La parete di Porta Venezia: dove scalavano i milanesi negli anni Ottanta
“Quando ero ragazzo mi allenavo in Porta Venezia e poi tornavo a casa con il tram con le scarpette addosso per fare bella figura con le ragazze: era un modo per dire “ei io arrampico” e a quei tempi era una cosa rara.”
in copertina, foto CC Paolobon140
“Quando ero ragazzo mi allenavo in Porta Venezia e poi tornavo a casa con il tram con le scarpette addosso per fare bella figura con le ragazze: era un modo per dire “ei io arrampico” e a quei tempi era una cosa rara.”
Dal 22 al 28 ottobre, Milano ospiterà la 5a edizione del Milano Montagna Festival & Fuori Festival powered by Vibram. Tra gli ospiti in cartellone, grandi atleti internazionali, alpinisti, freerider ed esploratori: Hansjörg Auer, Xavier de le Rue, Matteo della Bordella, Arianna Tricomi, Markus Eder e molti altri.
Il festival si terrà a BASE — e non solo —, nella città in cui si è registrato un boom delle attività sportive, da quelle più urbane come il jogging o la palestra a quelle che riguardano più da vicino la montagna. Come per esempio l’arrampicata.
Secondo gli ultimi dati Istat, 19 milioni di persone dichiarano di praticare uno o più sport nel tempo libero, ovvero il 33,3% della popolazione.
Per chi abita in città, le possibilità di fare sport sono ridotte. Per chi abita in una città come Milano, in mezzo alla Pianura Padana, che dista circa un’ora di auto dal mare e dalle montagne, lo sono ancora di più. Ma le cose stanno cambiando per molte discipline.
Negli ultimi 15 anni, con la nascita delle palestre indoor, l’arrampicata è diventato uno sport maggiormente praticato rispetto agli anni Ottanta, in cui era più di nicchia, come ci ha spiegato Eugenio Pesci. Scrittore, giornalista, alpinista e climber milanese, ha iniziato ad arrampicare da ragazzo nella cosiddetta parete di porta Venezia: un conglomerato artificiale di roccia che per conformazione si offriva perfettamente come allenamento per i milanesi quando le palestre non esistevano, attorno alla fine degli anni Settanta.
La prima parete di arrampicata in città è nei Giardini Pubblici Indro Montanelli di Porta Venezia.
“Quando ero ragazzo mi allenavo in Porta Venezia e poi tornavo a casa in tram con le scarpette addosso per fare bella figura con le ragazze: era un modo per dire “ehi io arrampico,” a quei tempi era una cosa rara.”
“Ho iniziato a frequentare la parete in Porta Venezia nel 1977. Se ne parlava a scuola tra i pochi che scalavano, e mia madre mi diceva che aveva visto gente che scalava lì. Erano le rocce risalenti agli anni Trenta quando ancora in quella zona del parco c’era l’orsa Olga. Ho frequentato quella parete fino all’1982 e c’era un bel movimento: era il periodo del boom dell’arrampicata e del free climbing. Da dopo il 1985-87 è finita l’era di porta Venezia, è nato un altro muro, all’Arena Civica e infine in via Padova che però è durato solo due o tre anni, perché per cacciarci hanno fatto un murales, le prese sono diventate scivolose e quindi abbiamo lasciato perdere; ma credo ci sia ancora.”
“Ora non vengono più utilizzate, né la parete in Porta Venezia né quella di via Padova, ma sono luoghi che hanno fatto la storia dei primi climber di Milano.”
Oggi si arrampica molto in palestra e abbiamo chiesto a Eugenio di raccontarci cos’è cambiato nell’approccio all’arrampicata e più in generale alla montagna dall’inizio della diffusione di questa disciplina ad oggi.
“Le differenze sono sostanziali non tanto per l’essenza dell’attività svolta — perché si arrampicava anche prima e si tratta sempre di un’attività anti gravitazionale — ma per le modalità. Per due motivi: negli anni Ottanta eravamo dei pionieri, quindi tutto sapeva di nuovo, facevamo qualcosa di eccentrico circondati da un esibizionismo giustificato dalla novità; inoltre a quei tempi c’erano anche problemi legati all’accettazione di un’attività come l’arrampicata sportiva in difesa dell’alpinismo puro.”
“Oggi è tutto diverso perché sembra l’arrampicata sia un fenomeno così diffuso da far sì che abbia perso originalità, avvicinandosi a una forma di sportività protocollata. Negli anni Ottanta era una pazzia dei tempi, oggi è il contrario. Per quanto possa essere originale credo che tenda a una omologazione strutturale e ormai si presenta fondamentalmente come una sorta di loisir, una alternativa alla vita quotidiana come qualunque attività.”
Ma, soprattutto, la nascita delle palestre ha fatto sì che molte persone si avvicinassero a questo sport e alla montagna: in particolare i bambini che, come fa notare Eugenio, “tramite l’indoor, dopo i 5 anni riescono ad avere un buon approccio, a metabolizzare meglio questa attività, seguiti da vicino da un insegnante.”