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in copertina, foto di Elli Schlein, via Twitter

Questa mattina il presidio di Baobab experience vicino alla stazione Tiburtina, una delle realtà italiane più attive ed efficaci nell’accoglienza ai migranti, è stato sgomberato dalla polizia

A Roma sono in corso le operazioni di sgombero di Baobab Experience, il presidio autogestito che negli ultimi anni si è occupato di accogliere tutti i migranti che non avevano spazio nel sistema di “accoglienza” dello stato italiano, divenuto progressivamente sempre più intollerante. Lo sgombero ha avuto luogo questa mattina, dopo che già da qualche settimana si avvertivano segnali di tensione crescente da parte delle autorità. Lo scorso 21 ottobre, il centro vicino alla stazione Tiburtina era stato circondato con barriere di cemento e filo spinato, rendendolo di fatto isolato dall’esterno.

Lo sradicamento di un progetto di accoglienza come il Baobab dimostra che lo scopo del governo non è rendere l’accoglienza più efficiente — fatto che tra l’altro era stato provato anche dall’indegno arresto del sindaco di Riace, Mimmo Lucano: se fosse questo il caso, non darebbe lo stop a realtà come queste, che funzionano così bene da svolgere una funzione oggi necessaria, ma che lo stato non riesce a compiere.

I veri obiettivi del governo sono altri:

  • rovinare la vita ai migranti, soffocando i loro già risicati diritti diplomatici e rendendo loro più difficile integrarsi o fare qualsiasi cosa di loro spontanea volontà: lavorare, imparare la lingua, trovare un alloggio fisso — in poche parole non permettendo loro di raggiungere una stabilità;
  • alzare la tensione sociale razzista e tenerla alta, con proclami e azioni di forza come quella del Baobab. La precarietà descritta sopra tra l’altro genera povertà: i migranti poveri e disperati possono essere usati in modo più efficace per la propaganda razzista.
  • segregare i migranti il più lontano possibile dagli occhi — soprattutto se compassionevoli — dei cittadini, relegandoli in strutture chiuse e magari fuori città. In questo modo è più facile alimentare ogni genere di pregiudizio nei confronti del diverso, che non viene visto ma di cui viene fatta percepire la presenza.
  • criminalizzare chi si oppone in modo attivo a questo programma, come le ONG, Mimmo Lucano e i ragazzi del Baobab.

Le baracche e le tende del centro sono in via di demolizione grazie a una squadra di ruspe, tanto care al ministro dell’Interno, che non ha perso occasione per mostrarsi esultante su Twitter. Il campo ha già subito 22 (ventidue) sgomberi nel corso della sua storia, ma il coordinatore Andrea Costa ha dichiarato che quello potrebbe essere, purtroppo, quello definitivo.

I migranti sgomberati dal Baobab sono stati caricati su due bus della Polizia per essere portati al centro per l’immigrazione di via Patini, sempre nella capitale, dove dovrebbero essere identificati — il loro destino successivo rimane nebuloso: tra le priorità delle istituzioni, soprattutto del comune di Roma, l’aiuto e la gestione costruttiva della sorte di queste persone sembrano nel migliore dei casi in secondo piano. Repubblica Roma ha riportato quanto segue, dando bene l’idea di quello che lo sgombero potrebbe significare per queste persone:

“Ci sono almeno un centinaio di persone delle quali il Comune non si è ancora fatto carico”, hanno avvertito gli attivisti del Baobab che da giorni hanno aperto le porte del centro anche a decine di immigrati regolari, titolari di protezione umanitaria, che per effetto del decreto sicurezza, sono stati messi per strada dagli Sprar in cui erano ospiti per decisione delle prefetture e sono rimasti senza un tetto. Gli Sprar infatti d’ora in avanti possono ospitare solo rifugiati.

Sul posto c’è anche Christian Raimo, assessore alla cultura del Municipio 3 di Roma e giornalista di Internazionale, che ha fatto notare come nella società e nel dibattito pubblico di oggi “c’è un desiderio di violenza nei confronti dei più poveri che trova un teatro perfetto nello sgombero di questo luogo.” E questo è il vero nucleo dell’azione del governo, soprattutto del suo braccio leghista: la sistematica criminalizzazione di chi è più svantaggiato, che diventa un utile capro espiatorio per i disagi del paese visto che — come è bene ricordare — chi è povero e in terra straniera ha molto meno potere e meno possibilità di far sentire la propria voce per veder rispettati i propri diritti e il proprio essere umano.