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in copertina e all’interno, foto Media Center Occupato

L’occupazione del liceo Manzoni, che durerà una settimana e si svolgerà in piena sicurezza anti–contagio, chiede più sostegno psicologico e una scuola riformata dopo l’esperienza della didattica a distanza

Ieri gli studenti del liceo classico Manzoni di Milano, dopo un’assemblea nel cortile dell’istituto, hanno deciso di occupare la scuola per tutta la settimana. Come si legge nel comunicato, gli studenti sono delusi dalla gestione dei contagi e dall’incompetenza politica nelle decisioni riguardanti l’istruzione. 

“Dal ritorno dopo la didattica a distanza abbiamo visto una scuola che continuava a non prestare attenzione alle esigenze degli studenti e delle studentesse. Siamo tornati in un clima nel quale la Dad è come se non fosse mai esistita, e invece c’è stata, e questo non si può non tenere in considerazione,” ci spiega uno dei rappresentanti d’istituto, “abbiamo occupato anche perchè all’interno della nostra scuola c’è un clima di difficoltà per quanto riguarda il rapporto e il dialogo tra la componente studentesca e la parte invece istituzionale della scuola.” 

foto Media Center Occupato

Il Manzoni ha ricevuto messaggi di supporto da scuole di tutta Italia, segno di un’insofferenza generale nel corpo studentesco. Gli studenti si sentono abbandonati e denunciano la cecità della classe politica, che non è riuscita a compensare i disagi causati dalla pandemia — in particolare psicologici. “Abbiamo avuto anche diverse problematiche legate alla salute mentale che non vengono considerate o in generale neanche indagate,” continua il rappresentante, “siamo stati noi, rappresentanti d’istituto, insieme al collettivo, a dover fare un sondaggio per capire quale fosse la situazione.” Come si è visto anche nella legge di bilancio, l’impatto delle restrizioni di questi ultimi anni sulla salute mentale non è stato preso in considerazione dagli attori politici. Il bonus psicologico è saltato e con esso anche il supporto alle fasce più giovani che si sono viste la vita fossilizzarsi dentro uno schermo. La Dad ha creato molte lacune nell’apprendimento, ma anche nella socialità. Lo stress dell’isolamento da lockdown si è sommato a quello del ritorno in classe. Le mancanze non sono state colmate, si è andati avanti come se nulla fosse successo. 

Una ragazza del Collettivo Politico Manzoni ci ha spiegato che “questa noncuranza causa stress, un effetto malsano anche solo nell’andare a scuola, dal momento che si esercitano determinate dinamiche per le quali la valutazione va oltre l’effettiva considerazione dell’alunno. Come molti altri miei amici e amiche ho vissuto la Dad come una vera e propria alienazione, una disgiunzione dalla realtà che li ha portati a non essere più abituati a momenti di socialità e di aggregazione. Anche per questo abbiamo occupato la scuola, per ricreare momenti in cui ci riprendiamo la scuola aggregandoci in sicurezza.”

foto Media Center Occupato

La parola d’ordine infatti è occupazione sicura, anche per controbattere alle illazioni che da inizio pandemia indicano i giovani come untori. D’altronde, come ha mostrato una ricerca del magazine Nature, le scuole se messe in sicurezza non vanno considerate hotspot di contagi e i focolai che si verificano all’interno coinvolgono un numero basso di persone. Per gestire in maniera ordinata le assemblee, all’interno del liceo non sono ammessi ospiti esterni, è obbligatorio l’uso della mascherina FFP2 e l’accesso alle aule è contingentato. Gli occupanti del Manzoni vogliono così mostrare un’alternativa al sistema scolastico attuale che cerchi di conglomerare socialità, sicurezza e apprendimento critico in opposizione a un modello che, come afferma il rappresentante d’istituto, “ha come unico obiettivo l’ossessiva valutazione basandosi su delle nozioni sterili e acritiche.” Le giornate sono divise in due fasce orarie che propongono collettivi e laboratori riguardanti tematiche che spaziano dall’attualità alla filosofia, ma coinvolgono anche attività sportive — tra questi anche quello di Libera. Le attività si propongono di mettere in dubbio la frontalità delle lezioni per mostrare come un dialogo tra pari sia un efficace veicolo di apprendimento. “Momenti come questi sono importanti sia per l’unione che si crea tra studenti e studentesse ma anche per la controinformazione che si fa all’interno di questi spazi,” evidenzia la studentessa membro del Collettivo, “sedersi su un banco e ascoltare una lezione tra pari tenuta da altri studenti magari anche più piccoli di te permettono di uscire dal solito paradigma banchi-studio-professori.”

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