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Hati Hati Yuki O, un viaggio alla ricerca dei rituali balinesi.

In questa puntata: da Nusa Penida ritorniamo a Bali alla ricerca del Gamelan. Cos’è il Gamelan? È un’entità o solo un modo per definire un ensemble di strumenti tradizionali? Ce ne parla l’Anom Baris di una delle comunità di Ubud, uno dei maestri suonatori di questo strumento, in un’intervista esclusiva.

Leggi la prima puntata del reportage: Esiste ancora una Bali autentica dietro la maschera per turisti

“Lo sai che certe letture ti portano all’inferno, mano con mano col diavolo in persona? Vestito di cervo, vestito di lepre, vestito di bianco che sembra un prete.”

Non davo mai retta alle filastrocche inventate sul momento da mio cugino, quando a quindici anni ero attratto da certe letture e mi fiondavo sui versi dell’Apocalisse. Scrivevo ogni tanto in greco elementare, convinto che nessuno lo avrebbe capito. Anche G.L.C., il mio professore del semiconvitto, scriveva in greco, sulle mattonelle. Era un intenditore di mare e di navi, di venti, di versi latini e dell’antica Grecia. Mia nonna non sopportava l’idea che della Bibbia volessi leggere solo l’Apocalisse e mio padre sudava di febbre gialla perché mi sentivo affascinato da ciò che stava dietro alle cose. Magia e Sud, un cocktail antico, inebriante, meraviglioso.
Una premessa strana è quella di vedere negli occhi delle maschere del Barong un certo aspetto della tua adolescenza, letta come in un libro scritto. Una premessa strana è quella di partire con i Tarocchi in tasca, perché lì dove andrai, troverai chi ti indicherà una strada che ha a che fare con quelle carte.

Spettacoli durante la Cerimonia al Tempio di Nusa Penida
Spettacoli durante la Cerimonia al Tempio di Nusa Penida

Prima di cominciare a leggere il Ramayana, il poema religioso scritto da Valmiki, l’Omero santifico della religione hindu, apostolo e narratore delle gesta del pio e valoroso Rama, avevo finito di leggere un libro che non ho ancora capito nel profondo e che mi ha scosso qualcosa dentro. Così, Rosenkreutz, i Tarocchi di Marsiglia, il Ramayana, la trance della respirazione nelle ripetizioni di frasi mongoliche e di certe musiche, preparavano un piatto da mangiare, una strada da cominciare, un percorso da intraprendere. La chimica della mia paura mi proteggeva. La curiosità mi spingeva verso il vuoto.

Nusa Penida
Nusa Penida

A Nusa Penida avevamo perso la cognizione della realtà. Salivamo su e giù per le strade tortuose della foresta abitata. Contadini, vacche, polli, bruchi e spiriti. Una popolazione fitta come il susseguirsi stretto delle note di un gamelan. “Lo senti? Viene da una stanza, da una scuola? Fermati. Entriamo.” C’era una stanza di ragazzi giovanissimi ai piedi della foresta che tocca quasi il mare. I ragazzi di una piccola comunità di uno dei cinque banjar [footnote] Il banjar è il consiglio del villaggio[/footnote] del villaggio si stavano allenando per suonare al tempio, in occasione di una cerimonia (Odalan), che sarebbe avvenuta dieci giorni dopo.

Le prove di gamelan. Un ragazzo mi spiega una delle melodie che stavano usando in un brano
Le prove di gamelan. Un ragazzo mi spiega una delle melodie che stavano usando in un brano

La mia timidezza mi faceva stare immobile. Davanti alla porta d’ingresso giaceva un vecchio, seduto per terra come un guardiano. Portavo sempre con me un registratore portatile con microfoni a condensatore, con cui ho registrato tutto quello che attirava la mia attenzione: un ruscello, gli animali della foresta, una cascata, il rumore del mare, l’eco delle caverne profonde di Giri Putri Cave (un tempio protetto dalla pancia di una montagna).

Ho acceso il registratore per riprendere i suoni meravigliosi che venivano da quegli strumenti. I ragazzini avevano tra gli otto e i tredici anni, non di più, ognuno con una naturalezza e una dimestichezza sullo strumento da lasciarti incantato. Avevano gli occhi delle maschere e il sorriso di uno spirito. L’uomo alla porta aveva la pelle spessa di un pescatore, il viso scolpito dal sole e non proferiva parola.

Chiedo permesso con un cenno del capo, un ragazzo mi invita ad entrare. Accolgono me e Federica come si accolgono gli amici. Faccio qualche domanda sul gamelan, e loro mi mettono a disposizione un kantilan, uno degli strumenti che compongono l’orchestra, responsabile dei suoni più acuti. Mi spiegano le nozioni base: come si divide una successione di note, lo spazio occupato dal gong nelle battute, chi fa il ruolo del basso e chi si dispone in fila di quattro su uno strumento lunghissimo, suonando insieme con gli stessi movimenti del corpo.

Dopo aver suonato con loro, nei limiti di quello che riuscivo a seguire dei loro consigli, torniamo da Jack a raccontargli le ultime nuove. Nusa Penida, in qualche modo che non so spiegare, ci aveva benedetti. Non c’era quasi più motivo di togliersi il sarong,[footnote] Il sarong è un drappo che uomini e donne vestono dalla vita in giù. Viene indossato soprattutto prima di fare ingresso al tempio[/footnote] davanti a un’isola che era tutta un tempio.

Lezioni di gamelan al Tempio di Nusa Penida
Lezioni di gamelan al Tempio di Nusa Penida

Tornare a Bali è stato un po’ come tornare in una grande metropoli. Eravamo quasi scioccati da tanto movimento.

Siamo andati di nuovo a Ubud. Il silenzio in auto era denso come gommapiuma. Insieme alle risposte, erano aumentate le domande, sul Kecak, sul Gamelan, sul Barong. Nusa Penida aveva risposto a una richiesta di autenticità, ma questo grande velo che poggiava sulle nostre teste a Bali, da che parte terminava la corteccia della sua superficie? 

* * *

Nei Kecak turistici possono esserci anche storie diverse, ci ha detto un maestro, perché ogni compagnia che si adopera in una spettacolarizzazione del Kecak ha il libero arbitrio di raccontare una parte del Ramayana che ritiene più opportuna. Si costruiscono delle vere e proprie coreografie.

Ma al di là di ciò che è diventato oggi, da cosa e perché è nato? Il cak, che vuol dire “coro di voci”, può essere considerato un gamelan di voci?

Ida Bagus Gestut Ketut Rajastra, maestro di maschere, ci ha detto che funziona per mezzo di cellule ritmiche, di pattern che si susseguono e che si ripetono di persona in persona. Ogni cellula ritmica è una porzione di frase, che poi alla fine costituisce un tutto, che è quello che il nostro orecchio percepisce durante la performance.

Allo stesso modo, il gamelan è costituito da un insieme di cellule che si incastrano tra loro, formando un unico musicale da un’orchestra di metallofoni (a volte con l’aggiunta di altri strumenti, a fiato e a corda).

Dopo l’incontro con I. B. Gestut, ci siamo imbattuti in una cerimonia che si spostava verso le sabbie di Sukawati. C’era un fiume di motorini, di auto, di uomini, donne e bambini carichi di offerte che si spostava verso la riva di Purnama, dove il mare tocca le sabbie del plenilunio (Purnama vuol dire “luna piena”). La voce del sacerdote guidava le funzioni e le offerte in onore della comunità. Due Barong, Tigre e Maiale, scendevano in riva al mare e si bagnavano i piedi, purificando la comunità. Una piccola pioggia veniva giù in segno degli dèi, prima di aprire il cielo nuovamente al sole (così ci ha detto un uomo della comunità, “si ripete ogni anno, come una benedizione”).

Barong durante la cerimonia di purificazione a Sukawati
Barong durante la cerimonia di purificazione a Sukawati

Ogni cosa sembrava odorare di spiritualità e anche il gamelan odorava di Gamelan, di entità. Volevo saperne di più. Allora ho deciso di scomodare Anom Putra, l’Anom barìs[footnote]Barìs è una danza balinese maschile[/footnote] della comunità centrale di Ubud, maestro danzatore e suonatore di gamelan, per prendere un paio di lezioni di kantilan, entrare nel vivo dello strumento e fargli un paio di domande a riguardo, in una vera e propria intervista, che riporto integralmente qui di seguito.

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Cos’è il gamelan?

Il gamelan è un’orchestra di strumenti. È nato per la prima volta al Nord, con uno stile chiamato Gong Kebyar. Dopo è arrivato anche al sud di Bali, e ora è il nome delle musiche del gamelan e degli strumenti balinesi che lo compongono. Kebyar si riferisce al carattere forte che ha la musica del gamelan.[footnote]Kebyar è un genere musicale di gamelan balinese. Il termine kebyar fa riferimento allo sbocciare, alla fioritura dei fiori. Qui, il termine forte è inteso in senso dinamico e ritmico, esplosivo, come esplosiva può essere la primavera. [/footnote]

Il gamelan è anche un’entità spirituale?

Certo, puoi anche vederla così, perché fa parte sempre delle cerimonie dei templi. Dove c’è una cerimonia c’è un gamelan.

È possibile vedere un’orchestra di gamelan che si esibisce senza danzatori?

Durante una cerimonia ci sono sia l’orchestra di gamelan sia i danzatori, per l’intrattenimento di chi prende parte alla cerimonia. Noi chiamiamo lelambatan le composizioni di gamelan senza danzatori.

È qualcosa che appartiene alla tradizione o è un adattamento contemporaneo?

No, è tradizionale, come gli angklung,[footnote]Gli angklung, più piccoli dei gamelan kebyar, si possono ascoltare durante gli Odalan (cerimonie nei templi) e durante le processioni funebri poiché sono facilmente trasportabili.[/footnote] piccoli gamelan utilizzati per le cerimonie, durante le cremazioni, per i funerali, e non prevedono un’esecuzione con l’ausilio di danzatori.

Nelle cerimonie balinesi ci sono due momenti: un momento strumentale e uno in cui hanno luogo le esecuzioni per l’intrattenimento, quindi fatte di gamelan e danzatori. E, nelle cerimonie, il lelambatan[footnote]Gamelan Gong Kebyar: The Art of Twentieth-Century Balinese Music, di Micahel Tenzer[/footnote] è solo strumentale.

Si utilizzano diverse scale nell’esecuzione di gamelan?

Si, ne utilizziamo diverse. Ci sono quelle del Gong Kebyar [ne fa una imitazione con la voce] e altre ancora. L’Angklung, ad esempio, ha quattro tipi di accordature e le scale sono a sette, a cinque note, come pelog e slendro. Pelog ad esempio ha sette note.

Le esecuzioni di gamelan sono legate a dei riti in particolare?

Ogni rituale ha un suo gamelan. Le musiche per un matrimonio sono diverse dalle musiche per altre cerimonie. Per le cremazioni, ad esempio, lo chiamiamo beleganjur. Oggi quello che hai sentito al funerale era un beleganjur. Lo eseguiamo perché ci dà energia.

Perché è necessario avere una musica che dà forza in questo tipo di celebrazioni?

La gente è triste. È triste la famiglia del defunto. Hai visto la mucca? La portavano a spalla. Se la gente non ha energia, si stanca di portarla a spalla. In questo caso la musica li rende forti.

C’è un’età precisa per imparare a suonare il gamelan, o chiunque a qualunque età può  diventare un musicista?

Chiunque può farlo. Il 70% dei balinesi suona il gamelan, ma non tutti per le performance.

Molti turisti vengono a Bali e tanta gente lo fa per l’intrattenimento. Ogni sera c’è una danza barong, un legong, ma ci vogliono delle ottime capacità per suonare. Devi essere molto capace per suonare un gamelan. Per le cerimonie nei templi, nei piccoli villlaggi, si suona il gamelan, ma lentamente; tutta la gente suona piano come per eseguire un lelambatan. Quello dell’intrattenimento è più veloce (allegro), mentre quello dei templi più lento.

Orchestra di gamelan durante la cerimonia di cremazione a Ubud
Orchestra di gamelan durante la cerimonia di cremazione a Ubud

Che differenze ci sono tra musicisti per l’intrattenimento e musicisti per le cerimonie?

Adesso i giovani vanno a scuola di arti performative. C’è una scuola a Bali per questo, molto specializzata. Si studia filosofia della danza, del gamelan. E poi c’è un’università specialistica per la religione, dove studi il significato di certe cose: dei fiori che la gente nei templi mette all’orecchio durante la cerimonia; perché la musica durante un funerale, perché si esegue durante la cremazione, perché si esegue in quel determinato modo. Studi la filosofia che sta dietro a un rituale. Musica, danza e religione sono strettamente connesse, sempre. L’arte a Bali è ancora viva. Tutte le cerimonie partono dall’arte. Non esiste arte senza religione e religione senza arte.

Anche tutto ciò che riguarda il funerale che hai visto (la mucca, il baldacchino), ogni cosa è fatta ad arte, gli intagli nel legno, anche se poi noi li bruciamo in segno religioso (sorride).

Cerimonia di cremazione a Ubud
Cerimonia di cremazione a Ubud

La mucca ha un significato particolare?

Sì, la mucca è il mezzo di Shiva. È il simbolo della trasmigrazione, attraverso cui la gente ritorna a Shiva. Shiva fa parte della trinità: Brahma è il creatore, Vishnu è colui che si prende cura, Shiva è il cambiamento dell’ordine delle cose. Perché Vishnu è colui che si prende cura? Perché Brahma è il creatore? Questa è filosofia. Quando muori è la mucca che ti riporta a Shiva. Noi crediamo nella reincarnazione. A distanza di tempo può capitare che, quando porti un bimbo da un curatore (healing), lui ti dice “tuo figlio, appena nato, viene da tuo nonno.” E questa è la vita che continua. Siamo dentro a un ciclo.

Quando inizi a suonare e sei un bambino, sei tu che scegli lo strumento o è l’insegnante che ti assegna uno strumento a seconda delle caratteristiche che vede in te?

All’inizio i bambini non ne capiscono bene il significato. A scuola semplicemente suonano.

Oggi i bambini sono anche più svegli di prima, perché sentono suonare sempre il gamelan ad ogni cerimonia e automaticamente fanno ciò che sentono. Prima non era così, era diverso. A volte un bambino è interessato al flauto, altre volte alle percussioni. Quando ti trovi a organizzare un’orchestra, ti accorgi di chi ha le capacità per suonare uno strumento o l’altro. Se è molto capace suonerà il gangsa, o un kendang, se la sua mano è buona per le percussioni. Altrimenti gli assegni il gong, che è più semplice.

Le percussioni invece sono molto difficili da comprendere nell’ensemble. Talvolta sono suonate con le mani, a volte con la bacchetta. È molto dura, soprattutto quando hai da suonare per un’ora, ti stanchi, come quando accompagni i danzatori durante una performance. Per chi suona il gong è diverso, devi stare attento al tempo e scandire le battute in determinati momenti.

Lezione di gamelan a scuola, Ubud
Lezione di gamelan a scuola, Ubud

Oggi, alla cerimonia, dopo un’esplosione strumentale, c’è stato un momento in cui si ripeteva una formula musicale, prima di ripartire nuovamente con un’altra esplosione. E questa formula, questo pattern, sembra quello eseguito a voce nel Kecak, quando tutti si fermano e ne rimangono solo un paio a scandire metricamente un tempo, prima di ripartire nuovamente.

Sì, nel Kecak è simile. Questa parte di qua è molto simile. È una parte in cui ci si riposa, il tenore si abbassa e rimane un piccolo frammento ritmico che si ripete. A volte il Kecak è molto impegnativo, certe volte somiglia al ceng-ceng.[footnote]Il ceng-ceng è uno strumento che fa parte dell’orchestra del gamelan e serve a rinforzare e accentare i pattern ritmici. Molto spesso, la struttura su cui poggiano i piatti di questi cymbals, sono a forma di tartaruga, intagliata nel legno. La tartaruga nella mitologia hindu è l’animale che porta il peso del mondo. [Cfr. Music of the Peoples of the World, di William Alves] L’assomigliare al cheng-cheng è riferito al fatto che l’articolazione dei pattern nel Kecak è così stretta e fitta che può ricordare l’articolazione dei pattern di un cheng-cheng.[/footnote]

Quando la mattina scorsa abbiamo fatto lezione di danza con sua moglie, lei ci ha raccontato che faceva parte di un gruppo di Kecak femminile.

Sì, è vero. È stata una mia idea, prima a Bali non esisteva.

Qual è la necessità di fare un Kecak femminile?

Ho avuto un’ispirazione dalla gente occidentale, perché uomini e donne lavorano in maniera similare, non come qui a Bali. Nel 2006 tornavo da New York e mi venne questa idea. Ho visto uomini e donne lavorare insieme, fare le stesse danze, e da quell’esperienza mi sono chiesto: “Perché le donne a Bali non usano mai fare il Kecak?”

Essendo solo una tradizione maschile il Kecak femminile rompe con le tradizioni?

Non esattamente. Rompe ma è differente. Al ritorno dagli Stati Uniti ho realizzato l’idea di fare un Kecak di sole donne, ma un sacco di gente era pessimista, pensava fosse troppo difficile da realizzare. Ma io ho lavorato tanto con loro e alla fine lo abbiamo fatto. E sono felice che funzioni.

Sukawati. Purnama Beach dopo la cerimonia
Sukawati. Purnama Beach dopo la cerimonia

Quando parliamo del Kecak parliamo di un rito ancestrale. È vero che molti stranieri, stando qui, hanno in qualche modo cambiato la tradizione? Per lei che è un artista balinese, che conosce bene sia le arti tradizionali sia quelle contemporanee, cosa vuol dire che uno straniero, di un’altra cultura, intervenga nella tradizione?

Certe cose sono cambiate, ma la tradizione rimane molto forte. La gente ormai usa un linguaggio contemporaneo, come eseguire un beat diverso di un gamelan, ma la tradizione è sempre viva, perché qui ci sono tante cerimonie. Le cerimonie hanno bisogno sempre della tradizione e quindi del gamelan. Per questa ragione è ancora possibile trovare un autentico Kecak nelle cerimonie. Il più forte secondo me. Non morirà mai, come il Barong.

Quando finiranno le cerimonie, allora finirà tutto.

* * *

Angelo Sicurella (Palermo 1981) è un cantante e musicista impegnato nell’ambito della musica elettronica, del synth pop e della musica sperimentale, nella combinazione di materiali musicali del repertorio della musica classica e della musica sacra e profana con la musica elettronica.

Yuki O
Yuki O

Il suo primo lavoro solista, Orfani per desiderio, è uscito nel corso degli anni 2015/2017, diviso in tre capitoli musicali, seguiti da una trilogia video, diretta dalla regista palermitana Manuela Di Pisa. L’album racconta la vicenda accaduta nel 2013 al largo delle coste di Lampedusa, quando 366 persone morirono in preda a un mare calmo. Il 17 Novembre 2017 è uscito YUKI O, il suo primo LP.

“Da tempo guardavo a Bali come una meta spirituale e ricca di suoni. Questo viaggio è stato importante anche perché ho avuto modo di reperire molto materiale sonoro, dai Gamelan che suonavano per le diverse performance di danza tradizionale, ai rindìk del Teatro delle Ombre, alle conoscenze dirette con musicisti, attori e danzatori balinesi che mi hanno permesso di entrare un minimo in confidenza con i loro strumenti e la loro concezione del mondo dell’arte e della musica. Spero di ritornarci presto e di continuare il lavoro iniziato con alcuni musicisti del luogo. Il materiale che ho raccolto è già un ottimo punto di partenza per porre le basi di un nuovo lavoro, sia esso un disco o uno spunto per le musiche di uno spettacolo di danza contemporanea.”


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