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أهلاً و سهلاً قارئ

Benvenuti in un nuovo episodio di Arabeschi

Care lettrici e lettori, è con non indifferente orgoglio che siamo oggi qui a proporvi una lettura praticamente obbligata, se si vuole andare a fondo nei vari legami tra il mondo occidentale e quello arabo.

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Suona forse familiare la parola Mokha, letta con una certa enfasi sulla kaf ed una quasi totale neutralizzazione della h?

Avete indovinato: oggi parleremo della storia della moca, strumento di incalcolabile importanza per un italiano che ama definirsi tale, specialmente alle sette del mattino.

Bisogna innanzitutto portare indietro le lancette del tempo di  più di cinquecento anni; il porto di Al Mokha, infatti, dal XV al XVII secolo d.c. deteneva il monopolio sul commercio del miglior caffè al mondo.
La città era produttrice di moltissime varietà della pregiata bevanda; nei suoi anni di massimo splendore come principale porto yemenita (solo attorno al XIX secolo verrà soppiantata da Haden e da Al-Hudauda) il caffè prodotto era destinato a passare dal porto di Al Mokha per poi poter essere distribuito e venduto.

Ma è durante il periodo della dominazione turca che la città arriva ad acquistare importanza. I preziosi chicchi iniziano a sbarcare e a farsi conoscere in tutta Europa, tanto da venire elogiati perfino da Voltaire nel suo Candido e da Verne nel suo capolavoro Il giro del mondo in ottanta giorni.

Anche dopo che furono trovati altri luoghi per la coltivazione del caffè, ad ogni modo, i chicchi provenienti da Mokhā continuano ad essere apprezzati per il loro forte profumo di cioccolata, rimanendo tra le qualità più apprezzate (e costose) di caffè sul pianeta.