pensioni attraverso un decreto, evitando così il voto parlamentare. Per il primo ministro francese Édouard Philippe questo strumento è necessario a superare gli oltre 40 mila emendamenti proposti dall’opposizione per bloccare la riforma.
In risposta all’annuncio del primo ministro, La France Insoumise, il partito di sinistra radicale guidato da Jean-Luc Mélenchon, ha dichiarato che avrebbe presentato all’Assemblea Nazionale una mozione di sfiducia contro il governo. A questa mozione hanno aderito anche i socialisti e i comunisti. Ma un’altra mozione di sfiducia è stata presentata in settimana anche dall’ala di destra del parlamento dal partito repubblicano.
In settimana il governo è riuscito però a superare indenne entrambe le mozioni, che hanno raccolto rispettivamente 148 voti (quella presentata dai repubblicani) e 91 voti (quella presentata dalla sinistra), fermandosi quindi molto lontano dai 289 voti necessari per far cadere l’esecutivo.
L’annuncio del governo di voler saltare la discussione parlamentare ha provocato anche la reazione immediata dei sindacati. Philippe Martinez, il capo della CGT (Confédération Générale du Travail), il principale sindacato francese, ha subito annunciato ulteriori scioperi per questa settimana e per tutto il mese di marzo.
Perché si protesta
Le proteste contro la riforma delle pensioni sono iniziate lo scorso 5 dicembre e vanno ormai avanti da oltre 90 giorni. A provocarle è stato l’annuncio di Macron di voler riformare il sistema pensionistico francese, uno dei più vantaggiosi in Europa per i lavoratori. Al momento in Francia l’età pensionabile è di 62 anni, ma il sistema è estremamente eterogeneo e i requisiti per poter andare in pensione sono molto diversificati e variano a seconda dell’impiego e del settore (pubblico o privato) in cui si lavora. Esistono poi regimi “speciali,” ad esempio per chi lavora nel settore delle ferrovie, che può andare in pensione a 50 anni, o per chi lavora nel settore dell’energia, che può andare in pensione a 57 anni. Ma ci sono anche casi eccezionali, come quello dei ballerini, che iniziando a lavorare molto presto possono andare in pensione a 42 anni. L’attuale sistema contiene anche alcuni squilibri tra lavoratori che percepirebbero pensioni molto più basse rispetto ad altri lavoratori.
Il nuovo sistema pensionistico proposto da Macron punta a unificare quello attuale, che considera 42 casse pensionistiche diverse, trasformandolo in un unico sistema a punti. In questo nuovo sistema i lavoratori accumulerebbero punti durante la propria carriera, che verrebbero poi utilizzati per ottenere la pensione. Tra le misure proposte inizialmente c’è anche l’introduzione di incentivi che permetterebbero di lavorare fino a 64 anni — il governo giustifica questa mossa sostenendo che dovrebbe ridurre gli squilibri tra le varie pensioni, anche se non è chiaro come un peggioramento complessivo possa essere considerato un miglioramento in termini di uguaglianza.
La riforma delle pensioni punta inoltre a contenere la spesa pubblica per il sistema pensionistico. Come in molti altri Paesi europei, Italia compresa, anche in Francia le pensioni assorbono una fetta importante delle risorse economiche dello Stato, circa il 14% del Pil. Le previsioni di spesa ufficiali indicano che se si continuasse con l’attuale sistema, nel 2025 potrebbe prodursi un buco di bilancio di 19 miliardi di euro, tuttavia questi numeri sono stati criticati da numerosi economisti e dal demografo Hervé Le Bras, che hanno denunciato aspetti profondamente problematici nello scenario utilizzato dal governo. In effetti, facendo un’analisi storica dei dati, il rapporto tra pensioni e PIL appare stabile, e anzi, immediatamente dopo la finestra di tempo indicata nelle previsioni del governo, finiranno i pensionamenti delle generazioni del boom demografico, rendendo il numero di persone che vanno in pensione ogni anno sostanzialmente meno numeroso. Lo scenario considerato dal governo — che è prodotto da un modello sviluppato dal Conseil d’orientation des retraites, un comitato consultivo pensionistico indipendente — sembra prevedere criticità per quella parte dei finanziamenti alle pensioni, pari circa al venti per cento del totale, finanziati direttamente dallo stato, evidenziando come la questione sia anche di visione politica.
Lo scorso dicembre la riforma era stata trascinata in uno scandalo che aveva sollevato un forte sospetto di conflitto di interesse. Jean-Paul Delevoye, l’alto commissario alla Riforma delle pensioni, aveva ammesso di aver ricevuto finanziamenti dalla Fédération Française de l’Assurance, che ha un interesse economico diretto in caso di indebolimento del sistema pensionistico pubblico francese. A questo scandalo si aggiunge la vicinanza sospetta tra Emmanuel Macron e BlackRock, la grande società di investimento di New York, che potrebbe a sua volta avere sostanziali interessi nel vedere miliardi di euro entrare nel mercato finanziario globale. Sono stati documentati diversi incontri tra i rappresentanti dell’azienda e il governo francese. Il contatto tra il governo Macron e BlackRock è stato formalizzato a inizio anno, quando Jean-Francois Cirelli, amministratore del ramo francese dell’azienda, aveva ricevuto la Legione d’onore. Nel giro di poche settimane BlackRock è diventata uno dei simboli della lotta contro la riforma delle pensioni, con una manifestazione all’interno del palazzo storico Le Centorial. BlackRock ha smentito comunque ogni tentativo di ingerenza nelle dinamiche della politica francese.
Non è la prima volta che in Francia si prova a riformare il sistema pensionistico. Un tentativo era già stato fatto nel 1995 dal primo ministro dell’epoca Alain Juppé, ma la proposta era stata poi ritirata a causa delle proteste che aveva provocato. Nel 2010 invece la legge presentata dal Presidente Nicolas Sarkozy aveva permesso l’innalzamento dell’età pensionabile da 60 a 62 anni, generando però grandi manifestazioni e proteste di piazza e facendo calare drasticamente la popolarità di Sarkozy nel Paese.
La riforma delle pensioni di Macron non piace ai sindacati
Secondo i sindacati la riforma presentata dal governo contiene molti punti controversi. Philippe Martinez sostiene che vada ritirata perché “ingiusta e complicata.” Secondo Martinez la proposta non terrebbe conto ad esempio delle differenze tra lavori più usuranti e lavori che lo sono meno. Per Sandrine Berger, rappresentante della CGT e docente universitaria, la riforma considererebbe i lavoratori del settore pubblico in qualche modo privilegiati rispetto ai lavoratori del settore privato. Berger, dopo 26 anni di lavoro e con una posizione di responsabile presso il suo dipartimento, dichiara però di guadagnare solo 2200 euro lordi al mese. I sindacati contestano anche il metodo con cui il governo avrebbe fatto i conti per la riforma. Yves Veyrier, capo della FO (Force Ouvrière), uno dei quattro principali sindacati francesi, sostiene in pratica che il governo “non abbia capito la materia e abbia usato le formule sbagliate.”
Nel frattempo il governo è andato in parte incontro alle richieste di chi manifesta annunciando il ritiro “provvisorio” della norma che porterebbe all’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni. Ma il suo ritiro definitivo avverrà solo qualora venissero trovate le coperture economiche necessarie.
Intanto le proteste vanno avanti
Domenica 1 marzo a Le Havre, nel nord della Francia, alcune persone avevano imbrattato l’ufficio elettorale del primo ministro — che si trovava lì per sostenere il candidato alle elezioni locali — con la scritta “democrazia negata.” Il 2 marzo a Perigueux, nel sud-ovest della Francia, Force Ouvrière ha dichiarato che 550 persone sono scese in piazza contro la riforma. Poco distante, a Bergerac, lo stesso giorno hanno manifestato altre 150 persone. Un’altra manifestazione si è svolta sempre il 2 marzo, a Parigi, in Piazza della Repubblica. Il 3 marzo la CGT ha manifestato invece in piazza Herriot, di fronte all’Assemblea Nazionale, mentre si votava la mozione di sfiducia contro il governo. Lo stesso giorno si è manifestato anche a Marsiglia. Il 5 marzo invece a Parigi contro la riforma sono scesi in piazza studenti e ricercatori — secondo i sindacati oltre 20 mila persone — e il 6 marzo un’altra manifestazione si è svolta ancora a Bergerac. Per il 31 marzo sarà invece indetta dai sindacati una grande manifestazione nazionale.
Venerdì 24 gennaio le proteste contro la riforma delle pensioni proposta dal governo francese avevano portato in piazza centinaia di migliaia di persone — la CGT aveva sostenuto che avessero partecipato 1,3 milioni di persone. Numerosi cortei si erano tenuti in tutto il Paese, mentre la riforma delle pensioni veniva presentata al consiglio dei ministri. Sempre a fine gennaio Martinez aveva dichiarato che “proseguiranno a combattere finché non inizieranno ad ascoltare.”
Le prossime proteste potrebbero anche dar luogo ad altre azioni eclatanti come quella del 21 gennaio, quando i manifestanti causarano un blackout nella zona dell’aeroporto di Orly, nel sud di Parigi, che colpì attività commerciali, trasporti e abitazioni private bloccando di fatto i quartieri interessati.
Le proteste contro la riforma delle pensioni, fortemente voluta da Emmanuel Macron, potrebbero andare avanti per mesi contribuendo a peggiorare l’immagine del presidente della Repubblica, che in questo momento si trova poco oltre la metà del suo mandato e la cui popolarità da alcuni mesi è data dai sondaggi in sensibile calo.
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