Con la proposta di premiare i comuni che non accolgono richiedenti asilo, De Corato ha fatto capire chiaramente in che direzione andrà la nuova giunta.
La giunta Fontana non si è insediata da neanche un mese e già il dibattito sui migranti ha raggiunto un livello grottesco.
Sul Corriere della Sera di mercoledì è apparsa un’intervista al neoassessore regionale alla sicurezza, Riccardo De Corato, che ha sollevato un piccolo polverone nella politica regionale. De Corato ha proposto di premiare i comuni che si oppongono al piano di distribuzione dei profughi sul territorio. L’uscita è stata vissuta dal sindaco di Milano, Beppe Sala, come una provocazione:
“Io la legge la rispetto non solo per la mia visione politica ma anche perché rappresento un’istituzione: chiedo a Fontana se farà altrettanto. Oggi i Comuni che non accolgono sono quelli a guida leghista e per me è inaccettabile che gli esponenti della Giunta regionale li invitino e li stimolino ad andare avanti così”
Negli ultimi anni, si è assistito ad uno scollamento sempre più drammatico tra Milano e il resto della Lombardia. È stato particolarmente evidente durante le scorse elezioni politiche, quando la destra ha dilagato in tutte le province, mentre il centrosinistra ha resistito in città.
Questa differenza è emersa già in passato anche a livello istituzionale, soprattutto quando si affrontava l’argomento migranti. Tra settembre 2016 e febbraio 2017 Comune e Regione si sono scontrate in modo molto duro sul destino delle casette prefabbricate di Expo: la città — rappresentata in quello occasione soprattutto dall’assessore alle politiche sociali Majorino — aveva chiesto di potere usare quel piccolo villaggio, destinato alla demolizione, per l’accoglienza dei profughi. La regione si era impuntata per il no, preferendo cedere e demolire la struttura piuttosto che destinarla a uno scopo che ritenevano così disdicevole.
Tutto questo accadeva con la vecchia giunta, prima che l’assessore regionale alla sicurezza fosse Riccardo De Corato.
Chi ha abitato o lavorato a Milano lo scorso decennio ha già sentito parlare di De Corato. Militante di MSI e Alleanza Nazionale, per cui è stato senatore e consigliere comunale di Milano, è stato vicesindaco e assessore alla sicurezza della giunta Moratti dal 2006 al 2011 — ed è noto per le sue posizioni di destra radicale. In un articolo di Repubblica del 2010, al termine del proprio mandato, “lo sceriffo” si fa vanto della propria politica.
È un bilancio “muscolare”, quello che il vicesindaco Riccardo De Corato presenta con i dati di un anno di interventi della polizia locale. Con un continuo riferimento al “modello Milano” e un esplicito vanto della politica di “tolleranza zero”. Primi fra tutti, contro i nomadi abusivi, protagonisti di 156 sgomberi nel 2010 (il doppio di quelli fatti l’anno prima), di 392 interventi totali in quattro anni.
Curioso notare come ci sia sempre un “modello Milano” a cui ispirarsi ma come questo vari in base a chi sia in carica. L’articolo prosegue con un’altra sfilza di dati:
Installati portali anti-roulotte in cinque vie, piantati mille alberi in altre strade, posizionati new jersey di sbarramento, abbattute 26 tra villette e container, tutto per scoraggiare la presenza di zingari in città.
Già, all’epoca il nemico non erano i rifugiati, ma gli zingari — e prima ancora, gli albanesi. Oggi il principale obiettivo della destra di De Corato è cambiato, ma i metodi sono rimasti gli stessi: odio cieco, proposte miopi, nessun senso della realtà se non per cercare di diffondere paura e portare acqua al proprio mulino — non certo con lo scopo ultimo di risolvere i problemi, né degli italiani né dei discriminati di turno. La proposta di premiare i comuni che scelgono di essere razzisti, oltre a essere a sua volta razzista, significa premiare lo scaricabarile, un atteggiamento molto diffuso tra le amministrazioni locali.
“Quando De Corato era assessore a Milano era l’assessore del caos,” commenta Angelo turco, consigliere comunale Pd a Milano. “Tante azioni di facciata sostanzialmente inutili che lasciavano i problemi sul piatto, peggiorati. Ora il ‘nuovo’ assessore regionale vuole ripetere questa infelice esperienza, accanendosi contro i profughi, come se non ne avessero passate abbastanza, e gettando nel caos i comuni. La destra è questa: dividere e mettere contro quando ci sarebbe bisogno di sforzi comuni.”
La situazione attuale in Lombardia non è rosea, per quanto riguarda l’accoglienza. L’amministrazione milanese si fa spesso vanto della propria gestione e buona apertura verso i richiedenti asilo — non senza ragione — ma una buona parte dei comuni della regione sembra allineata alla proposta De Corato. Il sindaco di Opera, Ettore Fusco, è intervenuto nel dibattito dichiarando di non volerne “più sapere di chi fa affari con i profughi negli alberghi ed in comunità mentre gli italiani vivono nelle macchine quando non addirittura sotto i ponti.”
Come si può vedere in questo documento di Eupolis, moltissimi comuni lombardi non ospitano migranti. E, a parte i casi di comuni remoti in cui i migranti sono stipati lontano da troppi sguardi (come nel caso di Cremeno, in provincia di Lecco), il numero di persone assegnate ad ogni comune è risibile.
Il presidente della regione, Attilio Fontana, è stato cauto sulla proposta di De Corato, sostenendo di doverla discutere in giunta. Nelle scorse 48 ore, tra l’altro, è stato al centro di altre due polemiche: una sul gay pride, definita “una manifestazione divisiva” al contrario del Family day, che verrà riproposto dalla giunta; l’altra sullo scarso numero di donne nella sua squadra — secondo Fontana, le donne “magari non hanno grande volontà di impegnarsi.”
Lo scollamento tra Milano e la sua regione sembra crescere dunque sempre di più, non solo a livello economico, ma anche — e forse in modo ancora più evidente — sulle politiche sociali, che in questi ultimi anni sono state il principale tratto caratterizzante del progressismo milanese. La traiettoria politica di De Corato è sintomo di come il modello Milano propagandato in questi anni dal centrosinistra milanese non sia riuscito a imporsi fuori dai confini comunali, creando un’isola di in mezzo al mare di una regione profondamente conservatrice.
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