Il Libano è stato colpito da una seconda ondata di esplosioni: questa volta sono esplosi numerosi walkie–talkie in uso da parte di membri di Hezbollah. Secondo i dati del ministero della Salute libanese sono state uccise 20 persone e ferite 450 in questa seconda giornata di esplosioni. Nell’attacco del giorno precedente erano state uccise 12 persone, tra cui due bambini, e ferite quasi 3.000. Non è ancora chiara la logistica dei due attacchi, e ufficialmente le autorità israeliane non hanno rivendicato l’attacco, ma il ministro della Difesa Gallant ieri ha commentato trasversalmente la questione, lodando il lavoro dell’esercito e delle agenzie di sicurezza in quella che è “l’inizio di una nuova fase della guerra.” Il produttore dei walkie–talkie è la giapponese Icom, che ha dichiarato che il modello coinvolto nell’attacco è uscito di produzione 10 anni fa. Icom sottolinea che è stata interrotta anche la produzione di batterie per questo specifico modello, e che nelle immagini dei walkie–talkie esplosi non si vede il loro sigillo olografico — aprendo alla possibilità che si tratti di prodotti contraffatti.
Ma questi due attacchi contro il Libano sono legali nel contesto dei trattati internazionali? Secondo alcuni esperti contattati da Al Jazeera, no. Le leggi umanitarie internazionali proibiscono gli attacchi che non sono diretti specificamente a un obiettivo militare, e piazzare esplosivi in oggetti che possono essere presi e utilizzati da chiunque è “inerentemente indiscriminato,” spiega l’avvocata di Democracy for the Arab World Now Sarah Leah Whitson, secondo cui l’attacco è stato condotto nonostante fosse “completamente prevedibile che avrebbe ferito obiettivi militari e civili senza distinzioni.” Inoltre, e più specificamente, un trattato delle Nazioni Unite firmato nel 1996 vieta specificamente di installare trappole esplosive in oggetti che possono essere utilizzati da civili. Il documento — che regolamenta anche l’uso delle mine — dettaglia: “È proibito usare trappole esplosive o altri dispositivi dall’aspetto di oggetti portatili apparentemente inoffensivi” se “sono stati disegnati e costruiti per contenere materiali esplosivi.” L’avvocata per i diritti umani Huwaida Arraf sostiene che l’unico modo per condurre un’operazione legittima di questo tipo sarebbe stato lavorando per proteggere i civili e colpendo solo obiettivi militari, ma “come abbiamo visto, queste bombe sono esplose in supermercati e in altri spazi pubblici.” Un’operazione che insomma “corrisponde alla definizione da manuale di terrorismo di stato.”
Nel frattempo l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato con una maggioranza netta per chiedere a Israele di mettere fine all’occupazione dei territori palestinesi. 124 hanno votato a favore, 43 si sono astenuti, e 14 hanno votato contro. Gli Stati Uniti, Israele e alcuni dei loro alleati più fedeli — Argentina, Repubblica ceca, Ungheria — hanno votato contro, mentre si sono astenuti molti paesi che orbitano attorno a Washington ma che non si sono voluti esporre altrettanto — l’Italia, ma anche Austria, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito, Ucraina, e alcuni altri. L’Assemblea generale chiede che “Israele metta fine senza attesa alla propria presenza illegale nei Territori palestinesi occupati” entro i prossimi 12 mesi. Il testo prevede anche che Israele paghi riparazioni di guerra per i danni causati durante l’occupazione, e che i palestinesi costretti a lasciare la propria residenza a causa dell’occupazione possano tornare a casa. Il presidente della Palestina Mahmud Abbas ha accolto molto positivamente la risoluzione, sottolineando come rinnovi le speranze dei palestinesi nel contesto dell’aggressione di Gaza.