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Il 15 gennaio si festeggia la 103esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Il tema di quest’anno riguarda i migranti minori, vulnerabili e senza voce.

Secondo i dati Unicef quasi 25.800 minori soli non accompagnati sono sbarcati in Italia durante il 2016, il doppio rispetto all’anno precedente.

Sono il 90% di tutti i minorenni arrivati nel nostro paese (28200) nello stesso anno.

Il decreto legislativo del 18 agosto 2015 142/2015, all’articolo 2 lett. e) definisce il minore non accompagnato come “lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale.”

I minori soli provengono solitamente da Eritrea, Egitto, Gambia e Nigeria. Sono soprattutto maschi e hanno fra i quindici e i diciassette anni. Non mancano, però, le bambine, in larga parte nigeriane, che vengono avviate alla prostituzione una volta arrivate.

unicef

Lucio Melandri, Unicef Senior Emergency Manager, dichiara che “la presenza di un numero così alto di bambini non accompagnati o separati lungo la rotta del Mediterraneo Centrale non ha precedenti” e che “è necessario sviluppare un sistema organico di protezione e monitoraggio per proteggerli”.

Le motivazioni che si celano dietro al viaggio della speranza dei migranti soli possono essere le più svariate. Alcuni hanno perso i genitori nel paese di origine, prima di partire. Altri li hanno persi nel corso del viaggio. Altri ancora hanno i genitori, a casa, e sono stati avviati al viaggio perché una volta arrivati potranno fare domanda per il ricongiungimento familiare.

I minori soli, come spesso succede ai migranti, non sempre hanno con sé documenti.

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Molti di loro non sono a conoscenza del fatto che, essendo minorenni, avrebbero diritto a un’accoglienza specifica, a un percorso alternativo. Anzi, pensano di trovarsi in una condizione sfavorevole per via della loro età. Per questo motivo molti una volta arrivati in Europa si dichiarano maggiorenni.

Non avendo documenti, sono sottoposti a controlli medici per verificare l’età che dichiarano. Il controllo più utilizzato è la valutazione della maturazione ossea del polso e della mano. Questo metodo, però, ha un margine di errore di due anni. Quindi, un ragazzino di sedici anni potrebbe facilmente risultare diciottenne e viceversa.

Il metodo, inoltre, si basa su standard datati: veniva utilizzato per studiare i disordini dello sviluppo nei bambini americani nel periodo fra i due conflitti mondiali. Può esservi poi anche un errore nel referto da parte degli operatori.

Il 6 gennaio 2017 è entrato in vigore il provvedimento d.p.c.m. n 234/16 che identifica un metodo più completo per l’accertamento di età dei minori non accompagnati vittime di tratta. Secondo il regolamento, per determinare l’età di un migrante si procederà attraverso una procedura multidisciplinare, condotta  da  personale  specializzato  e  secondo procedure appropriate, che tengano  conto  anche delle  specificità’ relative all’origine etnica e culturale del minore.

Il decreto stabilisce che solo quando vi siano dubbi fondati sull’età del migrante un giudice competente può autorizzare la procedura per l’accertamento dell’età.

L’applicazione di questo metodo deve avvenire in una struttura sanitaria pubblica grazie a un’équipe multidisciplinare scelta dal giudice. Il minore viene sottoposto a un colloquio sociale, una visita pediatrica auxologica, una valutazione psicologica o neuropsichiatrica. Il tutto in presenza di un mediatore culturale che ha il compito di informare adeguatamente il migrante su ciò che sta accadendo.
Durante le analisi, il migrante viene considerato come minore per poter accedere all’accoglienza specifica. Nel caso in cui rimanga un margine di dubbio, nella relazione conclusiva l’età del minore viene definita come presunta.

L’entrata in vigore di questo provvedimento ha suscitato critiche da parte delle associazioni e organizzazioni che si occupano di migranti minori in quanto sembra tutelare solo i minorenni vittime della tratta. Le associazioni chiedono che il regolamento venga applicato a tutti i minori soli, senza differenziazioni. Questo provvedimento tutelerebbe infatti quasi esclusivamente le bambine non accompagnate, mentre i bambini, spesso non riconosciuti come vittime, sarebbero esclusi. Inoltre, se risultati maggiorenni dalle analisi fatte, potrebbero non aver diritto all’accoglienza speciale per i minori e trovarsi a vivere per strada, dove i rischi di essere sfruttati sono maggiori, oppure finire in un CIE ed essere poi espulsi.

Diverse organizzazioni richiedono che il d.p.c.m. n 234/16 venga applicato a tutti i minori per consentirne un’efficace identificazione, per tutelarne i diritti riconosciuti dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, dal diritto comunitario e dalla normativa interna.