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Oggi esce la prima serie tv Netflix prodotta in Danimarca: The Rain. Prima di vedere la serie però dovreste leggere un fumetto uscito in Argentina negli anni Cinquanta.

Che il clima e le sue imprevedibili mutazioni siano un ottimo escamotage narrativo è ormai evidente. Lo sapevano le civiltà antiche: intorno al Diluvio costruirono un mito che attraversa la cultura greca, babilonese, indù, fino al racconto biblico. Lo intuì Frank Herbert con il suo capolavoro Dune, un romanzo che già negli anni Sessanta infondeva nella fantascienza ombre e allegorie del cambiamento climatico. Lo capì con anticipo anche un autore come J.G. Ballard, che con la sua Tetralogia degli elementi – quattro libri dedicati allo scontro tra uomo e natura – raccontò mondi in cui l’umanità non era più accolta e accudita, ma piuttosto rigettata. Oggi, con l’evolversi degli studi climatici e le correnti ambientaliste, questi topoi sono stati introdotti sempre più nelle narrative, non solo letterarie, ma anche cinematografiche e televisive.

Con esempi più apprezzati dal grande pubblico come l’iconico The Day After Tomorrow di Roland Emmerich e tentativi più zoppicanti come The Happening (intitolato originariamente The Green Effect) di M. Night Shyamalan, il clima è comunque diventato parte integrante delle storie che raccontiamo. Anche una serie tv insospettabile come Game of Thrones racchiude messaggi ambientalisti neanche troppo nascosti all’interno del proprio universo fantasy, dimostrando come una “narrativa climatica” non sia più prerogativa dei papers scientifici, ma passi oggi anche dai prodotti di intrattenimento.

The Rain, la nuova serie di Netflix in uscita il 4 maggio, è l’ultimo esempio di queste tendenze: ambientata sei anni dopo una catastrofe che ha trasformato la pioggia in un’arma batteriologica in grado di trasmettere un virus mortale, due gemelli escono dai bunker in cui si erano rifugiati per scoprire una scandinavia in cui l’ordine sociale non esiste più. The Rain è la prima serie tv danese prodotta da Netflix e, come molte serie originali, si sa ben poco dei suoi dettagli. Nel comunicato ufficiale che annunciava la produzione della serie, il suo creatore Jannik Tai Mosholt spiega come è arrivato alle premesse della storia: “La civiltà è molto volubile. È uno strato sottile distribuito su migliaia di anni di sopravvivenza di base. E ora, dopo un’improvvisa esplosione di ispirazione, noi umani crediamo di aver tutto sotto controllo. Voglio scoprire se questo è vero. Cosa rimane di noi quando la civiltà viene strappata via in un istante? Come sopravviveremo? Torneremo ad essere animali o saremo all’altezza della situazione, perseverando nel portare l’umanità in un mondo inumano.”

Nel panorama televisivo odierno, molti hanno sottolineato come The Rain sia la risposta di Netflix al monopolio survival di The Walking Dead: un mondo a pezzi, un gruppo familiare da ricostruire e una minaccia (in)naturale costante. Eppure le premesse della serie di Tai Mosholt, ancora prima dell’universo zombie ideato da Robert Kirkman, ricordano molto un fumetto argentino pubblicato nelle metà degli anni Cinquanta.

Nel 1957 in Argentina veniva infatti distribuito L’Eternauta (El Eternauta), fumetto di fantascienza scritto da Héctor Oesterheld e disegnato da Francisco Solano López. La trama si apre quando una nevicata mortale colpisce Buenos Aires uccidendo tutte le persone che tocca, il protagonista, Juan Galvez, la sua famiglia e i suoi amici saranno costretti a sopravvivere in un ambiente urbano non più ospitale per la vita umana.

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L’Eternauta è considerato un capolavoro del fumetto moderno: se oggi ci sembra quasi prevedibile una trama come quella di The Rain, negli anni Cinquanta il lavoro di Oesterheld, accompagnato dai disegni ruvidi di López, venne accolto come rivoluzionario nel panorama fumettistico.

Perché dovreste leggere L’Eternauta prima di guardare The Rain?

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Il fumetto – che allora era distribuito in strisce periodiche e oggi viene proposto sotto forma di graphic novel – è uno dei grandi precursori della fantascienza survivalista da cui attingono oggi titoli come The Walking Dead. Al suo interno Oesterheld è riuscito a sviluppare con una lucidità metafisica i temi del collasso sociale, l’impotenza dell’uomo e allo stesso tempo la sua capacità di ricominciare e adattarsi. Ma a rendere eterna la sua opera è soprattutto lo sforzo fatto per creare personaggi capaci di uscire dai quattro lati della pagina e ritornare nelle nostre vite, non macchiette di se stessi ma veri sopravvissuti.

Lo racconta Oesterheld parlando del concetto di “eroe” (così abusato ultimamente): “Ora che ci penso, è a causa di quella mancanza di un eroe centrale che L’Eternauta è una delle storie che mi piace più ricordare. Il vero eroe dell’Eternauta è un eroe collettivo, un gruppo umano, in grado di riflettere, anche se non era mia intenzione, i miei sentimenti interiori: l’unico eroe valido è l’eroe ‘in gruppo’, mai l’eroe individuale o l’eroe solitario.”

Il dramma de L’Eternauta purtroppo non si limita alle sue pagine, ma si lega al contesto geopolitico dell’America Latina del dopoguerra e della dittatura argentina di Jorge Rafael Videla.

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Oesterheld decise infatti di riscrivere e ripubblicare la sua opera nel ’75, aggiungendo riferimenti velati al crescente clima di violenze e repressione che si respirava in quel periodo. Quando la giunta militare prese il potere nel marzo del 1976, Oesterheld dovette entrare in clandestinità poiché membro dei Montoneros, il gruppo di guerriglieri schierati contro il regime. Lo scrittore venne prelevato da una squadra militare nel 1977 e di lui non ci furono più notizie. Nell’anno precedente erano diventate desaparecidas anche le tre figlie. López invece fu risparmiato dalle rappresaglie, ma fu costretto a trasferirsi in Spagna dove rimase fino alla fine della dittature.

Prima di guardare The Rain dovreste leggere L’Eternauta per capire la differenza fra una fantascienza fine a se stessa e una fantascienza che attraverso uno sguardo al futuro riflette sul presente. Non si può ancora sapere come sarà la serie tv danese, ma se avrete letto l’opera di Oesterheld e López saprete sicuramente riconoscere la prima dalla seconda.


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