in copertina, foto via Twitter
Questa è Hello, World!, la nostra rassegna mattiniera di attualità, cultura e internet. Tutte le mattine, un pugno di link da leggere, vedere e ascoltare.
Con il 92% dei voti contati, Netanyahu è dato in leggero vantaggio su partito “centrista” Blu e bianco di Gantz. Se le percentuali si confermassero queste non servirebbe comunque a niente: entrambi i partiti si fermano a 32 seggi, ben lontani dai 61 necessari per avere la maggioranza della Knesset. Netanyahu dovrà provare di nuovo a formare una coalizione di governo. (the Times of Israel)
Ma sommando i seggi dei partiti che hanno preannunciato supporto a un nuovo governo di Netanyahu, una maggioranza non c’è lo stesso. Secondo le proiezioni di Haaretz la coalizione avrebbe conquistato solo 56 seggi. In un discorso al termine del voto, il Primo ministro non ha dichiarato la propria vittoria né ammesso la sconfitta, ma ha chiesto la formazione di un “forte governo sionista.” (Haaretz)
Per contesto: la coalizione parte su basi più sicure rispetto allo scorso aprile, quando Netanyahu poteva contare solo su 45 seggi totali, ma il ritorno al voto è costato al Likud almeno tre seggi. (the Times of Israel, 17/04/2019)
Trovare i cinque voti rimanenti non sarà facile: queste elezioni, dopotutto, sono state necessarie proprio perché Netanyahu non è riuscito a formare una maggioranza. Il terzo partito, molto indietro rispetto a Likud e Blu e bianco, è la Lista comune, la coalizione dei partiti che rappresentano gli arabo–israeliani. Lista comune dovrebbe conquistare tra gli 11 e i 13 seggi, e potrebbe giocare un ruolo importante nell’impedire a Netanyahu di formare una maggioranza. (Middle East Eye)
Come scrivevamo giorni fa, lo slittamento verso destra della politica israeliana è profondissimo: perfino il “centrista” Gantz, che nella stampa internazionale qualcuno si avventura perfino a definire di “centrosinistra,” è a favore dell’annessione della valle del Giordano. La soluzione dei due stati, con la ricostituzione di uno stato palestinese entro i confini precedenti alla guerra del 1967, è supportato solo dalla Lista comune, dall’alleanza dei partiti di centrosinistra e dai laburisti. Questi ultimi due tradizionalmente appena sopra la soglia dello sbarramento. (Al Jazeera, 12/09/19)
Ravit Hecht, su Haaretz, apre a uno scenario alternativo: un governo di unità nazionale, senza Netanyahu. Per farlo, però, servirebbe una svolta drastica all’interno di Lista comune, che dovrebbe accettare di sostenere un governo guidato da Gantz pur di dare il colpo di grazia al proprio avversario storico. Si tratterebbe di una grossa compromissione, ovviamente, ma Hecht conclude: non ci sono vincitori in queste elezioni. (Haaretz)
Qualcosa in questo senso si sta muovendo, e Gantz sembra effettivamente aver aperto a un governo che comprenda Lista comune. Uno scenario che ha lasciato Avigdor Liberman di Yisrael Beiteinu – di ultradestra — costernato: Liberman, che ha negato la maggioranza a Netanyahu ad aprile e che è visto a livello internazionale come possibile “kingmaker,” è interessato a partecipare solo a un governo di unità nazionale con Likud e Blu e bianco insieme. (the Jerusalem Post)
Tra gli eventi della giornata c’è anche la sospensione da parte di Facebook di un chatbot del Likud, il partito di Netanyahu, che inviava ai sostenitori del partito aggiornamenti su sondaggi d’opinione in pieno silenzio elettorale. Il chatbot è tornato online poche ore dopo. (Al–Araby Al–Jadeed)
Mondo
Felipe VI ha annunciato che non proporrà un nuovo candidato per formare un governo di coalizione dopo il fallimento di Pedro Sánchez. Così la Spagna si dirige verso la quarta elezione in quattro anni: la prima data per il ritorno al voto potrebbe essere il 10 novembre. Resta aperto solo uno strettissimo spiraglio: il re potrebbe nominare un nuovo candidato entro la mezzanotte del 23 settembre, ma lo farebbe solo se ci fosse un nome indicato dai partiti stessi capace di trovare una maggioranza in parlamento. (El País)
Niente da fare, Corbyn ha ripetuto di nuovo la propria intenzione di rimanere “neutrale” in materia di Brexit. Il leader del Labour ha accettato di fare propria la proposta di un secondo referendum, e ha già annunciato che se sarà al governo cercherà di negoziare una Brexit che mantenga il Regno Unito all’interno di un’unione doganale con la Ue. Ma per il resto non si sbilancerà, senza prendere una posizione netta in materia. (the Guardian)
La smania guerrafondaia statunitense si è calmata? Probabilmente no, ma per ora sembra esclusa una reazione immediata e nervosa contro l’Iran in seguito agli attacchi in Arabia Saudita. I leader dell’esercito statunitense avrebbero fornito a Trump “un menù” di possibili operazioni contro Teheran, da cyberattacchi ad attacchi fisici, compresi lanci missilistici. Non ci sono però indicazioni, scrivono Josh Lederman, Courtney Kube e Carol E. Lee, che un’azione militare sia imminente. (NBC News)
A non calmarsi, invece, è l’odio di Trump per i poveri. Il presidente ha aspramente criticato le città californiane, in particolare Los Angeles e San Francisco, per il loro problema con le persone senza fissa dimora. Il problema, ovviamente, non è che queste persone siano in difficoltà, esposte alle intemperie, con effettivamente zero possibilità di lavoro e interazione con la società. No: il problema è che vivono “nelle nostre strade migliori, vicino agli ingressi dei nostri migliori palazzi.” Trump ha sottolineato che molte delle persone senza fissa dimora arriverebbero “da altri paesi,” e si sarebbero spostate nelle grandi città californiane “per il loro prestigio.” (Los Angeles Times)
Continuano dalla settimana scorsa in Venezuela le esercitazioni militari al confine con la Colombia. La tensione tra i due paesi non potrebbe essere più alta, ma le possibilità di un conflitto armato restano basse, per ora. Secondo Sabine Kurtenbach, vicedirettrice dell’istituto per gli studi latinoamericani di Amburgo, una delle variabili più importanti nel pesare la possibilità di una guerra tra paesi latinoamericani è il recente licenziamento di John Bolton, che sembra segnalare che gli Stati Uniti non siano interessati ad agitare nuovi conflitti. (DW)
Italia
Nella notte tra il 16 e il 17 la Guardia costiera italiana ha soccorso in acque maltesi 90 migranti su un’imbarcazione in difficoltà. A darne notizia è stata su Twitter l’Ong Alarm Phone, prima ancora che la Guardia costiera stessa. Dopo un rifiuto iniziale, Malta ha accettato di farli sbarcare sull’isola. (Twitter / ANSA / Adnkronos)
Intanto, la nave Ocean Viking di SOS Méditerranée e Medici Senza Frontiere ha soccorso 109 persone in due distinte operazioni di salvataggio al largo della Libia. (Rai News)
?Poco dopo l’operaz. di soccorso di stamattina, @SOSMedItalia e @MSF_Sea hanno completato un 2º soccorso. 61 sopravvissuti sono stati salvati da un gommone in pericolo in acque internaz. a 60 miglia a largo delle coste libiche. 109 sopravvissuti ora a bordo della #OceanViking pic.twitter.com/v9hs96Dquv
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) September 17, 2019
Soccorsi in mare e sbarchi continuano ad essere fonte di imbarazzo per il governo, che non ha ancora deciso quanto allontanarsi dalle politiche salviniane. Il tema sarà al centro dell’incontro di oggi tra Conte e Macron, che però ha fatto sapere di non essere disponibile a rivedere il criterio dell’approdo sicuro più vicino. Il presidente francese ha annunciato, in generale, una linea più dura sull’immigrazione, nella speranza di strappare voti all’estrema destra di Le Pen — una strategia che finora ha funzionato magnificamente! (HuffPost / RFI)
Insieme a Macron, Conte incontrerà anche il premier del Governo di accordo nazionale libico Fayez al-Serraj. (Agenzia Nova)
(Gli annunci di Macron su come un atteggiamento troppo morbido verso gli stranieri abbia allontanato i voti delle classi popolari dai partiti centristi sono arrivati mentre la polizia in tenuta antisommossa iniziava le operazioni di sgombero di un accampamento informale di migranti a Dunkerque, abitato in gran parte da curdi iracheni intenzionati a raggiungere il Regno Unito.) (BBC News)
A proposito di Macron: ieri Matteo Renzi è andato a Porta a Porta a lanciare il suo partito, che — è ufficiale — si chiamerà Italia Viva. Renzi sostiene che “il partito novecentesco non funziona più: voglio fare una cosa nuova, allegra e divertente.” Ok. (la Repubblica)
Ovviamente la comparsa di un nuovo partito renderà ancora più precario l’equilibrio del governo. A porte chiuse Conte si è mostrato costernato, nonostante le pubbliche rassicurazioni di Renzi sulla tenuta del governo — del resto Renzi è noto per essere un politico molto rispettoso della parola data. (Corriere della Sera)
Ma quanto peso effettivo avrà Italia Viva in Parlamento?
Non poco: sia in Senato, dove i suoi voti sono decisivi per il governo, sia nelle varie commissioni: ad esempio, nella commissione incaricata di preparare la legge finanziaria. (HuffPost)
Milano
Ieri un ventitreenne yemenita ha aggredito con una forbice un militare in stazione Centrale, e in seguito avrebbe gridato “allahu akbar.” È stato arrestato e gli è stata contestata l’accusa di aver agito a scopi terroristici. Ovviamente la destra ha colto la palla al balzo per tentare il solito shitstorm. (la Repubblica Milano)
Questo tizio ha bloccato la circolazione della metro perché gli erano caduti due euro sui binari e lui giustamente è andato a riprenderseli. Non dite che non ci avreste pensato anche voi. (Milano Today)
Cult
I problemi di essere una ex-spia USA e di scrivere un libro: in teoria, prima della pubblicazione, bisognerebbe far leggere le proprie bozze alla NSA o alla CIA. Ma Edward Snowden, ovviamente, ha deciso di non farlo. (the Verge)
Vi siete mai chiesti perché i bambini trovano la maggior parte delle “cose preistoriche” nascoste nel terreno? A quanto pare ci sono delle buone ragioni. Cercate di prendere esempio. (Atlas Obscura)
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Gif di Zsizannak
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