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Sulla subreddit Data is Beautiful alcuni utenti si sono divertiti a confrontare le mappe della metro di alcune grandi città con il loro tracciato reale. Ma perché le mappe della metropolitana sono fatte così?

Uno dei simboli della seconda rivoluzione industriale è stato il trasporto pubblico metropolitano. Uno dei simboli della terza rivoluzione industriale sono le GIF.

Su Reddit qualcuno ha pensato di unire le due cose, creando una serie di GIF che fanno notare la discrepanza tra le mappe delle metropolitane del mondo e il loro effettivo tracciato. Il primo a farlo è stato un utente finlandese, vinnivinnivinni, che sulla subreddit Data is Beautiful ha creato una GIF basata sulla metropolitana di Berlino.

Come era ovvio, l’idea è piaciuta tantissimo e in breve diversi utenti hanno iniziato a creare le proprie. È poco più di uno scherzo, ovviamente. Ma osservando le animazioni, si può lo stesso trarre qualche considerazione. C’è un elemento che accomuna le metropolitane di tutte le città: la maggior densità verso il centro. Le periferie delle città sono meno servite dai mezzi pubblici.

(Di gran lunga la nostra preferita)

Questo è un problema che riguarda anche la nostra città, Milano. Ieri, durante la firma dell’accordo sugli scali ferroviari, è stata annunciata ufficialmente l’intenzione di creare una circle line che colleghi tra loro alcune periferie della città. Sarebbe un buon primo passo per aumentare l’accessibilità alla città per chi non vive nelle zone centrali.

Ma perché le mappe della metropolitana non sono geograficamente corrette?

Bisogna tornare indietro al 1972, quando una nuova mappa della metropolitana sconvolse i cittadini di New York: per la prima volta, le fermate non erano indicate dove avrebbero dovuto essere. Autore della rivoluzione era un designer italiano, Massimo Vignelli, fervente modernista uscito dal Politecnico di Milano.

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Quella di Vignelli, ossessionato dalla semplicità delle forme e dall’accessibilità della tipografia, è un’intuizione che avrebbe per sempre cambiato le mappe della metropolitana: le mappe della metropolitana non sono mappe. Sono diagrammi.

L’idea, in realtà, non era nuova: già nel 1933 Henry C. Beck aveva disegnato la metropolitana di Londra interamente come un diagramma, senza nessuna pretesa di aderenza alla realtà. Nella mappa sono presenti per la prima volta anche le codificazioni di linee in colori, in modo da rendere più leggibili le intersezioni.

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La soluzione di Beck, meravigliosa a suo modo nel suo oltranzismo, peccava di gravi difetti di usabilità, come tante delle mappe mostrate qui sopra.

Ogni qual volta da un documento si rimuovono informazioni, ovviamente, si semplifica. La semplificazione spesso, è un processo positivo, di democratizzazione. Ma semplificare, tagliare informazioni, per definizione è un atto di rimozione, e ci sono casi d’uso in cui quelle informazioni, a qualcuno, possono servire. Ad esempio: se da una fermata all’altra della metro serve spostarsi a piedi. O per capire dove trovare una fermata rispetto a dove si è, in superficie.

È Vignelli a superare l’intuizione di Beck in un lavoro di incredibile virtuosismo del design, coniugando grandissima semplicità di lettura con una struttura che rendeva comunque agevole l’uso della mappa come una mappa.

Si tratta, in ogni caso — anche in quello mirabile di Vignelli — di atti di deformazione della realtà: quanto si possa modificare, semplificare, una mappa della metropolitana, spostare elementi della geografia locale di una città ha un significato al di là della mappa. Quanto è a sud quel quartiere? Quel corso d’acqua, è dritto o zigzaga per la città? Quanto è effettivamente vicina o lontana dal centro quell’Università?

Si tratta di una ricetta che è impossibile perfezionare, perché le necessità e i gusti di utenti diversi sono radicalmente diversi. Ma questo, secondo Vignelli, è il problema di chi “parla, e non guarda.” E chi parla, “si fa sentire.” Anni dopo, quando nel 2011 l’ATM di New York gli chiese di aggiornare la mappe — che nel frattempo aveva ridisegnato per un’edizione speciale di Men’s Vogue — Vignelli accettò: a patto di poter cancellare tutti i parchi della città. Sì, anche Central Park.