Quali sono state le reazioni all’attacco del 19 dicembre a Berlino? Di fronte a un evento così drammatico e di grande impatto, emotivo e politico, c’è un rischio: trasformare immagini in icone, raffazzonando le simbologie più a portata di mano.


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Quali sono state le reazioni all’attacco del 19 dicembre a Berlino? Di fronte a un evento così drammatico e di grande impatto, emotivo e politico, c’è un rischio: trasformare immagini in icone, raffazzonando le simbologie più a portata di mano. Ma lo sappiamo, semplificazioni del genere non possono che tradire uno scenario inevitabilmene molto più complesso (lo descrive bene questo lungo articolo dello Spiegel, che ha ricostruito le 48 ore seguite all’attacco). Messo in chiaro questo, però, il confronto tra le prime pagine di mercoledì 21 dicembre di due quotidiani tedeschi — il tabloid Bild da una parte e il Berliner Morgenpost, quotidiano della capitale, dall’altra — sembra sintetizzare in modo icastico due reazioni, di segno opposto, largamente diffuse in Germania dopo l’attentato a Breitschadplatz.

Al primo polo c’è La Bild, un tabloid i cui contenuti sono soprattutto cronaca rosa e cronaca nera, politica banalizzata, sport e scandali vari. Il giornale con sede ad Amburgo, che con 1,8 milioni di copie vendute al giorno è il quotidiano più diffuso in Germania, titola semplicemente Angst!, cioè “Paura!”, con tanto di punto esclamativo. In una prima pagina dove prevalgono i toni del nero, il titolo in bianco a caratteri cubitali (un tratto grafico tipico del giornale) si staglia su una foto del Tir utilizzato per compiere l’attacco e di alcuni poliziotti. I sottopancia riassumono i punti salienti della notizia: almeno 12 morti, l’attentatore fuggito armato dopo il bagno di sangue, la rivendicazione dell’attacco da parte dell’Isis. Nel taglio basso della pagina, immagini delle bancarelle travolte durante l’attacco e una ragazza in lacrime. L’editoriale, nelle pagine interne, parla di Germania messa alla prova politici in particolare: “Il test più difficile per Angela Merkel”, il cui finale non è ancora certo.

Al secondo polo il nero domina in misura ancora più netta. La prima pagina del Berliner Morgenpost, bardata a lutto, esprime in calce il proprio cordoglio per le vittime dell’attacco. L’immagine scelta è una foto dell’albero di Natale di Pariser Platz, alle cui spalle spicca la porta di Brandeburgo illuminata con i colori della bandiera della Germania. Come la Bild, anche il titolo scelto dal quotidiano della capitale tedesca (dove si concentrano le poco più di 80mila copie vendute) pesca nell’area semantica della paura e presenta un punto esclamativo, ma con un messaggio antitetico a quello del tabloid amburghese.

Fürchtet euch nicht!, “Non abbiate paura!”

Cioè — stando al vangelo di Luca, come segnalato sotto il titolo — le prime parole rivolte ai pastori di Betlemme dall’angelo che annuncia loro la nascita di Gesù Cristo. Il messaggio del giornale berlinese sull’attacco, insomma, si ricollega direttamente alla vicina festa del Natale. “Improvvisamente la corsa mortale di Breitscheidplatz ci ha riavvicinati al senso originario del Natale,” si legge nell’articolo di commento.

 Che cos’è tutta la mania dei regali rispetto al valore del semplice, buono, sicuro, stare insieme? ‘Pace in terra’, esorta l’esercito celeste, ma prima di tutto “Non abbiate paura.” Così recita la sempre buona notizia, allo stesso modo consolazione e compito. Le celebrazioni liturgiche natalizie saranno piene, i berlinesi cercheranno, ancora di più la compagnia dei propri concittadini, anche solo per mezz’ora. In chiesa, tra amici o in famiglia, la vicinanza umana può e deve, quest’anno, caratterizzare il Natale di Berlino.

La paura, da un lato; dall’altro, l’invito a un superamento della paura, reso possibile dalla solidarietà reciproca. Tutte le altre reazioni — politiche e giornalistiche — alla strage si potrebbero disporre tra questi due estremi. Il tweet di Marcus Pretzell, responsabile del partito di destra populista AfD (Alternative für Deutschland), che poche ore dopo l’attacco dice “Sono morti di Merkel”. (Un tema subito ripreso da Geert Wilders del Partito della libertà olandese, e da molte altre formazioni populiste in Europa).

L’allarme politico: un episodio di terrorismo simile rafforzerà l’AfD, che da sempre ha attaccato il governo guidato dalla cancelliera Angela Merkel per la sua cosiddetta “politica delle porte aperte” nei confronti dei richiedenti asilo. Un sondaggio pubblicato il 28 dicembre ha mostrato che meno di un terzo degli intervistati ritiene il governo tedesco corresponsabile dell’attacco. E comunque no, il terrorista era Anis Amri, tunisino non siriano, un passato nella piccola criminalità prima di avvicinarsi alla propaganda islamista. E, guardando bene i numeri, l’AfD non rappresenta una seria minaccia elettorale per il partito di Merkel: i sondaggi lo danno al massimo attorno al 15%, ma rispetto al 2013, quando non superò neppure la soglia di sbarramento per entrare al Bundestag, è un balzo in avanti. Ripercorrerà le orme del Front National in Francia o della FPÖ in Austria, da marginale a determinante? No, scrive der Standard, il vero problema per Merkel sarà tenere a bada le proprie truppe, in particolare l’ala più a destra del suo partito, la CDU, e il suo omologo bavarese e alleato, la CSU, il cui leader Horst Seehofer da tempo spinge per politiche migratorie più rigide — una richiesta divenuta ancora più pressante dopo i fatti del 19 dicembre. Nella conferenza stampa della mattina dopo l’attentato, Merkel chiarisce che “sarebbe particolarmente duro da sopportare se fosse confermato che il responsabile di questo atto ha chiesto protezione asilo in Germania.” Ma anche: “Troveremo la forza per vivere la vita come vogliamo viverla in Germania: liberi, insieme, e aperti.”

Il governo che annuncia una stretta sulla sicurezza. I Comuni che chiedono più videosorveglianza. La vicepresidente dei cristianodemocratici e il vicepresidente dei socialdemocratici (cioè i due partiti che formano la coalizione di governo) che si attaccano a vicenda su sicurezza e rifugiati. Le polemiche sulle autorità di sicurezza che sapevano della pericolosità di Amri.

“È troppo presto — ha scritto Alberto Nardelli, Europe editor di BuzzFeed — per dire quale impatto avrà l’attacco di Berlino, il primo di queste proporzioni e nella capitale,  sull’opinione pubblica tedesca nei prossimi mesi. Ciò che è già chiaro, tuttavia, è che le elezioni del prossimo anno saranno un’aspra battaglia sui valori.”