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Qualche decennio fa erano in molti a cercare l’oro nei fiumi dell’Amazzonia: un mestiere pieno di rischi e tuttora devastante per l’ambiente.

“Sono stato garimpeiro. Avevo un’arma sempre con me, se non uccidevi gli altri, rischiavi di morire, ma ho lavorato a testa bassa cercando l’oro e oggi sono ancora vivo.” A vent’anni di distanza Mau ricorda i tempi in cui in Brasile si viveva da ricchi rischiando ogni giorno la propria pelle. Nell’America latina di qualche decennio fa erano in molti a cercare oro e pietre preziose, ma in pochi oggi lo possono ricordare.

Erano gli anni Ottanta quando, poco più che ventenne, da una delle favelas di Rio de Janeiro (Jardim América), Mau decise di tornare nella terra dei suoi genitori: l’Amazzonia. Arrivato in Rondonia cominciò a cercare l’oro nel mezzo della foresta assieme ad altri uomini, alcuni dei quali erano suoi cugini. “Avevamo una draga, un macchinario che smuoveva il letto del fiume. L’oro era liquido, non cercavamo pepite o pietre preziose, era più difficile rispetto al lavoro degli altri garimpeiros e più pericoloso perché usavamo il mercurio per dividerlo dal resto delle sostanze.” Un mercurio che finiva direttamente nei polmoni degli uomini e nelle acque del fiume, habitat di molti pesci, alcuni di origine preistorica come il Tambaqui, che venivano cacciati dall’uomo per essere mangiati o venduti al mercato.

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Il pesce è stato da sempre fondamentale nella dieta dell’uomo che vive in zone come queste, dove gli allevamenti di bestiame scarseggiano o sono inesistenti. “Non c’erano negozi o supermercati, dovevamo sopravvivere con quello che la natura offriva: spesso mangiavamo pesce, ma è capitato di dover uccidere macachi o jacaré lunghi quasi tre metri.” I caimani erano uno dei tanti nemici dei garimpeiros: Mau è finito più di una volta dentro l’acqua del fiume, ma non è mai stato attaccato dall’animale. “Il segreto era farsi trasportare dall’acqua finché la barca dei colleghi non veniva a recuperarti, nel frattempo si poteva solo pregare Dio che lo jacaré non si accorgesse della preda umana.”

Per altre persone il destino è stato diverso, specialmente se la caduta accidentale dalla barca avveniva di notte: “Nessuno, in quel caso, avrebbe potuto salvarti. Odiavo il turno che si faceva da mezzanotte fino alle 4:00 perché tutti dormivano ed era difficile che qualcuno si svegliasse sentendo le tue urla, mentre la corrente ti portava via, nell’oscurità di quelle ore.”

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Gli animali a volte sono fatali, ma l’uomo sa essere ben peggiore. Sono molti, infatti, i garimpeiros che sono morti per mano di armi come pistole, fucili o coltelli.

“Quando lavoravo ho visto diverse cose, ma lo sguardo era chino sull’acqua, capisci? Sono vivo perché ho pensato a me stesso. Non ho mai ucciso nessuno, non volevo farlo. Avevo un socio, lui ne ha uccisi tanti. Oggi è uno degli uomini più ricchi in Rondonia, lo potevo essere anch’io, ma non ne ho avuto il coraggio.”

Di corpi senza vita trasportati dal fiume Mau ne ha visti molti. Li recuperava guardando se avevano addosso orologi, denaro, oro, qualsiasi cosa che potesse tornare utile, per poi buttarli di nuovo in acqua. “Venivano uccisi in qualche agguato per essere depredati dell’oro appena trovato, per questo quando arrivavano vicino alla draga erano già spogliati di tutto.”

Un mestiere non sempre legale con una serie di rischi, tra cui le malattie come il Chagas, la febbre gialla, la dengue e la malaria che non solo colpisce i cercatori d’oro, ma anche i popoli tribali con cui si viene in contatto, come il famoso caso dei Yanomami. La malaria è stata uno dei fattori per cui Mau ha smesso di cercare l’oro, tornando a Rio de Janeiro. Era un periodo in cui si trovava molto ouro preto (oro nero), chiamato così perché conteneva piombo. Quando si ammalò nella foresta fu ricoverato assieme a uno dei suoi cugini, anche lui affetto da malaria, la quale però lo stroncò in soli tre giorni. “Beveva molta birra e il suo fegato ha ceduto subito. Nel mio caso era stato colpito il colon e dopo alcune settimane sono riuscito a guarire. Non è fortuna, ma dipende dall’organismo. Ho conosciuto un uomo che lavorava con noi che si è beccato ventitré volte la malaria e non è morto.”

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Rio de Janeiro

sindicato-dos-garimpeirosQuest’anno ricorre il 40esimo anniversario da quando nel 1978 in Rondonia sono nati i primi garimpo, giacimenti d’oro o di diamanti, da cui deriva la parola garimpeiro. Se pur entro i termini della legalità (nel rio Madeira oggi l’attività estrattiva è permessa) e nonostante lo trascorrere del tempo, è un mestiere che rimane pericoloso, inquinante e disumano: non è ammissibile ammalarsi o incombere in qualche infortunio perché, come se nulla fosse, si viene sostituiti. “Fuori uno, avanti un altro. Ti ammali, muori? Non importa, è un’industria che serve al governo per pagare i debiti esteri.”

Non è così rilevante quindi se si distruggono i fondali dei fiumi, se le condizioni sanitarie sono precarie, se chi fa questo lavoro non è solo un avanzo di galera, ma vuol semplicemente emergere da una situazione sociale precaria. È un addio alla società, quella moderna, quella dei vizi e dei consumi, dei divertimenti e delle relazioni umane. “Vivi costantemente su quest’infernale macchina galleggiante, ci mangi e ci dormi, per terra o su un’amaca, e a farti compagnia c’è solo il rumore assordante della draga.”

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A gennaio del 2018, Mau è tornato per la prima volta dopo vent’anni a Porto Velho per incontrare nuovamente la sua famiglia. I ricordi riaffiorano, sono limpidi, come se fosse accaduto ieri. Le persone lo riconoscono, nonostante oggi abbia la barba e i capelli grigi. Ci sono cose di cui fa ancora fatica a parlare. A Rio de Janeiro, la maggior parte dei suoi amici non conosce il suo passato. In pochi sanno che suo padre di fede comunista è stato catturato dal quel governo militare che ha mantenuto una dittatura per vent’anni in Brasile quando lui era solo un bambino. “Mio padre è morto quando avevo 12 anni, mio cugino in Rondonia mi ha insegnato a essere uomo, sono stato garimpeiro, guadagnavamo un sacco di soldi, eravamo ben vestiti, non pensavamo alla povertà che avevamo vissuto, ma molti di noi sono morti, perché la gente per il denaro era disposta a uccidere e lo fa tutt’ora, io invece mi sono fermato prima, ho meno soldi, ma sono ancora vivo.”


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