“Non riesco a scendere, costa troppo.”
Votare, secondo la costituzione italiana, è un diritto e un dovere per ogni cittadino che abbia compiuto 18 anni — anche se fino ai 25 non si può votare per il senato; ma questo è un altro discorso. Ogni cittadino è chiamato a votare nel proprio comune di residenza, e nello specifico nel proprio seggio elettorale, assegnato in base alla forma e alla dimensione del proprio paese o città.
Per chi non vive nel proprio comune di residenza formale, però, esercitare il proprio diritto è tutto tranne che semplice.
Le normative di voto italiane sono ostiche e nebulose. Ad esempio:
se si è gravemente malati e impossibilitati a recarsi alle urne, si può votare da casa: ma nel caso delle prossime elezioni del 4 marzo, sarà necessario aver inoltrato l’apposita richiesta entro il 12 febbraio — quindi, se mentre leggete questo articolo cadete e vi fate così male da dover restare a letto fino al 5 marzo, non potrete votare.
Alla necessità di spostarsi Trenitalia ha risposto offrendo sconti appositi, rivendicando se non una responsabilità in materia, il proprio ruolo di “ex” ente pubblico. Ma che tipo di sconti?
In precedenza, lo sconto sul biglietto è stato del 70%, come in occasione delle elezioni comunali dello scorso novembre. A questa tornata, invece, si può pagare il 70% del prezzo del biglietto — dunque lo sconto è del 30%. Tantissime testate, blog, tv e radio, riportano che lo sconto sia del 70, generando confusione.
“Non riesco a scendere, costa troppo,” ci risponde Maria. “Vivo a Firenze e devo arrivare a Catanzaro Lido. Dovrei cambiare tre treni: Firenze Napoli, Napoli Lamezia e poi Lamezia Catanzaro. Il prezzo è intorno ai 60€ con lo sconto.” Sono moltissimi anche i problemi strettamente organizzativi:
i biglietti possono essere richiesti solo in stazione — non possono essere fatti online — e si può scegliere come destinazione solo la stazione geograficamente più vicina al proprio comune di residenza.
Purtroppo, però, in molte zone d’Italia non sempre la stazione più vicina è per forza quella più comoda, o l’unica raggiungibile con treni di rilievo nazionale.
“Io non voto dal 2011, dal referendum sul nucleare e la privatizzazione dell’acqua,” prosegue Francesco.“Nel 2013 avevo un esame di chimica, e non scesi perché avevo l’esame in corrispondenza delle elezioni. Per votare a Firenze dovrei prendere la residenza e perderei dei vantaggi connessi con l’essere uno studente fuori sede: avrei una borsa di studio più bassa, ad esempio. Poi non so nemmeno se voglio fermarmi qui e onestamente non voglio cambiare la mia residenza.”
Quali sono le possibili soluzioni?
“Lo stato potrebbe quantomeno far votare gli studenti universitari nelle città in cui l’università ha sede. Almeno nei capoluoghi di provincia o nei capoluoghi di regione. Possono votare dall’estero e non vedo per quale dannatissimo motivo io non possa votare senza spendere 120€ di treno. Visto che non posso esercitare il mio diritto votando, lo esercito contestando e astenendomi.”
La situazione persiste da quando sono iniziati i flussi migratori da Nord a Sud, ovvero quasi un secolo. Un tempo si trasferivano soprattutto famiglie, che spesso spostavano anche la propria residenza — e dunque il proprio seggio — oggi invece si tratta soprattutto di ragazzi che prevedono di restare al Nord solo per qualche anno.
La possibilità di votare nella città dove si vive, senza dover cambiare residenza sembra essere la potenziale soluzione preferita dalla maggior parte delle persone con cui abbiamo parlato.
Antonino, musicista ventitreenne di Reggio Calabria che oggi risiede in un paese della provincia di Monza, ne è un esempio.
“Vorrei scendere, ma non posso innanzitutto perché ho impegni lavorativi. Poi se riuscissi ad avere due o tre giorni liberi, scenderei volentieri anche perchè a causa di una mia situazione familiare particolare, ho diritto a sconti altissimi e in sostanza posso scendere gratis. Conosco gente che non scende perché dovrebbe pagare più di 100€ di treno o aereo, e questo è un grosso problema.”
“Se ci fosse la possibilità di votare da dove vivo io voterei senza dubbio. È assurdo che si possa votare dall’estero e non dall’Italia. Conosco moltissime persone che non scenderanno mai giù.”
Il problema però non dovrebbe incentrarsi sulla possibilità o meno delle persone a tornare a casa per votare, ma sul fatto che sia l’unico modo per esercitare un loro diritto.
C’è anche chi voterà. “Io scenderò,” ci racconta Giuseppe, uno studente siciliano di 28 anni che studia a Ferrara. “Mi sono organizzato molto prima e ho fatto un biglietto aereo. Non ci sono sconti, semplicemente ho fatto affidamento sull’anticipo.”
In realtà Alitalia offre 40€ di sconto sulla tariffa di andata e ritorno. La procedura è piuttosto semplice, ma il prezzo, acquistando il biglietto oggi, è comunque proibitivo per le tasche di molti studenti. Un volo di andata e ritorno tra Milano e Catania, non scontato, costa più di 100€. Di certo, se nemmeno una persona interessata come Giuseppe ne era a conoscenza, l’informazione al riguardo è carente.
Molti dei ragazzi che abbiamo contattato, hanno sollevato il paradosso di come i loro connazionali all’estero possano invece esercitare il proprio diritto di voto più facilmente. Abbiamo raggiunto Luca, uno studente milanese all’università di Tolosa.
“Ho paura di non riuscire a votare. Mi sono iscritto all’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero) e ho rispettato tutta la procedura, ma non ho ancora né conferme né nulla. documenti li ho mandati a dicembre. Non so se i tempi titanici del consolato generale di Marsiglia mi permetteranno di farcela. Di per sé iscriversi non è difficile — anche se, pur essendo il 2018, non si può inviare la documentazione via mail.” In realtà ci sono varie modalità di voto per chi è all’estero, che variano soprattutto in base alla durata della permanenza. Se si risiede per tre mesi o più all’estero si può votare senza iscriversi all’AIRE, semplificando almeno in parte le procedure. “Che comunque non sono affatto chiare,” puntualizza Luca. Almeno, però, ha la speranza di poter votare, burocrazia permettendo.
Per i migranti interni dal Sud al Nord non sembrano esserci in vista delle svolte. Un’altra soluzione potrebbe essere, se non il voto da dove si vive, almeno quelli nei capoluoghi e nelle sedi universitarie. Ma la questione non è affatto al centro del dibattito politico o della campagna elettorale, con l’eccezione di una timida campagna da parte di Civati per Liberi e uguali. L’unico voto di diverso genere che ha avuto qualche rilievo è stato quello lombardo sui tablet al referendum dell’autonomia, inutilissimo e costato 23 milioni di euro. Quei soldi non sarebbero potuti essere spesi meglio per il voto dei non residenti? Evidentemente no. I ragazzi meridionali lontano da casa dovranno ancora aspettare.