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Osservata con occhi europei, l’Africa può apparire un continente uniforme e indistinto, in cui ogni paese è assimilabile all’altro. Non è così: siamo stati in Uganda per raccontare uno dei luoghi più reconditi dell’Africa equatoriale. Da Akidele, nel nord del paese, fino alla capitale Kampala, Carlotta Passerini ci racconta cosa significa vivere sulle sponde del lago Vittoria.

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Ogni giorno oltre 65.000 boda boda sfrecciano per le vie di Kampala e in tutto il Paese. Si tratta dei taxi locali più utilizzati insieme ai matatu, furgoncini stipati di merci e passeggeri.

Il termine boda boda deriva dall’Uglish — inglese ugandese — “border border” e si riferiva originariamente ai taxi–biciclette utilizzati cinquant’anni fa nei pressi della città di Busia per trasportare le persone oltre confine, in Kenya. I taxisti urlavano “boda boda” per farsi riconoscere e trovare nuovi clienti. Negli anni i boda boda si sono evoluti e ora alle biciclette si sono sostituite migliaia di motociclette di importazione indiana che trasportano persone e ogni genere di merce per tutta l’Uganda. In alcuni villaggi e nelle città più piccole, tuttavia, si vedono ancora i boda originari che alle salite chiedono spesso ai clienti di scendere, per evitare di cadere.

I boda boda non forniscono soltanto il servizio taxi: solitamente ognuno ha un boda di fiducia che chiama quando ha bisogno, a cui può chiedere di svolgere le più svariate commissioni e persino di portare e andare a prendere i figli a scuola. Si tratta dei motociclisti tuttofare che per la loro efficienza e velocità si sostituiscono anche alle ambulanze che rimangono spesso imbottigliate nel traffico delle città. Il boda viene usato anche dalle donne che stanno per partorire, proprio per raggiungere il più velocemente possibile la sala parto.

I boda si dispongono in punti strategici delle città e dei villaggi — a volte pagando un affitto simbolico per il pezzo di terra occupato con la propria moto — per avere un maggior numero di clienti. Gli hotel, gli incroci, i mercati e le stazioni degli autobus sono i luoghi prediletti. Bisogna contrattare per il prezzo, che viene deciso prima di montare in sella.

Sono nate numerose associazioni per i boda: i driver iscrivono la propria moto — o quella di un terzo, a cui pagano un affitto giornaliero — per avere una sorta di assicurazione in caso di incidenti e perfino di morte. Alcune organizzazioni permettono anche di acquistare una moto a rate, fornendola gratuitamente e scalando dai guadagni dell’autista una quota mensile.

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Fra i boda, quindi, c’è una grande solidarietà, ma anche tanta competizione. Se da un lato quando un boda viene coinvolto in un incidente immediatamente accorrono i colleghi più vicini in sua difesa, dall’altro ognuno cerca di decorare la propria moto al meglio, per attirare più clienti. Non mancano le botteghe che producono selle coloratissime e sgargianti, dalle più svariate fantasie.

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Spesso i driver sono studenti universitari che si dividono una moto in tre. Le moto costano molto — all’incirca il corrispettivo di mille euro.

Se da un lato questo business contribuisce positivamente allo sviluppo economico locale, dall’altro porta con sé numerosi rischi. I boda boda, infatti, fanno letteralmente di tutto per portare i propri clienti a destinazione, spesso non rispettando le regole del codice stradale. Gli incidenti sono all’ordine del giorno e negli ultimi tre anni si sono registrate oltre 7.000 vittime per incidenti in cui erano coinvolti i boda oltre a centinaia di menomati. Il casco è un optional, anche se per legge, in teoria, dovrebbe essere obbligatorio: soltanto il 30% dei conducenti lo indossano, e meno dell’1% dei loro clienti, soprattutto per motivi igienici, per esempio per paura dei pidocchi.

Al pronto soccorso del Mulago Hospital di Kampala la maggior parte dei pazienti presenta traumi dovuti a incidenti con i boda, e non viene ricoverata per malaria o altre malattie tropicali, contrariamente a quello che ci si potrebbe immaginare.

Per contrastare i rischi, nel 2014 è nata una start up di nome Safe Boda, il cui intento, come si evince dal nome, è quello di rendere le corse sui boda boda più sicure.

Safe Boda è il corrispondente di Uber per le moto. Attraverso una app si prenota una corsa con il driver più vicino, e viene fornita una stima del prezzo del percorso che si può pagare via app o anche in contanti. I conducenti di Safe Boda hanno seguito dei training formativi sul codice stradale, sul comportamento da mantenere alla guida, su come fare manutenzione ai propri mezzi e prestare aiuti di primo soccorso. Questi boda boda conducono le proprie motociclette, indossando pettorine arancioni fluorescenti e caschi arancioni. Il driver ha sempre un casco in più per il passeggero, a cui spesso deve fare un’opera di convincimento per farlo indossare. I conducenti raccontano che le più restie a indossare il casco sono le donne, che accettano con fatica l’idea che sia stato usato in precedenza da altre persone. Per questo, Safe Boda sta pensando di fornire gratuitamente una retina alle clienti, perché indossino il casco senza troppi problemi.

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La start up vuole assicurare corse sicure, e i conducenti firmano un contratto in cui si impegnano a essere puntuali, aver benzina a sufficienza, rispettare il codice della strada e provvedere alla manutenzione dei propri mezzi. È assolutamente vietato sfrecciare sui marciapiedi, a semaforo rosso o portare più di un passeggero.

È possibile poi lasciare giudizi sui propri viaggi e sui driver attraverso l’app e in questo modo si può permettere di capire chi guida in modo più sicuro e sceglierlo per il futuro. Safe Boda può essere una modalità per diffondere e promuovere una cultura di sicurezza per quanto riguarda il traffico e migliorare in questo modo il business.

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Inoltre, uno dei vantaggi della start up è legato al fatto che non apporta maggiorazioni sulle tariffe medie dei tragitti. Gli stessi motociclisti, poi, affermano la positività della start up, sostenendo di guadagnare più di prima, lavorando in condizioni più sicure.

L’ottima risposta sia dei conducenti che dei clienti, i quali hanno maggiore fiducia, è accompagnata da un limite. Safe Boda, essendo una app, presuppone il possesso di uno smartphone. Strumento che molti ugandesi non hanno e non si possono permettere. Safe Boda risulta, quindi, uno strumento efficace, ma per pochi, e per questo motivo sono nate altre iniziative volte a promuovere la sicurezza dei boda boda. L’Asia Injury Prevention Foundation (AIP) ha lanciato Uganda Helmet Vaccine Initiative, programma che prevede un training per 2.000 driver sul codice stradale, sulla prevenzione di incidenti e sulla sensibilizzazione per l’uso del casco. Quella dei training potrebbe essere la strada da seguire per rendere i viaggi sui boda più sicuri.


Carlotta Passerini scrive da Akidebe, in Uganda.

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