Il 31 agosto si è conclusa la sessione estiva del calciomercato. Sono proprio gli ultimi giorni quelli in genere più intensi, con colpi agli sgoccioli, e trasferimenti all’apparenza impossibili che si concretizzano prima del gong. Tra questi spicca il cambio di casacca di Joe Hart.

Dopo una lite con Guardiola che al City non poteva garantirgli il posto da titolare, il biondo portiere della nazionale inglese decide di cambiare aria. Se fosse restato ai Citizens avrebbe perso il posto in Nazionale, ma anche quella continuità di gioco, fondamentale per un portiere.

Il 27 agosto il Daily Mirror lancia la prima indiscrezione, documentando — oltre all’interesse del Torino — quello del Sunderland, dove avrebbe potuto approdare mantenendo lustro e privilegi della Premier. Viene subito reso noto l’ostacolo principale dell’operazione, l’ingaggio di ben 3,3 milioni lordi a stagione. Joe sceglie a sorpresa i granata, perché non vuole incontrare il suo City da avversario. Ad affascinarlo anche la Serie A e la possibilità di potersi confrontare con una delle migliori scuole di portieri, quella italiana. Trattativa veloce, Cairo vuole dare a Mihajlovic il portiere che serve. Offerta di prestito secco, con una buona parte dello stipendio pagata dal club inglese, il 70%.

I blu di Manchester accettano, grazie anche alle pressioni del giocatore.

Due giorni dopo i primi segnali, Hart lascia il ritiro della nazionale inglese e parte per Torino. Ad attenderlo all’aeroporto non pochi tifosi granata che non esitano a scattare le prime foto con tanto di sciarpa. Ma la vera “folla urlante” si ritrova alla sede della società, in via Arcivescovado. Lì il portiere è convocato per la firma. Cori in stile hooligan e attesa, tanta attesa di vedere uno dei migliori portieri in circolazione affacciarsi alla finestra con la maglia del Toro.

Questo trasferimento esalta quel romanticismo, che pur perdendosi, resta ancora vivo tra i tifosi del calcio. Il biondo portierone non teme la possibile inferiorità del nuovo club, rispetto al Manchester City di Guardiola, infarcito di star, ma accetta di rimettersi in discussione dicendosi “ancora giovane per imparare cose nuove”. In un calcio dove il denaro ha preso il definitivo sopravvento, un episodio di questo tipo serve a riscoprire l’essenza del football.

Molti scelgono i soldi, alcuni scelgono a seconda delle prospettive offerte, ma pochi scelgono con il cuore. Benché nessuno si aspetti dichiarazioni d’amore nei confronti del Torino, la scelta di un club attualmente a un livello calcistico inferiore, anche per non giocare contro la propria squadra, è come se la fosse.