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unnamedAmbulanti contro abusivi, residenti contro movida, consiglio municipale contro ambulanti: la riqualificazione di piazza Sant’Agostino sembra scontentare un po’ tutti.

Piazza Sant’Agostino si trova ai confini del centro storico e si affaccia sul tratto della circonvallazione interna di Viale Papiniano. La piazza nell’Ottocento ospitava il più grande macello di Milano — tant’è che fino al 1930, quando fu ribattezzata, si chiamava piazza Macello. Sempre nel 1930, al posto del macello — trasferito in viale Molise, nella palazzina che oggi ospita Macao — si stabilirono nella piazza il mercato delle carni e il mercato ortofrutticolo, una vocazione commerciale che si è continuamente rinnovata fino ad oggi.

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Alfonso, proprietario di una polleria ambulante, racconta: “Faccio questo lavoro da quando sono nato, è stato il lavoro di mio padre e di mio nonno,” e aggiunge con un sorriso amaro e al contempo fiero: “però la tradizione ormai è interrotta. I miei figli si sono laureati tutti.”

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Nel 2013 si è costituito un comitato di residenti, il Comitato Sant’Agostino, per chiedere una riqualificazione che “non è più procrastinabile,” secondo la portavoce Silvana Turzio. Un articolo del Corriere della Sera di due anni fa raccontava la piazza con questi toni: “Più che una piazza è un non luogo. La notte è zona di movida, risse, spacconate, un tappeto di vetri rotti al mattino. Di giorno, se non c’è il mercato alimentare, prolungamento di Papiniano — 160 bancarelle che sfuggono a regole e controlli e alla chiusura si lasciano alle spalle un tappeto di liquami e sangue, non solo rifiuti — il lastricato d’asfalto è un parcheggio semivuoto.”

Una descrizione che corrisponde al vero solo molto parzialmente. La piazza è in effetti terribile dal punto di vista estetico, si tratta infatti di uno slargo di cemento con tre o quattro alberelli radi che assolve soprattutto la funzione di parcheggio. Nell’idea di chi ci vive piazza Sant’Agostino raramente viene recepita come una vera e propria piazza, ma, piuttosto, come un luogo di passaggio più o meno obbligato. Sono però proprio i problemi denunciati con tanta veemenza dal Corriere a dare alla piazza una vita vera — la “movida” si riunisce attorno all’Old Fox, un pub storico che negli ultimi anni è diventato luogo di aggregazione per i giovani di tutta Milano, al punto che tra frequentatori era nata la battuta che all’Old Fox si sarebbe anche potuti andare da soli perché sarebbe stato impossibile non incontrare qualche conoscenza.

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Un tale successo di pubblico e il conseguente rumore non può che aver dato fastidio ad alcuni residenti, ovvero quelli che non scendono a bersi una birra in compagnia, e, sicuramente, ha per lungo tempo prodotto una grande quantità di rifiuti. Ma non è realistico parlare di “risse, spacconate,” come conferma anche un giovane avventore dell’Old Fox che incontro una sera: “Saranno quattro o cinque anni che vengo qui con regolarità e non ho mai, mai, visto una rissa.”

Parlando con Luca Foschi, assessore Giovani del Municipio 1, si scopre che “con il pub storico stiamo collaborando per arrivare a una soluzione che soddisfi loro, i loro clienti e i residenti”, una dichiarazione che non fa che confermare i dubbi sulle scene di rissa alcolica che sono state dipinte da numerosi articoli di stampa, alcuni anche facendosi fregio di citare Battisti in motti infelici come “tu chiamala se vuoi movida”.

Il pensiero corre subito ai risultati portati da un’eccessiva ossessione per il decoro a Torino nel giugno del 2017 — quando la polizia è arrivata a manganellare i frequentatori di ristoranti e locali notturni, famiglie-comprese — e a Trento nel 2016. Mancano del tutto proposte che non siano securitarie — per esempio, per ovviare al problema dei rifiuti basterebbe introdurre anche in Italia una pratica molto diffusa nei paesi di lingua tedesca, quella del Pfand, il vuoto a rendere, ossia una tassa di cauzione sul contenitore, bicchiere o bottiglia che sia, della bevanda che viene consumata. Questa cauzione, che varia dai cinquanta centesimi all’euro, viene restituita alla consegna del contenitore vuoto. Una soluzione semplice che il poco lontano “Al Confine,” pub al numero 59 di Viale Coni Zugna, ha già istituito da tempo.

Anche la realtà del mercato, che si tiene il martedì e il sabato di ogni settimana, non corrisponde pienamente alle descrizioni che troviamo sulle testate nazionali. Sabato 11 novembre siamo andati a fare un giro al mercato dove Matteo, panettiere ambulante, ci ha spiegato che i commerci di piazza Sant’Agostino ormai si fermano verso le quattro del pomeriggio, per permettere all’Amsa di iniziare le operazioni di pulizia già alle cinque e restituire la piazza ai residenti per le sette di sera. Pulire prima, inoltre, permette di non turbare il sonno dei residenti con il rumore delle macchine in piena notte.

Facendo un giro per il mercato, Matteo è l’unico a conoscenza dei prossimi progetti di riqualificazione di piazza Sant’Agostino; gli altri ambulanti, fraintendendo le domande, inveiscono contro la direttiva Bolkenstein, che imporrebbe la messa al bando delle concessioni, o contro gli abusivi che “infestano” il mercato. Parlando con uno degli abusivi, che si presenta come Mimmo, proviamo a chiedergli come difende la sua posizione, ma riusciamo a scoprire solamente che è egiziano e che il suo vero nome è Ahmed.

L’abusivismo indubbiamente costituisce un problema per chi paga una concessione e si trova ad avere una concorrenza sleale che può permettersi di abbassare i prezzi, dovrebbe, probabilmente, ma è illusorio pensare di poter imporre totale legalità dappertutto — d’altra parte, il fatto che in un mercato ci siano quattro adolescenti che in una giornata vendono trenta limoni e qualche mazzo di prezzemolo non può costituire una vera e propria concorrenza.

Una fonte dall’amministrazione ci informa che “la metà degli ambulanti sono morosi” e quest’ultimo dato lascia la sgradevole impressione che la lotta agli abusivi, per alcuni degli ambulanti, sia più una questione di xenofobia che non di concorrenza sleale. Non tutti gli ambulanti, infatti, sono così accaniti contro l’abusivismo, e molti semplicemente esprimono la rassegnazione di trovarsi intrappolati in una zona di mezzo in cui vorrebbero sì più regole, ma meno regole di quelle che il Comune vuole imporre.

Martedì 14 novembre siamo andati al Consiglio di Municipio 1 per assistere alla delibera sul progetto preliminare della riqualificazione di piazza Sant’Agostino e per capire meglio le posizioni dell’amministrazione comunale.

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Appena arrivati assistiamo a un duro sfogo del presidente di Apeca (Associazione provinciale esercenti il commercio ambulante) Giacomo Errico: “Quando si parla di spostare venti, trenta, quaranta ambulanti si tratta di stroncare venti, trenta, quaranta imprese. Su questa partita venderemo cara la pelle perché si tratta di ammazzare venti persone.”

Nonostante gli inviti a moderare i toni, Errico continua accusando un comportamento vessatorio nei confronti della categoria degli ambulanti e definisce la giunta di Municipio 1 “una sinistra che fa la sinistra ad intermittenza.” Detto questo Errico esce dall’aula e con lui la maggior parte degli ambulanti che lo accompagnavano. Vediamo Matteo, il panettiere che avevamo incontrato sabato al mercato, e gli chiediamo perché siano così pochi gli ambulanti sensibili ai rischi per il loro lavoro prospettati dalla riqualificazione della piazza.

“Di questa cosa ancora non è circolata la voce. Noi brancoliamo nel buio, non sappiamo e non capiamo cosa succederà,” ci risponde.

I presidente di Municipio 1, Fabio Arrigoni, spiega: “Apeca riceve inviti alle consultazioni dal 2011. Il signore che rappresenta gli ambulanti lo conosco bene e dovrebbe trovare un tono dialogico invece che comportarsi come il personaggio biblico Birbone.”

Mentre ci interroghiamo sull’effettiva esistenza di questo personaggio biblico — il dubbio è quello di aver sentito male — notiamo un nucleo di residenti nella zona di piazza Sant’Agostino. Alcuni si sono costituiti in comitato dei cittadini, altri sono lì a titolo personale. Parliamo con una signora residente in via Ariberto che, alla domanda se frequenti il mercato di cui si discute, risponde: “No. Ci andavo un tempo, ora non più, è un suq. Ci sono troppi arabi, troppi abusivi. Incomincino a togliere gli abusivi, poi il resto si vedrà.” Sentiamo parlare tra loro i rappresentanti del comitato dei cittadini che invece inveiscono contro “questi mercatanti”, riferendosi agli ambulanti. Insomma, nessuno ce l’ha con la stessa persona.

Per l’opposizione di centrodestra interviene il consigliere Testori, che ha un’idea innovativa e astuta: “Si fa come si fa in tutto il mondo. Si fanno dei luoghi di élite, di grande livello, in cui a fianco alla distribuzione e alla vendita alimentare ci sono anche una serie di attività che rendono quel mercato un mercato di richiamo. Un mercato che non va bene soltanto per la gente che viene da fuori, ma anche per gli stranieri, gli stessi milanesi che vogliono andare ad avere un’esperienza diversa, mangiando qualcosa di più particolare o meno. Questo è il progetto che manca.” La signora di via Ariberto borbotta tra sé: “Questo è un coglione, in cinque anni non sono riusciti a piantare sei gingko biloba e vuole fare il mercato d’élite.”

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Dopo molte discussioni il presidente Arrigoni taglia corto: “Nessuno vuol far sparire il mercato, però, almeno, abbiamo iniziato un progetto e ci siamo messi in cammino. Il sindaco si è impegnato su questo progetto e noi ci siamo rotti le scatole di procrastinare.” D’altronde il sindaco Beppe Sala si è speso personalmente sulla riqualificazione di questa piazza e, dopotutto, alle elezioni comunali per il Municipio 1 votano i residenti, non certo gli ambulanti o chi arriva da altre zone di Milano per fare spese al mercato.

Alla fine, arriva la delibera: lo spostamento di un numero compreso tra i venti e i quaranta banchi sugli attuali ottanta in una zona da definirsi, probabilmente l’isola digitale di via Numa Pompilio, il riordino dell’area posta verso via Numa Pompilio con l’eliminazione della struttura W.C. e la posa di circa quindici piante sia in piazza Sant’Agostino sia nell’area verso via Numa Pompilio. Il costo complessivo dell’opera di riqualificazione sarà di circa un milione e mezzo di euro.

Il meglio è nemico del bene, ed è un bene che si siano iniziati i lavori — almeno a livello amministrativo — per una riqualificazione. Non resta che augurarsi che accurate mediazioni tra ambulanti, residenti e amministrazione, oltre che un certo buonsenso nei confronti dei folleggiatori della notte e degli abusivi, possano evitare la ridda infernale che questa riqualificazione promette di essere.


Errata corrige: in una precedente versione di questo articolo, le dichiarazioni del consigliere Antonio Testori erano erroneamente attribuite al consigliere Andrea Brugora.