zarya

Il 24 maggio scorso è uscito Overwatch, ultimo videogioco della celebre software house Blizzard, conosciuta principalmente per titoli come Warcraft, Diablo e i loro relativi spin-off ed espansioni.
Ambientato in un vicino futuro sul nostro pianeta Terra, il gioco rappresenta lo scontro tra due squadre – composte ognuna da cinque personaggi; i giocatori hanno la possibilità di selezionare il proprio avatar (e cambiarlo, tra una morte e l’altra) tra una rosa di 21 personaggi selezionabili.

Se Overwatch ha ricevuto il successo praticamente unanime di critica, pubblico ed incassi è dovuto anche al cast di tali personaggi: ognuno ha una propria storia, un passato che ci viene raccontato dai dialoghi del gioco ma soprattutto attraverso mezzi esterni, come ad esempio video promozionali e il sito ufficiale del gioco. E la caratteristica primaria di questo cast, come è stato affermato fin dalle primissime fasi di sviluppo dai creatori del titolo, è la diversità: diversità di genere – ovviamente – ma anche di etnia, di corporatura e di orientamento sessuale.

Forse, all’intero di questa selezione di caratteri così eterogeneo, quello che più di tutti è stato al centro di polemiche è Zarya, la soldatessa russa.

Quando Overwatch venne annunciato e furono presentati i primi personaggi, la Blizzard subì pesanti critiche riguardo alle proprie eroine femminili, tutte alte e magre – ma al contempo formose nei punti giusti. In tutta risposta, pochi mesi dopo venne svelata Zarya: fisico da culturista – che al tempo stesso mostra un seno prorompente – e capelli molto corti di colore rosa acceso, quasi fucsia.

La body builder russa rompe gli stereotipi femminili nei videogiochi non solo grazie alla sua fisicità, ma anche attraverso il suo ruolo all’interno della partita: se di solito le donne nei videogiochi ricoprono il ruolo di “healer” e “support” (guariscono e potenziano i propri alleati, stando nelle retrovie e bisognose di protezione), oppure – quando combattono – sono tendenzialmente guerrieri leggeri e aggraziati, veloci ma poco resistenti, Zarya è di tutt’altro stampo. Il suo ruolo è quello del “tank”, un’eroina che combatte in prima linea, in grado di sferrare pesanti colpi ma soprattutto di ricevere e assorbire ingenti danni e spianare la strada ai propri compagni di squadra.

Zarya è stato il primo personaggio femminile di Overwatch ad uscire dai canoni estetici tipici delle eroine dei videogames, ma di sicuro non l’unico: un’altra grande preferita dai fan è Mei, ragazza cinese definita “chubby”, quindi grassottella.

Ma il motivo per cui la soldatessa russa è diventata simbolo della diversità è un altro. Nel novembre 2015 la Blizzard ha dichiarato che all’interno del cast di personaggi giocabili di Overwatch ci sarebbe stato almeno un personaggio omosessuale; stando ai creatori del gioco, l’orientamento sessuale di questo eroe non sarebbe stato il suo tratto distintivo, e quindi sarebbe stato rivelato in modo organico, quando la trama lo avrebbe permesso.

Infatti, ancora oggi non si sa chi sia il personaggio gay, ma una buona fetta dei fan del gioco pensano sia proprio Zarya, rendendola di fatto una delle rarissime icone gay nel panorama videoludico.

Non è affatto raro trovare discussioni nei forum su chi sia la sua fidanzata ufficiale – tra le quali la più quotata sembra proprio Mei – oppure fan art che la mostrano proteggere o scambiare gesti d’affetto con altri personaggi femminili di Overwatch. Questo senza considerare l’enorme quantità di materiale pornografico ispirato al gioco.
Certo, identificare la più mascolina dei personaggi femminili come omosessuale potrebbe esso stesso risultare uno stereotipo, ma è indubbio che moltissimi fan rivedono in lei l’archetipo della butch lesbian.

Il termine “butch” è nato negli anni ’40 del Novecento per indicare donne omosessuali dall’aspetto – sia nel fisico che nel vestiario – mascolino, e veniva usato in contrapposizione al termine “femme”, attribuito alle lesbiche dall’aspetto più tradizionalmente femminile.  Benché la dicotomia forzata e spesso spregiativa di “butch/femme” nel corso degli anni sia pian piano sparita, la comunità LGBTQ si è riappropriata dei termini, utilizzandoli tutt’ora per classificazioni generali basate sull’aspetto esteriore.

L’identificazione di Zarya come personaggio omosessuale fa ancora più riflettere se si pensa alla caratteristica principale attribuitale all’interno della storia del gioco, ossia l’amore e la dedizione totale alla sua patria, la Russia, Paese in cui esiste ancora oggi una forte repulsione per coloro che amano persone dello stesso sesso. Repulsione alimentata dalle leggi dello Stato e dalle posizioni radicali della Chiesa Ortodossa.

Nella sezione a lei dedicata del sito di Overwatch, scopriamo la storia di Zarya: nata in un villaggio della Siberia, quando era solo una bambina assiste in prima persona alla distruzione della sua terra per mano di un gruppo di robot ribelli. Per essere in grado di proteggere non solo i propri cari ma anche il proprio paese da un’eventuale e futura crisi, intraprende un percorso di allenamento che la renderà una delle donne più forti del pianeta, tanto da farla selezionare come atleta ai “campionati mondiali” – un altro modo per dire Olimpiadi. Quando però, alla vigilia dell’inizio delle gare, vede scoppiare una seconda ribellione dei robot, Zarya non ci pensa due volte ad abbandonare i propri sogni di gloria e tornare in patria per proteggerla.

In fondo il suo patriottismo, così cieco e appassionato, trova radici nella sua volontà di difendere le persone che ama, ed è lo stesso sentimento che spinge le persone a vedere Zarya come icona gay, tanto è vero che la maggior parte delle fan art la ritraggono disposta a qualunque cosa per tutelare la sua compagna di vita.

Ma non tutti i fan vedono la presunta omosessualità di Zarya come positiva.

Basta farsi un giro sui forum dedicati al gioco o in qualche thread di Reddit per capire che ci sono molti giocatori contrari a questa visione e all’aspetto del personaggio. E la maggior parte delle critiche proviene proprio dagli utenti russi.

I commenti, ovviamente, variano molto: c’è chi semplicemente ammette che Zarya non rispecchia il canone di bellezza classico di una donna russa né le ragazze che di solito si vedono in giro; altri si dicono ripugnati dalla corporatura della soldatessa, e a causa del sottotesto omoerotico che la circonda si rifiutano di utilizzarla come personaggio; altri ancora rimangono più “neutrali”, sottolineando come la sua omosessualità non sia stata ufficializzata dalla Blizzard, oppure affermando che i personaggi devono essere selezionati solo in base alle strategie di gioco, senza guardare il resto. Non mancano poi i commenti omofobi o addirittura transfobici.

In questo tipo di videogiochi, in cui sono presenti diversi personaggi e la loro storia è sì tratteggiata ma non così dettagliatamente da non lasciare spazio all’interpretazione, è facile per i giocatori tentare di riempire quei buchi lasciati vuoti dagli sviluppatori. Si prendono le poche informazioni ufficiali e si decorano con le proprie idee, basate magari sull’aspetto fisico, o sull’utilità (o inutilità) del personaggio in battaglia e così via.

La verità sull’orientamento sessuale di Zarya non la scopriremo in tempi brevi – se mai la scopriremo – ma in fondo non è quella la cosa importante. È normale per un personaggio nato per rappresentare la diversità essere al centro di dibattiti e polemiche, però questi non devono rimanere fini a se stessi. Che il personaggio omosessuale sia Zarya o Tracer, la super-sexy mascotte di Overwatch, o magari – volendo scatenare al massimo la fantasia – uno degli eroi maschili del titolo, poco importa: è importante che in un medium in cui i protagonisti gay si possono contare sulle dita di una mano finalmente nasca un dibattito a riguardo, per far sì che l’esistenza dell’omosessualità non rimanga un sogno dei fan ma ogni tanto anche una realtà.