In Francia la sinistra potrebbe tornare a fare la sinistra come opposizione forte al governo di Macron. Al primo turno delle legislative la Nupes ha ottenuto gli stessi voti del partito del presidente ma deve confrontarsi con le sue divisioni interne
Per Jérôme Lambert, la serata di ieri ha rappresentato forse il capolinea di una lunga carriera politica. Lambert, pronipote di François Mitterrand (la madre era la figlia di Colette, sorella dell’ex presidente), era fino a ieri il deputato più longevo dell’Assemblea Nazionale: eletto per la prima volta nelle file del Partito socialista nel 1988, nella terza circoscrizione del dipartimento della Charente, in Nuova Aquitania, dopo una mancata rielezione era rientrato nell’aula del Palazzo Borbone nel 1997, per non riuscirne più.
Negli anni Lambert ha preso posizioni molto discutibili: nel 2013 aveva votato contro il matrimonio omosessuale, e lo scorso anno si è espresso in maniera contraria anche alla procreazione assistita. Poche settimane fa Mediapart ha rivelato che il deputato vive ormai da 25 anni in un alloggio sociale a Parigi per il quale paga 971€ di affitto, di fronte a un prezzo di mercato stimato di 2300€. Tutti questi elementi hanno portato la NUPES (Nouvelle Union Populaire Ecologique et Social), la coalizione che riunisce la sinistra francese per queste legislative, a chiedere e ottenere che i socialisti abbandonassero Lambert e appoggiassero invece la candidatura unitaria di Marie-Pierre Noël.
Il risultato? Sia Noël che Lambert, candidatosi da indipendente, sono stati esclusi dal ballottaggio: arrivando rispettivamente al terzo e al quarto posto senza raggiungere il 12,5% degli aventi diritto. Il secondo turno sarà invece tra Caroline Colombier, candidata dell’estrema destra del Rassemblement National, e Sylvie Mocoeur, della coalizione presidenziale Ensemble!, in una circoscrizione che negli ultimi 44 anni aveva votato solo una volta per un candidato non di sinistra.
I risultati
La vicenda della Charente ha diverse peculiarità che la rendono una storia a sé, in una serata tutto sommato positiva per l’unione della sinistra francese: i risultati definitivi parlano di un sostanziale testa a testa con l’area macroniana che vede di pochissimo avanti Ensemble! secondo i dati ufficiali (25,7% – 25,6%, con uno scarto di 20mila voti), mentre Le Monde, includendo anche partiti presentatisi nella NUPES fuori dalla Francia continentale, parla di una “vittoria” per circa 0,3 punti percentuali, 26,1% contro 25,8%.
Nella serata di ieri Jean-Luc Mélenchon, il leader della France Insoumise e della coalizione progressista, si è espresso con toni entusiastici parlando della “prima sconfitta di un Presidente appena eletto alle successive Legislative nella storia della Quinta Repubblica.” Mai, in effetti, la maggioranza presidenziale era stata così in bilico. Ma persino un risultato così deludente non dovrebbe mettere a rischio la tenuta dell’esecutivo attuale: le proiezioni di Ifop sul secondo turno indicano come la maggioranza presidenziale dovrebbe ottenere tra i 275 e i 310 seggi, con la sinistra ferma tra i 175 e i 205. Molti, ma non abbastanza da imporre la coabitazione a Macron, che nel peggiore dei casi, quello in cui non dovesse ottenere la maggioranza assoluta (289), potrebbe formare un governo di coalizione insieme ai Repubblicani (45-65 seggi).
Le crepe della migliore opposizione possibile
La sinistra dovrebbe quindi limitarsi a ricoprire il ruolo di prima forza di opposizione all’interno dell’Assemblea Nazionale: un ottimo risultato per un’area politica in enorme difficoltà sin dall’inizio dell’era macroniana, ma nel quale si iniziano già ad intravedere le prime crepe.
Già prima del voto, i dissidenti socialisti avevano provato a far valere la loro voce sul piano legale. Quattro militanti del partito, infatti, avevano presentato ricorso al tribunale di Créteil per chiedere l’annullamento dell’accordo, siglato dal segretario socialista Olivier Faure il 6 maggio, per l’ingresso nella NUPES: sostenendo che il PS avrebbe dovuto convocare un congresso per coinvolgere i militanti nella decisione. Il ricorso era stato inizialmente accolto, per poi essere respinto dalla Corte d’appello di Parigi a tre giorni dal voto.
Jérôme Lambert non è l’unico candidato di sinistra ad aver corso al di fuori della coalizione guidata da Mélenchon: sono circa 60 i dissidenti socialisti ad essersi candidati da indipendenti, spesso sostenuti anche dalla dirigenza locale del partito. Alcuni hanno ottenuto buoni risultati, persino migliori dei candidati della NUPES: nella terza circoscrizione del dipartimento Pirenei Atlantici, il deputato uscente del PS David Habib è arrivato in testa proprio davanti al candidato ufficiale della gauche, e ha ottime possibilità di portare a casa il seggio. In altri casi, le divisioni si sono trasformate in un suicidio politico: è il caso della seconda circoscrizione della Dordogna, dove la candidata della gauche Michèle Roux è rimasta fuori dal ballottaggio per 300 voti, laddove il candidato della sinistra dissidente ne ha ottenuti circa 6mila.
Fronde e dissidenti nel Ps
Proprio in Dordogna, la fronda interna al Partito socialista si è dimostrata particolarmente combattiva. Nei giorni precedenti al voto si sono recati nella regione prima Bernard Cazeneuve, ex primo ministro sotto Hollande; e poi la presidente socialista dell’Occitania Carole Delga, tra le capofila dell’area dissidente, che ha proposto un’unione della sinistra alternativa a quella della NUPES, il cui programma è giudicato come “troppo radicale.” Parole simili a quelle di Cazeneuve, che aveva parlato della necessità di una sinistra “repubblicana e laica” contro quella “tumultuosa” di Mélenchon.
La figura principale tra i dissidenti è, tuttavia, quella di François Hollande. L’ex presidente aveva definito “uno sbaglio” l’accordo che concedeva al PS solo 70 candidati su 577 circoscrizioni, dichiarando di voler lavorare già da ora alla ricostruzione della propria famiglia politica in vista delle elezioni del 2027. Una dichiarazione in linea con quanto sostenuto ancora prima delle presidenziali, quando in vista del sicuro fallimento della candidata Anne Hidalgo aveva fatto appello alla costruzione di una “nuova organizzazione” nell’area socialista.
I punti di rottura di un’allenza a trazione Insoumis
I tumulti interni ai socialisti non preoccupano tanto Mélenchon e il resto della sinistra per il peso effettivo che questi avranno nel corso della legislatura: ai socialisti, infatti, dovrebbero andare secondo le proiezioni circa 25 seggi. Pochi, rispetto ai 95-115 della France Insoumise, che dovrebbero garantire a questi ultimi la possibilità di mettere in piedi una forte opposizione parlamentare anche da sola. Piuttosto, le voci critiche nel PS rischiano di allontanare dalla coalizione un elettorato di area moderata che nel 2027, con l’incandidabilità di Macron per un terzo mandato e poche prospettive di “successione” nel suo movimento, potrebbe rivolgersi a una larga coalizione di sinistra che tenti davvero la corsa all’Eliseo.
In particolare, proprio su un punto forte del programma macroniano potrebbe consumarsi la rottura tra Mélenchon e gli altri attori della coalizione: l’Europa. Già durante le discussioni per la nascita della NUPES, su questo tema erano emerse delle profonde spaccature tra insoumis e comunisti da un lato, e verdi e socialisti dall’altroche avevano poi trovato sintesi nella formula ambigua della possibilità di una “disobbedienza” ai trattati, pur di applicare il proprio programma. Non a caso, nei giorni scorsi l’ex candidato di Europe Ecologie – Les Verts alle Presidenziali, Yannick Jadot, aveva escluso del tutto la possibilità di ripetere l’esperimento dell’allineamento dietro la compagine di Mélenchon al prossimo appuntamento elettorale nazionale, le elezioni europee del 2024. A sei giorni dal secondo turno delle Legislative, lo sguardo è già rivolto oltre l’alleanza.
in copertina, foto via Instagram @jlmelenchon
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