La settimana scorsa Reuters ha ricevuto un report interno del Dipartimento della Sicurezza Interna americano con i dati sulla costruzione del muro tra Messico e Stati Uniti: il progetto costerà all’Unione circa 21 miliardi di dollari lungo un periodo di tre anni. Una cifra molto più alta rispetto ai 12 miliardi sbandierati da Donald Trump durante la campagna elettorale, e anche ai 15 dichiarati dal rappresentante repubblicano Paul Ryan. Il progetto – che dovrebbe terminare entro il 2020 – sarà diviso in tre distinte fasi e riguarderà i 2000 km che uniscono il territorio americano a quello messicano.
“The wall is getting designed right now” (Si sta progettando il muro proprio in questo momento)
La prima fase coprirà una sezione di soli 42 km al cui interno rientrano San Diego (California), El Paso (Texas) e una parte della valle del Rio Grande. Sarà la meno costosa – si è previsto un costo inferiore ai 360 milioni – ma la più remunerativa a livello politico, permettendo a Trump di dimostrare l’efficacia e la riuscita della sua promessa elettorale. La seconda fase coprirà una lunghezza di 242 km in Texas, mentre la terza i restanti 1,700 km. Giusto per capirci.
In mezzo a questa bufera politica dai toni kafkiani, si trova un piccolo campo da golf.
Dove le acque del Rio Grande separano la cittadina americana di Brownsville, in Texas, dalla città messicana di Matamoros, si trova infatti un campo da golf che già da dieci anni è ostacolato dalla recinzione al confine tra i due Paesi. Quando Trump costruirà il muro, e non ci sono dubbi che lo farà, il Fort Brown Memorial Golf Course diventerà ufficialmente terra di nessuno.
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Con l’approvazione del Secure Fence Act nel 2006, parte del confine era stato segnato dal posizionamento di palizzate e staccionate lungo le rive del fiume. In quella occasione l’attività di Robert Lucio era stata esclusa, lasciando le 18 buche in un limbo territoriale. Il campo era stato fondato negli anni Cinquanta per permettere anche a chi non aveva accesso all’esclusivo country club della città di potersi esercitare con una mazza da golf — un rifugio per la classe media americana durante il boom economico degli anni Sessanta, foraggiato dalla Pan-American Golf Association per promuovere lo sport.
Nel 2014 il proprietario ha dovuto definitivamente cedere la proprietà alle banche. “Vorrei che almeno il governo ammettesse che quello che sta facendo qua danneggia le persone. Ma immagino che sia esattamente quello che vogliono: una terra di nessuno” ha dichiarato Robert Lucio.
Il caso del Fort Brown Memorial Golf Course è solo una delle tante incrinature che si andranno a creare con la presenza di un muro lungo tutto il confine tra Messico e Stati Uniti.
Gli esperti hanno calcolato che ad un costo in termini economici si andrà a sommare un altissimo costo ambientale. In un articolo dello Scientific America Dan Millis, manager presso il progetto Sierra Club’s Borderlands, ha affermato che “in termini di adattamento climatico, costruire un muro sul confine è un atto di auto-sabotaggio. Il motivo per cui lo dico è che assistiamo a fenomeni di migrazione bloccati dalle recinzioni già presenti, abbiamo migliaia di barriere costruite senza protezioni ambientali”.