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Soltanto negli Stati Uniti vengono mediamente comprate più di mezzo miliardo di bottiglie d’acqua di plastica a settimana. Se le mettessimo in fila potremmo girare intorno alla Terra più di 4 volte.


A cura di Free2Change

A chi non piace la sensazione liberatoria di quando ci si disseta stappando una bottiglietta d’acqua fresca dopo aver camminato al sole a lungo? La gola smette di bruciare e per un attimo ci si dimentica che a Milano ad agosto ci sono 40 gradi all’ombra. Ma raramente si pensa alla lunga catena che si snoda dietro un atto semplicissimo e naturale come quello di bere.

Come rivela uno studio pubblicato il 19 luglio scorso da Science Advances, intitolato Production, Use and Fate of all Plastics Ever Made, dal 1950 a oggi sono stati prodotti in tutto il mondo 8.3 miliardi di tonnellate di plastica, metà delle quali risalgono soltanto al periodo che va dal 2004 a oggi. Di questa enorme quantità di plastica, soltanto il 9% è stato riciclato, tutto il resto invece è andato a riempire le nostre discariche, è stato bruciato (che, per alcuni aspetti, è anche peggio), oppure, è finito nei mari e negli oceani, sotto le spiagge, nei fiumi e nei laghi. Si prevede che entro il 2050 si arriverà a 13 miliardi di tonnellate di plastica prodotte, la maggior parte delle quali “usa e getta.”

Soltanto negli Stati Uniti, vengono mediamente comprate più di mezzo miliardo di bottiglie d’acqua di plastica a settimana. Se le mettessimo in fila potremmo girare intorno alla terra più di 4 volte.

Ma come è successo che venissimo convinti a comprare qualcosa che è disponibile nella cucina di tutti, semplicemente aprendo il rubinetto?

Intorno alla fine del 1900, i venditori di bevande gassate si resero conto che la quantità di prodotto che poteva essere consumata dai loro clienti era limitata. I loro prodotti facevano ingrassare chi ne abusava e la crescita economica sarebbe prima o poi giunta a saturazione. Questo stesso discorso però non valeva per l’acqua. L’acqua la bevono tutti e ne possono bere quanta ne vogliono senza effetti collaterali.

Nei casi in cui l’acqua potabile era un bene scarseggiante, il nuovo business dell’acqua in bottiglia andava incontro a una necessità primaria e permetteva di bere in sicurezza, annullando il rischio di infezioni e virus. Non altrettanto scontato è come si sia affermato questo prodotto nei luoghi in cui era già presente in forma gratuita e incontaminata.

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È durante il boom economico degli anni Sessanta che in tutte le case italiane si diffondono le prime bottiglie di acqua minerale, inizialmente soltanto in vetro. Sarà dal 1973 in avanti, con l’invenzione delle bottiglie in PET (polietilene tereftalato), che l’acqua inizierà a entrare nelle case in comode bottiglie di plastica usa e getta. Correva voce che l’acqua del rubinetto non facesse bene, non fosse pulita e comunque fosse peggiore dell’acqua minerale filtrata e preparata ad hoc per i consumatori. Etichette rappresentanti monti innevati e perfetti, poi, invogliavano ancora di più le persone ad acquistare un prodotto nella maggior parte dei casi superfluo.

Il problema di questa moda risalente al ventesimo secolo, ovvero consumare soltanto acqua minerale, è che la plastica che la contiene viene prodotta grazie all’utilizzo di alcuni derivati del petrolio. Prendendo di nuovo ad esempio gli Stati Uniti, il petrolio utilizzato per produrre le bottiglie di plastica potrebbe alimentare ogni anno un milione di auto. Le emissioni causate dall’acqua in bottiglia, però, non sono finite qui. L’acqua viene imbottigliata e le bottiglie vengono a loro volta confezionate in sacchetti — di plastica, ovviamente.

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Una volta uscite dalla fabbrica, le confezioni da sei bottiglie vengono caricate su camion o navi e trasportate laddove dovranno essere rivendute. Chi le comprerà, le trasporterà fino a casa, dove saranno consumate e gettate nella spazzatura.

In molti paesi del mondo, l’acqua del rubinetto o quella delle falde è effettivamente inquinata e non utilizzabile. A volte, però, a contribuire ad inquinare le acque sono proprio le aziende che producono le bottiglie di plastica per le bevande o il petrolio che serve per realizzarle. In tutti gli altri casi, bere acqua del rubinetto è di gran lunga la scelta più sana e sostenibile — a meno che non la versiate in bicchieri di plastica, in quel caso sarà tutta fatica sprecata!