Le autorità europee sono arrivate a un accordo per garantire che i salari in UE garantiscano un “tenore di vita dignitoso.” Ma in Italia la strada è ancora lunga
Il Consiglio europeo ha annunciato un accordo sulla bozza della direttiva sul salario minimo europeo. Il testo non prevede l’obbligo di istituire un salario minimo legale in tutti gli stati membri, ma punta a creare un quadro che porterà all’innalzamento dei salari, in modo da garantire a tutti un “tenore di vita dignitoso.” La direttiva non riguarderà infatti solo i sei paesi europei senza salario minimo — tra cui appunto l’Italia — ma fisserà gli standard minimi di un salario con cui si possa vivere dignitosamente.
Il Consiglio sottolinea che la direttiva dovrebbe rafforzare il ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva, e non indebolirlo, come spesso sostengono i critici del salario minimo legale. Infatti, nel testo ci saranno anche misure riguardanti i diritti sindacali e l’accesso alla contrattazione collettiva. La Commissione e il Parlamento hanno concordato che i parametri del salario minimo legale dovranno essere aggiornati almeno ogni due anni, sempre con il coinvolgimento delle parti sociali. Agnes Jongerius, europarlamentare dei laburisti olandesi che ha seguito la direttiva per S&D ed era a capo dei negoziatori del Parlamento, ha sottolineato che sono 22 i paesi europei che non sono adeguati alle misure che verranno introdotte, e dove molti lavoratori ricevono paghe con cui è impossibile vivere.
L’accordo deriva da una proposta del Parlamento europeo inviata al Consiglio lo scorso ottobre, a cui hanno fatto seguito 8 round di consultazioni e negoziati. La trattativa si è conclusa in piena notte — Jongerius ha pubblicato un video in cui annunciava l’accordo alle 3 di notte. Dragoș Pîslaru, europarlamentare romeno di Renew Europe, ha pubblicato due foto di gruppo per celebrare l’accordo, pubblicando anche un’immagine zoomata sul dettaglio dell’orologio a muro, che segna le 2:44 di notte.
L’Italia, insomma, non sarà obbligata ad approvare una legge sul salario minimo legale, ma dovrà scegliere con quali strumenti intervenire — anche rafforzando la contrattazione collettiva — per garantire che i salari siano superiori al 60% del salario mediano lordo, oppure al 50% del salario medio lordo, che in Italia si traduce in una cifra media di 9 euro l’ora. In Italia la normativa interesserebbe 4,6 milioni di lavoratori, tra cui il 90% dei lavoratori domestici e il 35% degli operai agricoli.
Secondo il ministro del Lavoro Orlando, che ultimamente si è fatto portavoce della necessità di introdurre il salario minimo, la direttiva europea rappresenta “un assist per i lavoratori.” L’attuale maggioranza di governo però resta spaccata: se da un lato Conte vorrebbe vederlo approvato già in questa legislatura, soltanto pochi giorni fa il ministro Brunetta ha detto che il salario minimo legale “è contro la nostra storia di relazioni industriali e sindacali.” I tempi, molto probabilmente, trascendono la durata di questo governo: quando la direttiva sarà approvata definitivamente — mancano il placet della plenaria del parlamento europeo e poi la ratifica del Consiglio — gli stati membri avranno due anni di tempo per recepirla.
Pd e M5S vorrebbero portare in Parlamento una proposta di legge sul salario minimo almeno entro luglio, ma trovare un accordo sarà difficile, anche all’interno della coalizione di centrosinistra: se i 5 Stelle difendono il testo dell’ex ministra Nunzia Catalfo, che mette nero su bianco il minimo di 9 euro lordi all’ora, il Pd preferirebbe derogare la questione ai contratti di settore, dicendo che la soglia dei 9 euro si raggiungerebbe “in modo implicito.” Secondo gli ultimi dati dell’Inps, quasi il 30% dei lavoratori in Italia prende una paga oraria inferiore — percentuale che sale al 35% tra i lavoratori agricoli.