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L’emergenza freddo si concluderà, come tutti gli anni, il 31 marzo. Malgrado il periodo stia per concludersi, la settimana scorsa in via Lombroso 99 è stata inaugurata l’Oasi del Clochard, centro per senzatetto di nuova concezione gestito da City Angels. Ci siamo fatti spiegare qualcosa di più da Mario Furlan, presidente di City Angels, e abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni degli ospiti dell’Oasi per Snooze, su Radio Popolare, andato in onda stamattina.
Qui potete ascoltare il podcast della puntata


“Sono venuto qui a Milano nel 2002, per lavorare alla Samsung, dove ho lavorato fino alla fine del 2009. Era un bel posto di lavoro, ci si guadagnava bene — ci si manteneva una famiglia. Un bel giorno nel 2009 ci hanno dato una bella mazzata: tutti a casa. È dal 2011 che sto per strada, e ti dico — sono sette anni e mezzo, quasi — ti dico che non va.”

Fabio è uno dei settanta senzatetto che dormono a Oasi del clochard, un nuovo spazio fondato e gestito da City Angels con l’intenzione di superare la funzione strutturale di dormitorio per senzatetto per diventare un piccolo “villaggio” dove gli ospiti possano vivere.

L’Oasi è in via Lombroso 99, in uno spazio che fino all’anno scorso ospitava un campo nomadi, poi sgomberato. Oggi lo spazio, su sterrato, vicino alla ferrovia, ospita una ventina di container.

“Non volevamo costruire il solito dormitorio, in una ex caserma o in una ex scuola da 50, 100 persone. Noi siamo arrivati a febbraio — era un disastro — e nel giro di un mese abbiamo creato l’inizio di questo campo. Abbiamo uno spazio dove gli ospiti possono giocare a ping pong, una biblioteca, uno spazio che adibiremo a palestra, qui c’è la sala televisione…” Mario Furlan ci indica un container, dalla finestra si vedono dei banchi e una tv, appoggiata su un tavolo: tre persone stanno guardando Italia 1.

Furlan, presidente e fondatore di City Angels, vestito di rosso con il berretto blu scuro — la  divisa del gruppo —, ci guida tra i prefabbricati.

“Dai primi di aprile speriamo di iniziare i lavori per la sezione femminile, anche se ovviamente i numeri non sono gli stessi che per gli uomini.”

Oasi è operativa da inizio mese, ma è stata inaugurata ufficialmente solo il 22 marzo. Tra pochi giorni, il 31, terminerà ufficialmente l’“emergenza freddo,” il periodo durante il quale vengono solitamente adibiti più fondi alle necessità dei senzatetto, e con l’emergenza freddo, anche la convenzione con il comune.

Virgolettiamo “emergenza” perché per definizione quella del “freddo” non può essere un’emergenza — le stagioni arrivano tutti gli anni, il freddo arriva tutti gli anni: a volte con un po’ di anticipo, è vero, certi anni è più rigido, è vero, ma l’emergenza, quella che fa i morti, c’è soltanto per inettitudine delle autorità.

“Noi abbiamo una convenzione con il Comune fino al 31 marzo, ma non credo proprio che il primo aprile queste persone verranno mandate via, soprattutto dopo quello che ha detto l’assessore.”

L’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino era presente per il Comune all’inaugurazione dell’Oasi, insieme al presidente del municipio 4 Paolo Bassi.

“Vorremmo aprire anche uno spazio per animali, per i cani dei nostri ospiti — nei dormitori ci sono per forza sezioni maschili e femminili, e spesso gli animali non possono entrare. Qui vorremmo fare in modo di tenere unite le famiglie.”

Ma come viene gestita l’emergenza freddo a Milano? Quali sono i principali problemi, e perché questo posto vuole dare risposte diverse?

“Sicuramente Milano è la città italiana in cui l’emergenza freddo è gestita meglio,” spiega Furlan. “E lo dico con cognizione di causa, perché noi City Angels siamo anche a Roma, Torino, tante altre città, e in nessun’altra città c’è l’attenzione per i senzatetto che c’è a Milano. Quando c’è l’emergenza freddo c’è sempre posto per tutti. Si calcola che i senzatetto siano circa 3000, e qualche centinaio di loro non vogliono andare nei centri d’accoglienza nemmeno quando fa freddo, ma chi vuole, trova posto. Quando finisce l’emergenza freddo un bel po’ di gente viene rimessa sulla strada. Certo, è meglio stare sulla strada col caldo che con il freddo, ma l’obiettivo sarebbe comunque quello di evitarlo. Però lo capiamo, è una questione di soldi. Con l’Oasi del clochard vogliamo dare uno spazio di dignità per i senzatetto. Stiamo organizzando tutte le strutture perché ci sia una piccola piazzetta centrale, così che gli ospiti si sentano un po’ come in un villaggio, per poter interagire tra di loro, ma allo stesso tempo avere degli spazi privati.”

Intercettare anche chi non si fida dei centri è una delle sfide dell’Oasi, che vorrebbe al contrario in qualche modo regolarizzare la presenza dei senzatetto nei propri confini. Tanti, “irriducibili,” li chiama Furlan ad un certo punto, non vogliono lasciare la strada — ma presentarsi così diversi da ogni altro centro può essere una variabile importante. Stare all’Oasi dovrebbe, nelle intenzioni, sembrare una forzatura minore — e la divisione in piccoli dormitori, da 6 a 8 persone, riduce drasticamente il rischio dei furti e facilita la convivenza.

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Tra le persone che avevano giurato di non affidarsi mai più a strutture c’è anche Fabio: una notte, in un altro centro, gli è stato rubato tutto quelle che aveva ancora, i soldi, il telefono, una macchina fotografica, le foto della famiglia. “È stata un’altra brutta botta.”

Dopo il furto aveva giurato di non rientrare mai più in un centro, ma è alla fine si è fatto convincere a entrare all’Oasi dormito per strada, ed è tornato in un centro organizzato per la seconda volta grazie a Oasi. “Qui mi trovo da dio,” ci racconta.

“L’unica cosa che vorrei è ritrovare un lavoro, un lavoro che mi sostenga. Per poter rialzarmi in piedi, e dire che ce l’ho fatta.”

“Sono divorziato, ho tre figli grandi, e cinque nipoti. Purtroppo due di loro hanno una brutta malattia, la SLA. Convivo con una ragazza ucraina, con cui ho comprato un appartamento in Ucraina — con la liquidazione del panificio,” racconta invece Gabriele, sulla sessantina, un uomo napoletano aggressivamente cordiale, sempre con una sigaretta in bocca.

“Ho girato un po’ dal 2001, da quanto ho divorziato. Sono stato per anni all’Ostello di Roma, dove eravamo 400 persone: 200 uomini e 200 donne. Era un bello spazio. Io all’epoca lavoravo di notte, prendevo il primo pullman per andare in EUR Palasport, dove abita Totti. Io ho fatto la pizza a Totti!”

Marco è separato — “io lavoravo in chimica, ma la ditta dove lavoravo è fallita, e non ho più trovato lavoro. Per un po’ ho tirato avanti facendo il commerciante, vendendo un po’ di tutto, in un negozietto in Rogoredo. Poi con la scusa di Sky hanno buttato giù tutto, anche il negozio, e non ho più trovato lavoro. Grazie a dio ci sono posti come questo qua — io mi sono sempre trovato bene, non posso più lamentarmi. Adesso sto facendo un corso di formazione, perché alla mia età è difficile trovare un lavoro.”

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L’aria, nell’Oasi, è effettivamente serena. Dopo il tramonto iniziano ad arrivare più persone, che si fermano nello spazio in cui — immaginiamo — sorgerà la  piazzetta. Un paio di senzatetto chiacchierano  con i volontari, altri entrano nella stanza tv.

Denis, il più giovane tra gli ospiti che incontriamo, viene dalla Puglia.

“Sto a Milano da un mese e mezzo, e sto cercando lavoro,” ci racconta. “Io faccio il pizzaiolo, e per adesso vendo cartoline, tanto da recuperare i soldi per caffè e sigarette. E intanto sto scoprendo Milano. È bella, è grande — ci vuole una giornata, per girarla tutta, Milano. Qui mi ha mandato il centro aiuti: si sta tranquilli, e posso ritirarmi a dormire più o adesso, che al mattino bisogna mettersi in cammino presto, che c’è tanta strada da fare.”

Blogger, designer, cose web e co–fondatore di the Submarine.