foto di Robert Goodman, Valentina Minutella e Roberto Panucci, cortesia di Ypsigrock
Il nostro Tour Bus fa tappa in Sicilia, in provincia di Palermo, per raccontarvi uno dei più longevi festival italiani.
Da 21 anni Ypsigrock trasforma il centro città di Castelbuono (8.000 abitanti) nella cornice di uno spettacolo unico per qualità e scelte stilistiche. La famiglia degli Ypsini proviene da tutti gli angoli del globo e quest’anno si prepara ad accogliere tra gli altri Ride, Digitalism, Cigarettes After Sex, Beach House. Tutte le band che passano da Ypsigrock vi suonano una e una sola volta con lo stesso moniker, regola per la quale potete iniziare a prenotare tutte le prossime edizioni del festival. La regola d’oro è l’Ypsi&Love: mantenere sempre un sentimento di amore e rispetto reciproco tra pubblico, band e staff. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Marcella Campo, direttore creativo brand e comunicazione (MC) e con Maurizio Turrisi, ufficio stampa (MT), dove ci raccontano tutto (ma proprio tutto) l’universo che ruota intorno al pianeta Ypsigrock.
Ypsigrock viene definito come “il primo boutique festival” – potete spiegarci cosa significa?
MC: Negli ultimi anni è andato sempre più diffondendosi l’uso della formula “boutique festival” per indicare quei festival caratterizzati da location la cui capienza massima non supera solitamente qualche migliaio di persone, e per i quali la valorizzazione del territorio costituisce la propria cifra stilistica. Sono vere e proprie “gemme” il cui maggiore valore è riconoscibile nella qualità piuttosto che nella quantità. Qualità che non si esaurisce solo nella proposta artistica dipinta dalla lineup, ma si estende ad ogni aspetto dell’esperienza festival per il singolo partecipante.
La fruizione empatica dello spettatore, all’interno di un contesto raccolto ed esclusivo, è centro e perno dell’attenzione del boutique festival. In questi termini, Ypsigrock può essere considerato un boutique festival ante litteram. In Italia ne è stato senza alcun dubbio il primo esempio e in tempi non sospetti, nella misura in cui Ypsigrock è giunto alla sua ventunesima edizione consecutiva ed è stato fondato nel 1997 quando ancora non era di moda la definizione boutique festival, ma non mancava certo quell’attitudine.
Com’è il rapporto tra il festival e la comunità di Castelbuono?
MT: Nel 1997 e per buona parte degli anni successivi Ypsigrock veniva visto da una parte degli abitanti di Castelbuono come una sorta di elemento alieno, concepito da un manipolo di scalmanati che portavano avanti una proposta culturale diversa, chiaramente di rottura, rispetto a tutto quello che poteva essere vissuto in un paese della provincia siciliana. Poi, l’oculatezza delle scelte ha delineato una natura ben precisa del festival e di conseguenza ciò ha permesso la forte fidelizzazione di un pubblico altamente profilato che negli anni è stato destinatario del proverbiale senso di ospitalità che distingue gli abitanti di Castelbuono. Uno dei punti di forza di Ypsigrock è sicuramente la grande simbiosi che si crea tra il pubblico e i castelbuonesi e che rende concreto quel sentimento dell’“Ypsi & Love”. Da un punto di vista economico le presenze registrate a Castelbuono durante i giorni del festival sono sicuramente le più alte dell’anno e l’indotto che ne deriva per tutto il paese e il comprensorio è certamente molto importante.
Come vi relazionate con il mondo delle istituzioni invece? Avete finanziamenti pubblici? Dopo l’esclusione dal calendario degli eventi sponsorizzati dalla regione nel 2016
MT: Gli unici finanziamenti pubblici che sostengono Ypsigrock sono quelli che derivano dal contributo erogato annualmente dal comune di Castelbuono che, per ovvi motivi di ristrettezze economiche derivanti dalle contingenze dell’ultimo periodo, non può essere in linea con il reale valore del festival, il contributo pubblico copre solo il 5% del costo di produzione attuale. È chiaro che la nostra forza sono le nostre idee. Il festival, per il resto, è sostenuto da qualche sponsor privato e dagli introiti che derivano dallo sbigliettamento, dal camping, dai servizi bar e ristorazione e dal merchandising. Purtroppo la burocrazia siciliana ha sempre avuto scarsa, per non dire nulla, considerazione di Ypsigrock. Oggi un festival come il nostro è diventato un riferimento a livello internazionale anche grazie agli affascinanti luoghi in cui rivive, che incantano per la loro bellezza. Negli ultimi anni Ypsigrock è stato costantemente indicato tra i festival estivi europei da non perdere, da testate internazionali di settore e generaliste, ad ulteriore conferma di quanto l’evento dovrebbe essere di grande vanto per la cultura turistica in Sicilia e l’Italia in generale. Eppure per la Regione tutto questo non ha alcun valore. Nei vari report, soprattutto sulla stampa estera, oltre alla qualità delle proposte in cartellone abbiamo riscontrato sempre più approfondimenti sulla bellezza dei luoghi in cui si svolge il festival e complessivamente sulla bellezza di Castelbuono, sulla sua posizione geografica strategica (a pochi km dal mare e a pochi passi dalle Montagne delle Madonie), sulla qualità del cibo e dell’offerta turistica d’insieme. Ma con dispiacere e delusione notiamo che tutti i nostri sforzi non vengono letti adeguatamente da una burocrazia poco trasparente e da una politica miope che preferisce foraggiare clichés triti e ritriti, dando il proprio appoggio a manifestazioni dalla qualità alquanto discutibile, portando avanti la solita immagine di una Sicilia stereotipata non in grado di rispondere adeguatamente con un’offerta culturale degna di una domanda internazionale.
MC: La storia dell’esclusione dalla graduatoria per il contributo regionale del 2016 in realtà poco ha a che vedere con la sostenibilità di Ypsigrock. Ypsigrock, come ha specificato Maurizio, in ventuno anni di storia non ha mai potuto contare su quel preciso contributo regionale, salvo una singola volta, anni fa, in cui incredibilmente ce l’hanno concesso, per errore credo! :) (sdrammatizzo)
Questo significa che il Festival di norma non riceve mai quel finanziamento, storia triste sì, ma per noi usuale, insomma. Abbiamo sempre fatto tutto con le nostre forze, lavorando sodo per trovare supporto in partner e sponsor privati che credono e investono (loro sì) nel nostro prodotto culturale. Quel finanziamento non è (e mai sarà) necessario ad Ypsigrock per esistere. Resta però chiaro che promuovere e incoraggiare accordi e partenariati tra operatori privati e pubblici dovrebbe essere uno dei principali obiettivi degli organi preposti alla valorizzazione del territorio per lo sviluppo dello stesso. Il supporto organizzativo, tecnico, logistico (ed eventualmente anche economico) delle istituzioni, in un Paese civile e consapevole, sarebbe quantomeno auspicabile. Ma ho detto civile e consapevole, che in Italia non sempre collima con reale, o almeno non ancora. Altra storia invece è che Ypsigrock non sia ritenuto una manifestazione meritevole da parte di chi dovrebbe sovrintendere ai servizi per uno sviluppo responsabile del turismo siciliano. Non ci sarebbe stato nulla di male se i contributi fossero stati elargiti ad altre pregevoli realtà, di qualità e spessore conclamati. Il punto è che invece, a fronte di una nostra bocciatura, sono risultati idonei persino eventi fantasma. Alcune delle manifestazioni risultate in quell’occasione “sufficienti” non hanno nemmeno un sito internet, nessun riscontro sulla stampa, nessun tipo di indicizzazione, altre nemmeno esistono, eppure quelle graduatorie vogliono farci credere si tratti di eventi di richiamo turistico di alto livello, o perlomeno superiore a quello di Ypsigrock, che un ritorno ce l’ha ed è concreto e documentato. Questo è semplicemente vergognoso e torbido, al di là del mancato finanziamento ad Ypsigrock nello specifico. Da qui la nostra personale e professionale indignazione.
Ci raccontate com’è l’organizzazione dell’evento in spazi come il chiostro di S. Francesco o l’ex Chiesa del Crocifisso (MR Y. Stage)?
MC: Da questo punto di vista il sostegno e la collaborazione da parte del Comune di Castelbuono è sicuramente fondamentale. Fortunatamente nel nostro caso accedere a luoghi affascinanti come quelli che caratterizzano i palchi di Ypsigrock non è mai stato snervante come può esserlo invece per eventi che si svolgono in grandi città o in location dove non vi è l’appoggio delle istituzioni locali. Sotto questo aspetto il nostro iter burocratico è sicuramente meno tortuoso di quello di altre realtà italiane, perchè il Comune di Castelbuono ha sempre riconosciuto il valore di Ypsigrock e, nei modi e coi mezzi a propria disposizione, nel corso degli anni ha agevolato il suo corretto svolgimento, accogliendo generalmente con entusiasmo le nostre iniziative. Nel dettaglio l’ex Chiesa del Crocifisso, attuale Centro Sud e scenario del nostro quarto palco, è un vero e proprio laboratorio urbano destinato ad ospitare attività promosse dai gruppi e dalle associazioni castelbuonesi, dotando così la comunità di un luogo adatto all’organizzazione di eventi e attività sociali e culturali. La struttura è stata oggetto di lavori di restauro finanziati dalla Fondazione con il Sud, che ha individuato nel sistema territoriale di Castelbuono un’area di sperimentazione per un intervento integrato di sviluppo locale. Si tratta quindi di un felice esempio di intervento di infrastrutturazione sociale, reso possibile grazie ad un finanziamento privato, e affidato nella sua fase iniziale proprio alla nostra Associazione.
E invece il pubblico europeo? Risponde alla chiamata della Sicilia?
MC: Negli ultimi anni abbiamo riscontrato un sempre maggiore interesse da parte dell’estero. Questo vale sia per quanto riguarda il pubblico, sia la stampa, sia la comunità internazionale degli addetti ai lavori, le agenzie straniere di booking per esempio.
Il pubblico straniero arriva prevalentemente dall’Inghilterra, ma abbiamo spettatori provenienti da ogni parte d’Europa: Germania, Svizzera, Francia, Spagna, Svezia, Norvegia, Polonia, Grecia, Croazia, e sembrerà assurdo ma anche dagli Stati Uniti e dall’Australia! Alcuni turisti che si trovano per le loro vacanze in quel periodo in Italia o in Sicilia scelgono di passare un weekend proprio ad Ypsigrock. Ci sono spesso delle situazioni paradossali. Per esempio, attualmente per questa edizione sono stati acquistati molti più abbonamenti in Inghilterra che in Toscana, ecco! Tutto ciò fa un po’ riflettere, no? L’attenzione che Ypsigrock riceve dall’estero, soprattutto per quanto riguarda il lato stampa, è per certi versi molto più puntuale di quella che in genere riceve sul fronte italiano. Questo secondo noi incide parecchio. Per quanto ci riguarda sono ormai molti anni che lavoriamo per rafforzare il fronte promozionale anche sull’estero, tutto a budget zero o quasi, perchè purtroppo non possiamo investire cifre adeguate. Potessimo farlo sarebbe grandioso. Però per esempio la comunicazione essenziale del festival è sempre operata sia in lingua italiana che inglese o addirittura solo in inglese. Il sito ufficiale è specchiato italiano-inglese in ogni sua singola parte, inoltre tutti i materiali squisitamente pensati per la stampa, non solo i semplici comunicati ma anche tutti i documenti informativi sono sempre disponibili anche in inglese. E la notizia è che gli inglesi li leggono! Gli italiani di solito nemmeno li trovano, perchè non li cercano naturalmente, altrimenti si accorgerebbero anche loro di averli sotto al naso. È chiaro che rendere intellegibili le informazioni per un pubblico straniero è il primo passo per aprirsi ad un mercato di quel tipo, ma ovviamente non basta. Ypsigrock, pur sfoggiando una passionalità profondamente siciliana, ha un taglio internazionale sotto svariati aspetti, a partire dalla proposta artistica non solo musicale ma creativa in generale. Forse è questo che lo rende, agli occhi di molti stranieri, così speciale. Ad alcuni deve sembrare una specie di ibrido dal sapore un po’ mitologico, irreale. Come sarebbe indossare un Alexander McQueen sul set di uno spot Dolce & Gabbana? Ecco, credo che Ypsi faccia più o meno quell’effetto lì ad un inglese.
Siete entrati nella shortlist come Best Small Festival agli EFA (European Festival Awards): com’è il vostro rapporto con l’Europa dei festival?
MC: Per la prima volta nella storia degli European Festival Awards un festival italiano è entrato nelle shortlist, quel festival è Ypsigrock e noi ne siamo particolarmente orgogliosi. Non abbiamo portato a casa il premio ma essere stati i primi a raggiungere un traguardo simile all’interno dell’universo così vasto dei festival europei è già un risultato insperato. Essere menzionati ed accostati a colossi veri e propri fa un certo effetto, soprattutto nella misura in cui noi non possiamo economicamente nè logisticamente competere con quelle ammirate realtà. Ma come cita un nostro claim: i grandi si rispettano, i piccoli si divertono! Noi prima di essere organizzatori siamo felici spettatori, frequentiamo regolarmente molti festival, sia in Italia che all’estero. Ci piace la musica dal vivo e ci spostiamo con curiosità. In Italia siamo stati più volte spettatori al Club To Club, TOdays, MI AMI, roBOt, Spring Attitude, Elita e molti altri eventi. Abbiamo frequentato parecchi festival in giro per il mondo, giusto per citarne alcuni: il Primavera Sound a Barcellona, che è stato per molti anni un appuntamento fisso per noi prima che esplodesse la dipendenza da Primavera, ma abbiamo sperimentato anche il suo spin-off portoghese, il NOS Primavera, che troviamo decisamente più godibile (e dove tra l’altro si mangia pure meglio, consigliato!). Sempre in Portogallo siamo stati al NOS Alive, ma abbiamo vissuto parecchie esperienze anche in Inghilterra, per esempio al Field Day, all’ormai ex Hard Rock Calling e al mitico Glastonbury, in Olanda all’Eurosonic, sempre in Spagna al Sonar, in Texas al SXSW, in Germania al Reeperbahn e via dicendo. Personalmente settimana prossima parto per il Great Escape e poi ci aspettano tanti altri appuntamenti. Insomma, sì, di festival ne portiamo tanti sulla nostra pelle. L’età aiuta in questi casi :) Tuttavia non ci ispiriamo ad un evento in particolare, ci lasciamo ispirare da tutto quello che ci entusiasma, può succedere ad un festival come ad una mostra, ad un flea market, al cinema, in un parco, insomma dappertutto e di solito ciò che ci entusiasma sono piccoli dettagli, spesso nascosti. Ecco, se ci colpiscono certi dettagli che troviamo in giro ci chiediamo subito come potremmo rielaborarli all’interno di un contesto così inedito come Ypsigrock declinandoli a modo nostro. La risposta più immediata in certi casi è “non si può fare”. Spesso tante cose che vorremmo realizzare non sono materialmente fattibili per la configurazione logistica od organizzativa di Ypsigrock stesso. È di fronte a questi limiti che di solito ci vengono le idee migliori.
Avete appena partecipato alla Canadian Music Week – in cosa consiste? Com’è andata?
MC: La Canadian Music Week è il più grande ed importante festival sull’industria musicale canadese. Giunto ormai alla sua trentacinquesima edizione ha dedicato quest’anno il suo Focus Country proprio all’Italia. Per la prima volta gli operatori di riferimento del settore musicale italiano sono stati invitati a partecipare a questo importante appuntamento. Noi siamo stati tra i relatori del focus sull’industria musicale italiana e abbiamo avuto modo di esporre tutte le peculiarità che distinguono Ypsigrock sulla scena musicale internazionale. Poche settimane dopo quell’appuntamento siamo stati invitati anche alla Jornades Professionals, una conferenza all’interno del programma del Mercat de Música Viva de Vic, a Barcellona, dove professionisti italiani e catalani si sono confrontati, analizzando insieme alcune variabili del business musicale per promuovere lo scambio professionale tra Italia e Catalogna, con un focus anche sulla programmazione dei festival. Un altro tra gli appuntamenti di questo genere che ormai da anni ci vede coinvolti regolarmente è il Reeperbahn Festival ad Amburgo, durante il quale sono organizzati decine di meeting: un’ottima occasione per incontrare gli organizzatori dei maggiori festival del mondo e i principali operatori del settore. Essere presenti a questi eventi da parte nostra rientra in quel programma di apertura verso l’estero che menzionavo prima.
Come vedete la situazione della musica dal vivo e soprattutto dei festival nel nostro paese? È giusto per voi dire che in Italia i festival non hanno il rispetto che meriterebbero?
MT: Culturalmente l’ascoltatore medio italiano è più legato all’esibizione singola che porta a dare vita in Italia a quelle che sono delle rassegne, cioè a diversi concerti spalmati su un periodo molto lungo, spesso spacciate purtroppo per festival e generando confusione. Molte volte accade che l’italiano medio vola in Spagna, al Primavera, oppure in Ungheria allo Sziget, torna e afferma che in Italia non esistono i festival, perchè ha come riferimento solo quegli esempi. Invece in Italia i festival sono stati costruiti proprio sulle differenze con questo tipo di eventi ed è su questi aspetti che da certi punti di vista hanno costruito il loro vantaggio competitivo, portando alla riscoperta di scorci magici della Bella Italia.
MC: In Italia il pensiero che non esistano festival è predominante semplicemente perchè molti italiani non frequentano i festival italiani spesso per pregiudizi e preconcetti. Alcuni per esempio scelgono solo in base alla lineup, e di solito nemmeno per la qualità della lineup in sè, ma per la quantità di band presenti. Una scelta abbastanza limitante. Chiunque sappia cosa significa davvero vivere un festival sa che la lineup è solo il 40% di tutta l’esperienza. C’è molto di più! In Italia di festival ce ne sono e i nostri festival, tanto bistrattati da gran parte degli italiani, all’estero (che di festival ne masticano da una cinquantina di anni) sono ritenuti molto affascinati. Non sono festival da 300.000 persone, ma non è certo la capienza che definisce un evento. Nessuno fuori dall’Italia penserebbe mai che un festival è tale solo se supera un determinato numero di spettatori. L’italiano lo pensa perchè è cresciuto credendo che “grande è bello” e, abituato com’è agli spazi e alle situazioni a misura d’uomo che caratterizzano la sua quotidianità, per una sorta di retaggio culturale è affascinato dalla vastità e dalla grandezza. Esistono migliaia di festival al mondo e la maggior parte sono medio-piccoli e nessuno si sogna di non definirli festival solo perchè non fanno centinaia di migliaia di spettatori o solo perchè non si svolgono in location vastissime. Sono ben altri i fattori che determinano un festival! In Italia hanno generalmente lineup da 20-30 band, spesso senza sovrapposizioni, come nel nostro caso, tutte godibili e in contesti superlativi ed esclusivi. In Italia i festival ci sono, hanno una dimensione tutta loro, specifica e preziosa. Ma di certo se un mercato dei festival esiste non è per merito di chi ad un festival italiano non ha mai messo piede.
Nel nostro specifico caso siamo consapevoli di quali siano le peculiarità che rendono Ypsigrock un festival da salvaguardare oltre ogni ragionevole dubbio, e non parlo solo della location che già di per sè vale il viaggio. Parlo del fatto che la dimensione umana di Ypsigrock avvicina lo spettatore a personaggi che diventano, di colpo, persone. Ad Ypsigrock puoi trovarti a bere una birra al bar con i Battles, in gelateria con Stephen Malkmus, in un circolo ricreativo per anziani dove Caribou di colpo si mette a suonare, oppure sotto palco abbracciato a Rachel Goswell mentre guarda Elena Tonra dei Daughter che piange sul palco per l’emozione di trovarsi davanti ad una Piazza Castello gremita, gli Alt-J che nel cassone di una jeep sgangherata si divertono a scattare foto ai passanti e mille altre cose che ai festivaloni di certo non vivi. E questa è una opportunità talmente speciale da essere unica.
Quindi se in Italia i festival non godono di ottima salute, come invece meriterebbero, è soprattutto per colpa di chi non li frequenta, di chi li snobba perchè nemmeno ne ha capito il valore assoluto e chiaramente anche di chi li frequenta solo se gli si allunga un accredito.
La prossima edizione dell’Ypsigrock sarà dal 10 al 13 agosto 2017 a Castelbuono (PA)
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