Diaframma è la nostra rubrica–galleria di fotografia, fotogiornalismo e fotosintesi. Ogni settimana, una conversazione a quattr’occhi con un fotografo e un suo progetto che sveliamo giorno dopo giorno sul nostro profilo Instagram e sulla pagina Facebook di Diaframma.
In questa puntata incontriamo Luigi Stranieri, fotografo e casalingo, che ci mostra attraverso i suoi scatti la sua vita domestica, da uomo di casa, in Giappone.
La sincerità nella maggior parte delle occasioni è l’arma migliore per affrontare le nostre paure, le nostre relazioni con gli altri e con la società. La sincerità prevede però una cosa che rimane più nascosta, ovvero la predisposizione di chi è dall’altra parte a volerla recepire questa sincerità. Ho dovuto sfogliare una prima volta e poi una seconda volta questo libro per riuscire ad entrare in sintonia non tanto con le fotografie o le storie che si nascondo dietro gli scatti, ma con la persona che ha deciso di raccontare la propria vita. Il lavoro di Luigi ci permette di soffermarci sui dettagli del quotidiano senza troppi fronzoli, registrando esattamente quello che succede all’interno dei muri della propria casa. Potete trovare qui il libro.
Cosa ti ha portato a voler raccontare la tua vita in prima persona?
Tornato in Giappone (2016) dopo una decina di anni passati in Italia ho avuto quasi subito l’opportunità di partecipare ad un workshop online di Silvia Bigi dal titolo Ho.me. Quella è stata la scintilla che mi ha fatto entrare in contatto con me stesso e la mia nuova vita. Ho continuato a fotografare la mia quotidianità fino ad oggi. Quello che mi spinge maggiormente ad andare avanti è la voglia di testimoniare un tempo ben definito, questo dove sono ora.
Non lo nascondi nelle fotografie e non lo nascondi nei testi del libro della tua vita da casalingo. Cosa significa per te e come sei o siete arrivati a questa scelta?
La scelta è stata un po’ obbligata e sapevo già prima di tornare in Giappone che una volta rientrato avrei dovuto accettare questa condizione. Mia moglie è impegnatissima in azienda e qualcuno doveva pur occuparsi delle bambine; naturalmente viene di conseguenza che bisogna poi lavare piatti, spolverare, rifare i letti, fare la spesa ecc. ecc.
Dirti cosa significa per me è più complicato. Premetto che da parte della mia famiglia mi sento apprezzato e valorizzato sotto tutti i punti di vista. Il problema forse è in me, ovvero forse sono io che mi giudico troppo severamente e che trovo spesso inutile quello che faccio. Sarà importante in futuro convincermi del fatto che il mio ruolo è importante tanto quello di mia moglie.
Che differenza c’è tra l’Italia e il Giappone nel pregiudizio?
Il pregiudizio in Giappone è silente e serio. Se in Italia leggo spesso commenti di scherno, in Giappone si finisce sempre sul discorso “onore” e “dignità.” Sono parole spesso pesanti che colpiscono un nervo scoperto, cioè quello che dovrebbe essere il mio ruolo in famiglia. In Giappone è molto frequente sentire donne che si sposano proprio perché non vorrebbero lavorare più. È piuttosto comune quindi per gli uomini sposarsi e caricare le mogli della totale gestione della casa e dell’educazione dei figli. Anche la mia costante presenza a scuola per le tipiche riunioni è vista come una cosa che dovrebbe fare una donna. La grande differenza sta forse nella fortissima impronta maschilista della società giapponese.
Che significato assume la fotografia in tutto ciò?
Prima accennavo che la vuole essere prima di tutto una testimonianza. Sono testimone di me stesso, non voglio dimenticare e anzi, voglio fortemente fermare questo periodo della mia vita in cui ho la grande opportunità di conoscere le mie figlie, di creare rapporti inusuali fuori dalle mura di casa. La fotografia in tutto questo è lo strumento privilegiato. Fondamentale per me è anche il racconto che non potrebbe esistere senza la fotografia. Ho deciso per una fotografia semplice che portasse le persone nella mia casa casa così come la vedo io. Passo molto tempo con la macchina a portata di mano per fermare quei momenti a volte cruciali, a volte banali. La fotografia è il portale che uso per osservare dentro la mia stessa casa.
Cosa dice la tua famiglia di questo lavoro?
Devo dire che la mia famiglia ha preso questo lavoro con grande entusiasmo. All’inizio ero preoccupato per mia moglie perché non sapevo quanto fosse difficile per lei ascoltare quello che io avessi da dire. Invece mi ha sorpreso con estrema dolcezza, ha apprezzato soprattutto il “capitolo” dedicato a lei e appreso a pieno le mie emozioni. Lei è quella che mi dice ogni giorno quanto sia importante il mio ruolo, mi da forza e ha molta fiducia in me. Le mie figlie invece sono piuttosto abituate a vedermi per casa con la macchina fotografica. La più grande mi ha detto che pensava da tempo che avrei dovuto farne un libro o qualcosa del genere.
Il lavoro è stato curato da Silvia Bigi; quale valore ha un contributo esterno in un lavoro così personale?
Silvia è stata fondamentale. Abbiamo da subito avuto sintonia su quello che sarebbe dovuto diventare questo lavoro. Silvia ha una visione molto raffinata, il suo sguardo “esterno” ha dato al lavoro il giusto bilanciamento tra emozioni e logica delle cose. Molto importante è stato il suo punto di vista sulla condizione degli uomini della nostra epoca avendo lavorato a un progetto che affrontava le stesse problematiche. Anche la sua esperienza di artista è stata preziosa per creare un racconto visivo che potesse diventare poi un libro a tutti gli effetti.
Luigi Stranieri nasce a Napoli nel 1972. Nel 1997 si trasferisce in Giappone, dove si sposa. A Nagoya apre un Centro di lingua e cultura italiana che gestisce fino al 2006, anno in cui si trasferisce nuovamente in Italia, precisamente a Bologna, dove lavora come Licensing Manager nel settore moda. Comincia a fotografare nel 2013. Nel gennaio 2016 viene selezionato per la mostra collettiva Impermanenze a cura di Silvia Bigi presso la galleria Lilith, Ravenna. Nello stesso anno il suo lavoro RA8 – under the sea level fa parte di una seconda mostra collettiva al Semplicemente Fotografare Live di Novafeltria. Ha frequentato corsi e workshop, tra cui il corso annuale del Prof Yamada Ko presso il PACCell Studio di Nagoya. Nel 2017 è vincitore del concorso Anatomie#2 di Percorsi Fotosensibili. Nel 2016 si torna a vivere in Giappone con la moglie – chiamata ad occuparsi dell’azienda di famiglia – e le tre figlie. Nel 2018 pubblica il suo primo libro, Itsu mo arigatou, e il suo lavoro è selezionato da Fotografia Europea Circuito OFF tra le mostre online.