in copertina, foto via Facebook
La sanatoria prevista dal “decreto rilancio” esclude interi settori lavorativi e, soprattutto, non affronta il problema alla radice
Dopo un lungo tira e molla all’interno della maggioranza, è stato finalmente approvato il decreto rilancio, al cui interno è contenuta la sospirata “regolarizzazione” dei lavoratori stranieri. La misura è stata fortemente caldeggiata dalla ministra Bellanova, che alla fine è riuscita a portare a casa un accordo ai parlamentari 5 Stelle.
Il provvedimento, però, non fa abbastanza per andare ad affrontare tutte le problematiche dello sfruttamento e del lavoro nero a cui sono sottoposti i lavoratori stranieri sul territorio italiano. Andremo a capire perché questa, in realtà, sia solo una vittoria di facciata, che rischia di non avere effetti profondi su situazioni disumane.
È importante anche capire come i provvedimenti presi dai governi italiani sulle migrazioni nell’ultimo quarto di secolo siano tutti impostati sulla subordinazione dei diritti umani al lavoro, e dunque alle necessità dei padroni. Il decreto appena approvato non fa eccezione, inserendosi nel grande e disastroso solco tracciato diciotto anni fa dalla legge Bossi-Fini — che sarebbe ora di abolire.
Ma non basta. è ora di dare il diritto di voto in Italia ai lavoratori stranieri. Solo così sarà possibile avere uno strumento con cui provare davvero a porre un freno allo sfruttamento e al caporalato. Del resto, l’Italia nel 1992 ha firmato una carta europea con cui si impegnava a legiferare in questa direzione. Qualcuno ne ha più sentito parlare?
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In questa puntata sono con voi: Stefano Colombo @stefthesub e Sebastian Bendinelli @sebendinelli. Per non perderti nemmeno un episodio di TRAPPIST, abbonati su Spotify e Apple Podcasts.