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“L’immigrazione si profila come un impegnativo banco di prova per la qualità dei regimi democratici.”

Come naturale conclusione della polemica contro Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, Fratelli d’Italia ha annunciato che se vincerà le elezioni provvederà alla sostituzione dei direttori dei musei nazionali italiani.

È l’ennesima sparata di una destra ignorante che, rinforzata da un appoggio praticamente incondizionato dei media, ha mancato di sottolineare un dettaglio — non si può fare.

La Presidente Evelina Christillin e il Consiglio di Amministrazione del Museo, infatti, hanno diffuso proprio oggi un comunicato stampa ufficiale, dove si legge: A fronte delle dichiarazioni di cui sopra e in seguito alle recenti polemiche, il Consiglio di Amministrazione e la Presidente Evelina Christillin rinnovano il pieno e unanime consenso all’azione del Direttore Christian Greco e ricordano che, in base allo statuto vigente della Fondazione, spetta al solo Consiglio di Amministrazione “nominare e revocare il direttore a maggioranza assoluta dei suoi componenti, sentito il parere del Comitato scientifico.” (art. 9)

Il Museo Egizio di Torino, non è un museo statale ma è retto da una Fondazione e nomina il suo direttore attraverso un bando. L’inutilità della polemica, sorta da una bellissima iniziativa promossa dal Museo e rivolta ai “nuovi italiani” — che permette dal 6 dicembre 2017 al 31 marzo 2018 ai cittadini di lingua araba di entrare in due al costo di un biglietto intero — dovrebbe spingerci a domandarci quale sia il vero motivo che porta i partiti, come Fratelli d’Italia, a impegnarsi così tanto in campagne prive di un vero fondamento.

Nel 2017, sotto la direzione di Greco, il Museo Egizio di Torino ha presentato un bilancio annuale da un milione di visitatori e 9,5 milioni di euro d’incasso.

Sul sito del Museo si legge: “Un patrimonio museale che non appartiene alla cultura italiana e la precisa volontà di avvicinare questa ricchezza a coloro che in esso possono trovare radici, identità e orgoglio. Sono questi i due elementi su cui si fonda il progetto del Museo Egizio. Obiettivo: stimolare la fruizione dell’offerta culturale della città per consentire ai cittadini di lingua araba di essere sempre più parte della comunità con cui hanno scelto di vivere e condividere il futuro.”

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Che un direttore di uno dei Musei più importanti d’Italia, e del mondo – secondo solo a quello del Cairo – estremamente qualificato, che ha dimostrato in più occasioni e anche con i numeri di essere all’altezza del ruolo che ricopre dal 2014, venga minacciato per promuovere iniziative finalmente volte all’integrazione piuttosto che all’esclusione, è l’ennesima boutade di una campagna elettorale che la destra, e non solo, ha deciso di giocarsi interamente soffiando sull’odio razziale.

Partendo da una ricerca svolta dal professore Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle migrazioni all’Università degli studi di Milano, vi elenchiamo quali sono le vere politiche locali adottate, in questo caso in Lombardia, nei confronti di immigrati e minoranze — in nome dell’esclusione, invece dell’interazione.

Con politiche locali di esclusione, intendiamo, nelle parole di Ambrosini: “misure emanate dalle autorità locali che mirano a separare gli immigrati dalla componente autoctona della popolazione, istituendo nei loro confronti divieti specifici, anche se impliciti, indiretti o mascherati, introducendo procedure di controlli speciali o limitando il loro accesso a benefici e risorse delle politiche sociali locali.”

Un fenomeno che non interessa solo l’Italia, né tanto meno solo la Lombardia. Basti pensare al referendum svizzero del 2009 promosso dalla destra nazional e passato con il 57,7% dei voti, che ha imposto il divieto di costruire nuovi minareti per non trasformare il paesaggio con simboli di una cultura percepita ancora come estranea.

Come si legge nell’articolo, il presidente dei Verdi, Ueli Leuenberger, si espresse così al riguardo:

“I musulmani non hanno ricevuto solo una sberla, ma addirittura un pugno in faccia […] L’iniziativa è incostituzionale e l’esito del referendum è il risultato di una propaganda estremamente ben fatta, che ha fatto leva sui pregiudizi.”

L’attenzione della ricerca si focalizza sulla Lombardia perché è la regione che ospita il maggior numero di immigrati, che offre più opportunità lavorative, e in cui partiti di destra ed estrema destra come Lega e Fratelli d’Italia hanno dimostrato di avere presa particolarmente forte sulla popolazione fuori dalle aree metropolitane.

“Dove si è verificato un maggiore inserimento degli immigrati nel tessuto economico e sociale, lì si è prodotto anche un più marcato rifiuto politico della loro presenza.” scrive Ambrosini in Non passa lo straniero, 2014, Cittadella.

Nella ricerca sono state analizzate una serie di ordinanze, deliberazioni e atti di governo delle autorità locali, precisamente 70 episodi dei quali 61 casi riferiti a 47 amministrazioni locali.

Non parliamo più di retorica da campagna elettorale, di slogan e manifesti propagandistici, ma di provvedimenti voluti ed emanati da autorità democraticamente elette.

Con la legge n. 125 del 2008, il “Pacchetto sicurezza”, presentato il 21 maggio 2008 dal ministro dell’Interno Maroni nel corso di una conferenza stampa, i poteri dei sindaci sono stati ampliati. I sindaci possono intervenire a tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana, gestire le attività di prevenzione e contrasto, e stabilire i provvedimenti da adottare.

Ne sono derivate infatti 788 ordinanze, emanate tra il 2008 e il 2009, per 445 comuni coinvolti, prevalentemente concentrati in Lombardia, Veneto e Friuli.

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Di seguito l’elenco di quelle, a nostro avviso, più assurde adottate in Lombardia:

  • Divieto di chiedere l’elemosina a Como;
  • Contributi per i nuovi nati solo ai figli degli italiani a Brescia, Palazzago, Tradate, Morazzone. Una decisione che a Brescia è stata portata in tribunale da quattro diversi genitori stranieri e dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione per mettere fine ad un “comportamento discriminatorio e ritorsivo posto in essere dal Comune”. In seguito, il Tribunale di Brescia con l’Ordinanza del 12 marzo 2009 ha allargato il beneficio ai figli di coppie straniere;
  • Contributo per l’affitto destinato solo ai cittadini italiani o comunitari ad Adro, per cui il comune è stato obbligato dal Tribunale di Brescia a cambiare il regolamento rifiutandosi e opponendo diversi ricorsi fino al 2010, quando è stato obbligato a pagare i contributi affitto e le spese di lite per gli oltre dieci ricorrenti;
  • Esclusione degli studenti stranieri dagli alloggi per studenti in provincia di Sondrio;
  • L’obbligo di usare la lingua italiana in tutti gli eventi pubblici a Trenzano;
  • Divieto di usare altre lingue nelle insegne dei negozi a Milano;
  • Permesso di sposarsi solo con permesso di soggiorno e se in grado di comprendere l’italiano a Caravaggio;
  • Chiusura di una moschea a Brescia e sbarramento, il venerdì, della via che conduceva alla moschea per un’ora (eccetto che per i residenti), per evitare che il flusso di fedeli bloccasse il traffico;
  • Nel 2005, la Regione Lombardia ha approvato la legge n. 12, poi modificata con la legge Regionale 3 febbraio 2015 n. 2, con le quali si stabiliscono le regole da seguire per aprire luoghi di culto in città. La proposta della Lega Nord, prevede una maggiore distinzione tra luoghi di culti e centri culturali, tanto che non si può pregare pubblicamente se non in una sala di preghiera;
  • Divieto del gioco del cricket nei parchi pubblici di Brescia per reprimere un’attività molto popolare tra gli immigrati indiani e pakistani;
  • Operazione White Christmas a Coccaglio, con controlli nelle abitazioni alla ricerca di immigrati irregolari per un Bianco Natale senza immigrati;
  • Imposizione in una mensa scolastica di Adro di un menu anti islam;  
  • Vigili urbani con i guanti igienici “anti immigrati” sugli autobus e armati;
  • Costituzione di ronde e di sentinelle di quartiere;
  • Divieto di sedersi in più di tre persone sulle panchine di Voghera dopo le 23;
  • Obbligo per i non cristiani di rimanere a una distanza di almeno 15 metri dai luoghi di culto cattolici a Rovato;logo_divietodisegnalazione_400x160
  • Nel 2008, il governo Berlusconi, voleva imporre al personale medico l’obbligo di denunciare gli immigrati irregolari che chiedevano assistenza medica. In seguito a questa proposta, l’ONG Medici senza Frontiere, insieme alla SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni) e ai GRIS (Gruppi Regionali Immigrazione e Salute) e altre numerose organizzazioni, associazioni e sindacati; hanno organizzato una protesta culminata in una giornata di mobilitazione nazionale. Il personale sanitario e con attori sociali e cittadini, sono scesi nelle piazze di Italia con lo slogan “Siamo medici e infermieri, non spie”. In seguito a questa battaglia, il governo dovette ritirare la proposta;
  • Divieto di consumare cibo per strada e sui marciapiedi per gli esercizi che vendono cibo con la formula take away (un divieto che intendeva danneggiare i venditori di kebab, ma che ha finito per colpire tutte le attività economiche, comprese le gelaterie)

Queste politiche di esclusione vengono puntualmente mascherate come “universalistiche,” perché si porrebbero, altrimenti, in chiara contrapposizione ai principi di eguaglianza e di tutela dei diritti umani garantiti dalla Costituzione e dalla partecipazione dell’Italia agli organi internazionali.

Per fortuna queste politiche non hanno vita facile. Incontrano opposizioni sia dall’alto, come gli interventi di controllo dell’UNAR (Ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali, che però è collocato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri vertice del potere esecutivo); e dal basso con l’azione delle forze sociali pro immigrati che danno vita a proteste e battaglie legali.

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Queste politiche, come sa bene anche Meloni, sono un gioco a somma zero: funzionano in ogni caso. Quando le proposte passano, infatti, diventano ordinanze ed hanno efficacia legale. Quando le proposte non passano, magari per azioni di protesta civili, vincono lo stesso perché garantiscono la diffusione delle idee retrograde dei promotori per almeno un ciclo di informazione.

“Riempiendo per giorni telegiornali e quotidiani delle loro dichiarazioni, hanno mostrato ai loro elettori impegno e determinazione nel contrastare l’immigrazione e fatto capire agli immigrati che su quel territorio non avranno vita facile. Se alla fine hanno dovuto ritirare i provvedimenti, possono sostenere che non è colpa loro, ma tutto dipende da una legislatura inadeguata, da una magistratura politicizzata, dall’opposizione di elité che promuovono la globalizzazione a danno degli interessi della gente comune.” commenta Ambrosini.

A meno di un mese dalle prossime elezioni, possiamo sicuramente affermare che “l’immigrazione si profila sempre di più come un impegnativo banco di prova per la qualità dei regimi democratici” (sempre Ambrosini), una prova che, con promesse come quelle di Meloni, perderemo senza ombra di dubbio.

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