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Nell’immaginario collettivo, se si parla di Romania vengono in mente distese di call center della Vodafone, ecomostri sovietici, orfani e persone che compiono crimini vari. Ma la Romania non è nulla di tutto questo.

L’estate scorsa decido di trascorrere due settimane in Romania, principalmente in Transilvania; volo a un prezzo stracciato, noleggio un’auto, giro la regione in lungo e in largo. C’è chi mi dice “Che figata, vai dove gira i film Mungiu!” e chi mi chiede “Ma non è pericoloso?”. Tuttavia, la reazione che va per la maggiore è un’espressione sconcertata che sembra voler dire “Ma che ci vai a fare?”.

Nei confronti della Romania aleggia una discreta dose di ignoranza mista a snobismo.

La cosa ha i suoi vantaggi; un paese snobbato è un paese poco turistico, in cui non si rischia di intraprendere itinerari troppo classici, ritrovarsi bloccati nel traffico proprio dei maggiori luoghi d’interesse o essere circondati da persone che parlano la tua stessa lingua. Naturalmente uno sviluppo del settore turistico porterebbe però anche molti benefici al paese sulla cui immagine si tende a non investire granché.

Nell’immaginario collettivo, se si parla di Romania vengono in mente distese di call center della Vodafone, ecomostri sovietici, camion che sfrecciano a 130km/h guidati da camionisti col calendarietto osé appeso dietro il sedile, orfani e persone che compiono crimini vari.

Ecco, la Romania non è nulla di tutto questo. Eccetto forse per eventuali ecomostri, che comunque hanno il loro fascino. In questo articolo vi racconterò di alcuni buoni motivi per fare un po’ gli alternativi e prenotare al più presto un volo per Timișoara o Bucarest, fate voi.

Anche nei posti più sperduti c’è qualcuno che si fa un selfie
Anche nei posti più sperduti c’è qualcuno che si fa un selfie

Intanto, un po’ di storia

La Romania ha una storia piuttosto impegolata, basti pensare che viene definita “La grande sopravvissuta d’Europa”.

Tanti anni fa i Romani arrivano anche qui, il che spiega il retaggio latino del paese nonché il nome. Infatti la lingua rumena, che in tanti conosciamo per Dragostea din-tei, è molto più simile all’italiano di altre lingue neolatine.

Eterni invasori del paese sono i Magiari, con cui i rumeni si contendono a lungo la Transilvania. Ancora oggi si avverte una certa tensione tra i due popoli. (Quando la nonna ungherese del mio compagno di viaggio ha saputo che eravamo stati in Romania, dire che era indignata è riduttivo.)

Ma veniamo alla storia più recente, necessaria per un approccio più consapevole nei confronti del paese e dei suoi abitanti. Forse non tutti sanno che la Romania è reduce da una dittatura che ha avuto fine poco meno di trent’anni fa. Nel ‘65 infatti, un uomo di nome Nicolae Ceaușescu diventa primo segretario del partito comunista romeno e instaura un regime che rende infernale la vita degli abitanti per quasi 25 anni.

Un francobollo di Ceausescu / Wikimedia Commons
Un francobollo di Ceausescu / Wikimedia Commons

Sotto il suo dominio, la libertà politica e quella dei media sono interzise. Stabilisce che “il feto è proprietà dell’intera società”. Introduce una tassa sul celibato per favorire i matrimoni. Di conseguenza la natalità cresce di pari passo alla mortalità. Per liberarsi di un grosso debito estero, esporta tutto il cibo prodotto nel paese, lasciando i rumeni privi dei beni di prima necessità.

Con il programma di “sistematizzazione”, distrugge 8000 villaggi, i cui abitanti sono trasferiti nei palazzoni di cemento che oggi pullulano soprattutto nelle periferie urbane. I telefoni vengono controllati, le conversazioni registrate e vige un severo coprifuoco che rende impossibile la vita dei rumeni. Migliaia di loro muoiono opponendosi alla dittatura ed è solo nell’89 che il paese è liberato. Versa tuttavia in uno stato terribile.

Grazie a un prestito estero, la Romania da allora ha fatto progressi, ma i residui del terrore subìto sono ancora evidenti nei rumeni di oggi. Attualmente il paese è una repubblica semipresidenziale a cui capo vi è Klaud Iohannis del Partito Nazionale Liberale.

Motivo numero 1
I cartelli di benvenuto

Questo per dirvi che a Iernut siete i benvenuti
Questo per dirvi che a Iernut siete i benvenuti

Che si tratti di una metropoli o di tre case messe insieme, i rumeni sfoggiano cartelli di benvenuto notevoli ogni qualvolta si incontri un agglomerato lungo la statale. Da quando il paese è entrato a far parte dell’Unione Europea nel 2007, queste strutture riportano il cerchio di dodici stelle.

Cartelli imponenti, colorati, plasticosi, brutti, quasi mai belli ma sicuramente affascinanti.

E se ne incontrano spesso a fare un road trip, perché in Romania, data la scarsità delle autostrade, ci si muove quasi solo sulle strade statali. Sono un po’ bucherellate, ma percorrendole si penetra nell’intimità del paese, attraversando scenari incantevoli: anziani che vendono frutta e verdura appena fuori dal portone di casa, bambini che osservano le macchine passare e si sorprendono di vedere dei “turisti,” paesani che espongono funghi appena colti o che ancora si spostano in carrozza.

Alle volte ci si imbatte in lunghe code di traffico dovute ai numerosi lavori in corso, a incidenti causati da automobilisti che azzardano sorpassi pericolosissimi o magnifici greggi di pecore che attraversano flemmatici.

Non è raro incontrare gente che fa l’autostop ai lati delle strade. È una pratica perfettamente consueta, utile per spostarsi più in fretta tra un paesino e l’altro o per raggiungere le città. E perché no, farsi nuovi amici.

Motivo numero 2
L’appariscenza di tutte le cose

Chiesa sberluccicante a Fagaras
Chiesa sberluccicante a Fagaras

Il gusto rumeno è generalmente orientato verso il kitsch, inteso non come cattivo gusto, ma come vero e proprio stile. Tutto ciò che non è prettamente storico tende al kitsch; negozi, vestiti, chiese moderne, automobili, ornamenti vari.

Questo fatto, benché opinabile, può essere attribuito a una naturale inclinazione, a un senso estetico semplicemente diverso dal nostro. Per quanto riguarda le chiese però, la sovrabbondanza decorativa è una peculiarità della chiesa ortodossa romena. L’86% degli abitanti appartiene a questa confessione e nel paese si respira un certo fervore religioso.

Ci sono chiese ovunque. Persino i paesini più piccoli ne hanno almeno un paio, di cui spesso una nuova di zecca. Per non parlare dei crocifissi. Di metallo o di legno, talvolta guarniti di cataste di fiori di plastica. Si possono scorgere sulle rotonde, ai lati delle provinciali o in mezzo ai campi di pannocchie.

Crocifisso protetto da una sicura recinzione
Crocifisso protetto da una sicura recinzione

Altra testimonianza di tendenza alla pacchianeria sono le abitazioni: tonalità sgargianti, fronzoli argentati che impestano tetti, cancelli e recinzioni varie. Pare una gara a chi tira su la casa più appariscente.

Tipica abitazione della Beverly Hills di Hunedoara
Tipica abitazione della Beverly Hills di Hunedoara

Ci sono cantieri ovunque, ville abnormi che vengono costruite a fianco di casupole diroccate e affacciano direttamente sulla strada, senza marciapiedi per camminare né stradine per passeggiare. Paradossalmente, percorrendo la statale che taglia piccoli centri urbani, si incontrano una marea di edifici abbandonati in buono stato o addirittura nuovi.

Cara, che ne diresti di installare un aereo in giardino?
Cara, che ne diresti di installare un aereo in giardino?

Motivo numero 3
I paesaggi sono fighissimi

Se i motivi elencati finora non vi hanno conquistati, questo non mancherà di farlo: i paesaggi transilvani sono meravigliosi. Si salta da montagne altissime a distese infinite di prati costellati di pecore. Da fitte pinete oscure a verdi colline che ricordano la Toscana.

Tra distese desolate di boschi si possono incontrare greggi di pecore o mandrie di mucche, baracche di lamiera o maestosi alberghi alla Shining, bambine lentigginose che vendono cestini di lamponi appena colti per pochi lei, ai lati di strade su cui passa una macchina ogni mezz’ora.

Esiste un posto poi, che è veramente da spalancare occhi e bocca e urlare “Wow!”. Sono i Monti Fagaras, catena che delimita la regione sassone e che fa parte dei Carpazi meridionali.

Meglio della strada statale 38 dello Stelvio
Meglio della strada statale 38 dello Stelvio

La loro particolarità è di essere attraversati dalla strada asfaltata più alta della Romania, la celebre Transfagarasan, che ha rubato il titolo di Top Gear come strada più bella del mondo alla statale 38 dello Stelvio. Straordinaria, immensa, un susseguirsi di curve serpentine, è il sogno di ogni motociclista intrippato. Nata da un progetto megalomane di Ceaușescu, la sua costruzione è valsa la vita a decine di soldati a causa delle condizioni climatiche del lavoro.

È aperta solo d’estate e per percorrerla è consigliabile una macchina decente: tipo non la vecchia Dacia anni ‘90 che hanno propinato a me. In cima si trova un laghetto dalle acque verdi e limpide, attorniato da pascoli e vette montuose.

L’unica pecca è che è una delle mete turistiche più gettonate, e si crea un vero e proprio traffico per raggiungere la cima. Dietro all’idilliaco laghetto si nasconde un parcheggio sovraffollato costeggiato da bancarelle di souvenirs e fast food. All’interno di un tendone giallo, una sciura un po’ burbera vende spessi tranci di prosciutto affumicato.

Motivo numero 4
I villaggi sassoni, o vivere in una fiaba

C’era una volta in un paesino della Grande Tarnava
C’era una volta in un paesino della Grande Tarnava

La regione sassone è detta tale perché nel XII secolo re Bela IV di Ungheria, per opporsi alle incursioni dei tartari, convince i sassoni tedeschi a stabilirsi nella regione, donando loro terre e vantaggi economici.

La sensazione è quella di essere in un episodio di La signora del West. Paeselli circondati dai boschi, silenziosi e pressoché deserti. Pare dominare uno stile di vita immutato da secoli. Non ci sono cani randagi, poche auto di passaggio, piccole casupole colorate con vasi di fiori alle finestre, amichevoli vecchine che custodiscono le chiese. La miseria e lo squallore di certi centri urbani sembrano parte di un altro universo.

La pace degli abitanti viene raramente interrotta da gruppetti di tedeschi che percorrono la regione a bordo di piccoli pullman turistici. Tanti di loro sono infatti discendenti di immigrati sassoni, di cui conservano la lingua.

Il cuore di questi paesini bucolici sono le chiese fortificate. Nessun paesino, per quanto piccolo possa essere, è esente dal possederne una. Sono dotate di custodi, che talvolta abitano proprio all’interno del complesso fortificato.

A Biertan, uno dei villaggi principali, si tiene il festival del film fantasy & horror, chiamato “Luna Plina,” che trasforma il centro abitato in un luogo misterioso, affollato di camioncini di cinefili provenienti da tutta la Romania.

Unire estetica e funzionalità: si può
Unire estetica e funzionalità: si può

A Copsa Mare, un paesino ancora più piccolo di Biertan, la chiesa è pressoché diroccata e forse proprio per questo risulta più affascinante delle altre. È custodita da un uomo dagli occhi azzurri e dai denti di un bianco accecante che abita in questa casa, situata proprio all’interno del complesso fortificato. L’afa, la radio in sottofondo, le tende spudoratamente kitsch rendono questo luogo incantevole.

Motivo numero 5
Insolite bellezze in città

Piccioncini sul campanile della Biserica Evanghelica
Piccioncini sul campanile della Biserica Evanghelica

Io ho visitato principalmente sei città; Sibiu, Brasov, Sighișoara, Cluj-Napoca, Oradea e Timișoara. Un po’ come tutte le città del mondo, hanno centri storici meravigliosi e zone periferiche piene di palazzoni grigi, residui dell’opera caucescana.

Non ce n’è una, però, che non sprigioni un fascino che le è proprio. Mai troppo piccole né troppo grandi, danno spesso l’impressione di essere perfettamente a misura d’uomo. Tutte, specialmente d’estate, pullulano di ristorantini all’aperto. Il turismo esiste ma non è molto sviluppato, per cui si visitano che è un piacere.

Sibiu, ad esempio, è l’ideale per i piccioncini. Si può salire in cima al campanile della chiesa evangelica e osservare il viavai di gente nelle vie del centro. Nelle chiese principali delle città si tengono spesso concerti d’organo, talvolta uniti a cori o ad altri strumenti. Per pochi lei, turisti e abitanti si riuniscono e godono di un’ora di pura magia.

A Cluj-Napoca l’attrattiva principale è la maestosa chiesa di San Michele ma io consiglio la città per un altro motivo: gli stormi. A Milano capita di meravigliarmi di qualche stormo isolato che si scorge dai balconi all’ora del tramonto, ma non c’entra nulla con quel che succede a Cluj. Non so se si trattasse di qualche  fenomeno migratorio paranormale ma nelle tre sere trascorse in città ho potuto ammirare danze aeree mai viste prima. Se ci andate d’estate, alzate il naso e rimarrete esterrefatti.

Sighișoara è un gioiellino. Racchiusa tra mura fortificate sulla cima d’una collina, è un susseguirsi di stradine a ciottoli consumati dai passi e casette dai tetti spioventi. Una scalinata che sale un’ulteriore collinetta conduce alla chiesa luterana. Non una scalinata qualunque però, una scara acoperita (coperta) composta da 172 gradini, un vero e proprio tunnel che percorre la salita. Accanto alla chiesa si trova un liceo. Come non immaginarsi fiumi di scolari che escono correndo e si tuffano nel tunnel in preda all’euforia scatenata dal suono della campanella? Coppie che si fermano ad amoreggiare mentre fuori cade la neve, qualcuno che si nasconde per fumare una sigaretta stretto in un grosso cappotto.

Come se non bastasse, il perimetro della collinetta racchiude un altro luogo suggestivo: il cimitero tedesco, sommerso dalla vegetazione.

Dalla piazzetta centrale si può prendere un trenino che fa fare un tour turistico un po’ alternativo; attraversa le viette buie del centro storico per poi buttarsi su una sorta di circonvallazione. Si finisce per farsi accecare dai fari delle auto in transito o assordare dai clacson di automobilisti che sembrano voler dire “io domattina devo lavorare, turisti maledetti”.

A pochi chilometri da Sighișoara, al di là di un bosco, si nasconde un’incantevole distesa di prati costellati da querce secolari. Le più vecchie hanno 800 anni! Sono alberi incantevoli, possenti, che sprigionano un forte senso di sicurezza. Abbracciarli fa bene, è terapeutico.

La cosa più bella di Brasov invece è che, nonostante il suo aspetto da cittadina delle favole, c’è una scritta hollywoodiana enorme che domina la città dalla collina sovrastante e spezza l’incanto delle vie del centro.

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Vabbè comunque se vi piacciono i pipistrelli, le antiche leggende, i passaggi angusti o le viste panoramiche dalle torri, la Transilvania è il posto ideale perché è piena zeppa di castelli. Ma dei castelli ne parlano tutti perciò non sto a spiegarvi.

Poi se vi viene voglia di cambiare look a Oradea c’è Pablone
Poi se vi viene voglia di cambiare look a Oradea c’è Pablone

Motivo numero 6
Mangiare al ristorante, sempre

Riguardo al cibo, in Romania esiste un bizzarro paradosso: si spende di più a fare la spesa e mangiare a casa propria piuttosto che a trattarsi bene al ristorante. E non mi riferisco a bettole da terzo mondo, bensì a prestigiose trattorie. I prodotti del supermarket hanno prezzi, se non uguali, appena più bassi dei nostri. Al contrario, al ristorante, quando ti portano il conto ti senti in colpa per tutto il ben di Dio che hai mangiato.

Polenta servita a forma di tette
Polenta servita a forma di tette

Nei ristoranti servono principalmente carne. Come antipasto, primo e secondo. Non proprio l’eden dei vegetariani.

Si usa dare il via alle danze con una bella tazza di ciorba, una zuppa che può essere di verdure o di carne. Altro piatto tipico è la mămăligă, cioè polenta, spesso servita con formaggio o panna acida. Le sarmale si trovano su tutti i menù e sono involtini di carne avvolti in foglie di verza o di vite. La pasta non si mangia quasi mai, e si trova solo in uno di quei ristoranti che si fingono italiani. Per dessert viene spesso proposta la palacinta, che è l’equivalente della crèpe.

Tuttavia, dopo due settimane a mangiare squisitezze rumene tra un ristorante e l’altro, sono giunta ad una sacrosanta conclusione: la cucina italiana è la più buona del mondo, sempre.


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