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Parlando nella sala del mappamondo alla Camera, il ministro dell’Economia Giorgetti ha difeso le proprie politiche per l’austerità, giustificando tagli e mancati finanziamenti ai limiti del punitivo. Indorare la pillola non cambia il dato di fatto: per i prossimi 3 anni ci sono 7,7 miliardi di tagli lineari ai ministeri da digerire. Cosa si salva, al ministero, non importa molto — i dicasteri saranno liberi di salvare quello che ritengono, basta che rispettino i limiti imposti dall’austerità. Per gli enti locali i tagli sono altrettanto duri: meno 5,6 miliardi sempre in 3 anni. L’unica cosa che cresce è la spesa militare — ma comunque non abbastanza per rimanere al passo delle richieste della NATO e di Trump, che pretendono il 2% del PIL, un obiettivo che Giorgetti ha descritto come “non del tutto compatibile con vincoli della governance europea.” Durante l’interrogazione, il ministro è stato particolarmente autoritario in merito ai tagli sugli enti locali, che “devono capire che in passato hanno ricevuto stanziamenti a fondo perduto e non replicabili”: “Un ritorno alla normalità credo sia dovuto” — Giorgetti si riferisce al PNRR, ma in realtà siamo già al secondo anno di tagli ai fondi regolari degli enti locali, per cui c’è nessun “ritorno” alla normalità, ma tagli che avranno conseguenze nette sulla vita delle persone. A un certo punto dell’audizione, Giorgetti ha sospirato che “dobbiamo liberarci del fardello del debito.” “Sogno un debito al 60% del Pil, come in Germania. Così si libererebbero risorse per 45 miliardi in termini di interessi da poter spendere per scuola, sanità, pensionati.” Ma cosa si può fare per far crescere il Pil? Non è un problema di Giorgetti: “La politica industriale la fanno le imprese, non lo Stato.” “Lo Stato può intervenire quando serve, ma senza gli imprenditori tutti gli interventi di politica dello Stato sono fallimentari.” “È la storia che l’ha dimostrato,” ha sbottato il ministro facendo riferimento ai tantissimi investimenti andati perduti in sostegno alla FIAT, ora Stellantis.

I tagli imposti dal ministero dell’Economia hanno comportato una riduzione dei fondi messi a disposizione per la realizzazione di importanti infrastrutture pubbliche: la più rilevante è forse la metro C di Roma, i cui lavori procedono da quasi vent’anni ma che ora potrebbe vedere ridotto il numero delle nuove fermate realizzate. Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha criticato la decisione del governo: “Tagliare gli investimenti è sbagliato, e i tagli lineari per di più creano pasticci come questo.” Una parte dei lavori infatti sono già iniziati, e la chiusura dei rubinetti potrebbe costringere a modificare il tracciato in corsa, magari rimuovendo una stazione o scavando solo le gallerie in attesa di nuovi fondi per la realizzazione delle stazioni in futuro. Nonostante qualcuno abbia visto l’ennesimo esempio del vizio del governo di essere un po’ avaro con le amministrazioni non di destra, il ministro degli Esteri Tajani ha chiesto alla propria maggioranza di ripensarci. Giorgetti alla Camera ha parlato anche di questo, dicendo che “l’opera è meritoria e vediamo di trovare il modo, in base alle regole contabili perché gli stanziamenti vegano fatti ma non si bruci spazio fiscale di bilancio.” “La logica che sta dietro le nuove regole, che piacciano o non piacciano, a me alcune sembrano assurde,” ha sbottato poi il ministro, “è che bisogna stanziare delle spese quando si è sicuri che possano essere fatte altrimenti quello spazio fiscale viene sostanzialmente bruciato. Aiutate il ministro dell’Economia a fare bella figura, a vincere il Nobel dell’austero a Bruxelles.” Il nuovo Patto di stabilità comunitario, è bene ricordarlo, è stato firmato proprio da Giorgetti e Meloni.

A proposito di Giorgetti: il governo ha deciso di alzare le tasse sulle criptovalute — proprio mentre negli Stati Uniti i cryptobro mettono le mani sul potere — e il ministro ha dovuto motivare la decisione. Giorgetti si è detto “disponibile a forme di tassazione diverse per le cripto attività rispetto alla loro permanenza nel portafoglio. Quello che va tassato di più è la speculazione, quello che va agevolato è l’investimento di lungo termine.” HODL, insomma. Lo stesso partito di Giorgetti, la Lega, ha infatti criticato l’aumento delle tasse sulle criptovalute. Il ministro sembra anche scettico sulla possibilità di raggiungere celermente l’obiettivo di raggiungere il 2% di Pil in spese militari come chiesto dalla Nato — e come è tornato di colpo attuale con l’elezione di Trump negli Stati Uniti. Giorgetti l’ha definito “molto ambizioso e non del tutto compatibile, sotto il profilo delle coperture, con il quadro vigente della governance europea.” Al momento sembra che gli investimenti militari arriveranno all’1,61% nel 2027. Secondo il ministro della Difesa Crosetto, il 2% “non è un obiettivo, ma un requisito minimo.”


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