Venerdì 20 aprile è stata inaugurata la 13° edizione di Fotografia Europea, festival di fotografia di Reggio Emilia. Il tema di quest’anno è “RIVOLUZIONI — Ribellioni, cambiamenti, utopie.”
Come spiega Walter Guadagnini, curatore del festival, si tratta di “un’edizione che può dunque porsi sotto l’egida della “rivoluzione dello sguardo e della visione.” Le domande a cui cerca di rispondere il festival attraverso il programma espositivo sono tante: “Come rappresentare fotograficamente la rivoluzione oggi insieme e al di là del tradizionale reportage? E soprattutto, che significato può avere oggi il termine rivoluzione? Chi è il rivoluzionario, oggi?”
Fotografia Europea è un appuntamento fisso per tanti appassionati di fotografia — è un festival che caratterizza la città e, soprattutto con il weekend inaugurale, se ne impossessa letteralmente. Migliaia di persone invadono le strade di Reggio Emilia.
Le fotografie invadono tutti gli spazi grazie agli autori e le mostre ufficiali nelle sedi di maggiore prestigio, le open call che avvicinano soprattutto il pubblico giovane e il circuito Off che raccoglie le idee, gli stimoli, la passione e la creatività di tanti fotografi.
Tra gli autori del programma ufficiale ci sono Mishka Kenner con l’installazione “seven seas and a river.” Si tratta di otto riprese video in live streaming in altrettanti punti del mondo. Ogni videocamera riprende costantemente un paesaggio marino. Una volta al centro degli schermi ci si trova in un solo momento in tutti gli angoli del mondo, e il mare prende il sopravvento, una tensione che pone lo spettatore ad immaginare e provare emozioni in base allo schermo e dunque lo scenario che gli si presenta di fronte: freddo e caldo, sole e luna e così via. Ma il mare, il vero e unico soggetto che l’autore ha deciso di riprendere, è la metafora con cui si indagano diversi temi del contemporaneo: “nel profondo sappiamo che la nostra stessa sopravvivenza è minacciata dall’innalzarsi del livello delle acque.”
È presente in mostra anche una grande retrospettiva sugli esordi di Joel Meyerowitz, che racchiude oltre 120 fotografie, dalla street-photography degli anni ’50 ai monumentali scenari della costa atlantica degli anni ’70. Si ha così la possibilità di vedere la trasformazione del linguaggio, dei temi, dei metodi e dell’attrezzatura che l’autore ha attuato nel corso di questo primo ventennio di carriera.
Una mostra sicuramente degna di nota per ricchezza di materiale è quella sull’Iran, che racconta la storia del paese, soprattutto di Teheran, a partire dalle prime fotografie scattate alla città fino alla rivoluzione islamica del 1979 per concentrarsi poi su alcuni autori contemporanei. A chiudere il percorso una collettiva di studenti del College of Fine Arts dell’università di Teheran.
Segnaliamo inoltre la mostra di Francesca Catellani e quella dedicata al fotoromanzo. Quella che con maggiore entusiasmo ci permettiamo di consigliarvi è però la mostra di Clément Cogitore. Si trova all’interno dello Spazio San Rocco, dove si accede attraverso una piccola tenda nera che ci separa nettamente dalla luce del sole che ha scaldato queste giornate. L’installazione è una alternanza di brevi video–capitoli e fotografie di Braguino e in particolare di Sacha Bragin, un uomo “che decise di risiedere in quel luogo con la sua famiglia, sperando di vivere in pace, nell’autarchia più completa, e di costruire un modello di vita autosufficiente”. Si dovrà scontrare presto con un’altra famiglia e con la difficile scelta di rimanere e combattere per il proprio territorio o andare altrove. Nelle riprese di Cogitore si vedono le poche persone delle famiglie, soprattutto quella di Sacha, ma le riprese e i suoni riescono a fare immergere lo spettatore nell’ambiente in cui tutto questo avviene, la profonda taiga siberiana, a 700 km da qualsiasi presenza umana.
L’attenzione ai giovani è riposta invece negli spazi espositivi che accoglie i vincitori della Open Call e quello che raccoglie la mostra degli artisti selezionati grazie al bando Giovane Fotografia Italiana.
La mostra sulla Open Call raccoglie sei artisti che hanno indagato il mondo con diversi approcci, linguaggi e temi: dalle insurrezioni dei movimenti anarchici di Umberto Coa passando per il racconto di Rawabi, il primo insediamento della Cisgiordania appositamente costruito per i palestinesi del duo Andrea & Magda arrivando alla ricerca sul tema dell’alimentazione di Nicolò Panzeri. Gli altri artisti che chiudono la Open Call sono Danila Tkachenko, Simone Sapienza e la già citata Francesca Catellani. Giovane Fotografia Italiana invece è una mostra curata da Daniele de Luigi e raccoglie i lavori di Marina Caneve, Alice Caracciolo e Cemre Yesil, Valeria Cherchi, Tomaso Clavarino, Lorenza Demata, Carlo Lombardi, Zoe Paterniani.
A chiudere il primo weekend, nella giornata di domenica sono stati rivelati i nomi dei vincitori della sezione Giovane Fotografia Italiana, che ha visto Marina Caneve aggiudicarsi il premio, così come quelli delle letture portfolio, momento importante e caratterizzante per il grande richiamo che il Festival ha da sempre sui fotografi. Il vincitore è Alberto Gandolfo, che avrà la possibilità di esporre il progetto nel corso della prossima edizione di Mia Photo Fair, seguono Mattia Panunzio e Federica Sasso; Menzione d’onore a Martina Zanin.
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La nostra selezione di mostre
Albert Watson. Fashion, portrait & landscap
Musei di Palazzo dei Pio, Carpi. Fino al 17 giugno
Danilo De Marco, “Defigurazione”
Galleria Harry Bertoia, Pordenone. Fino al 27 maggio
Rassegna stampa
A 600 giorni dal terremoto di Amatrice la Repubblica ha creato una pagina dedicata al progetto realizzato sino ad oggi dal collettivo Terra Project. È possibile vedere le immagini dei quattro fotografi insieme ad interviste.
Dopo il World Press Photo è stata la volta del Premio pulitzer, che nella categoria foto quest’anno è andato a Ryan M. Kelly “per un’immagine agghiacciante che mostra i riflessi e la concentrazione del fotografo.” Si tratta di una immagine scattata nel momento in cui un suprematista bianco investe la folla a Charlottesville.
I premi da qualche anno riguardano anche i momenti del parto, e diventano sempre piú interessanti.
Qualcuno spera (sogna) che la fotografia possa essere il motore trainante per salvare i giornali
Quando hanno iniziato a utilizzare il colore in modo più consistente i fotografi? Tra gli anni ’40 e gli anni ’60 e tra questi se ne trovano tre in particolare: Saul Leiter, Ernst Hass e Fred Herzog.
Dato che tutti, chi più chi meno, utilizziamo hashtag, localizzazioni, tag e quant’altro possa essere utile per aumentare la possibilità di incrociare un maggiore pubblicao, qualcuno ha pensato bene di stilare la lista dei “trend visuali 2018”. Non è proprio una delle solite liste didascaliche, ma può tornare utile in alcuni casi, sia ad amatori che professionisti.
Su Vanilla Magazine una dozzina di fotografie di metà ‘800 del fotografo Hugh Welch Diamond, uno psichiatra britannico. Utilizzava la fotografia per dimostrare le teorie medico psichiatriche, applicando il metodo alle pazienti che aveva in cura.
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Alla prossima! ??