Per riconoscersi ne Le perfezioni, il nuovo libro di Vincenzo Latronico, non c’è bisogno di essere giovani di buone promesse trasferitisi a Berlino nei primi anni Dieci. Basta essere stati un po’ (troppo?) online mentre i social network fagocitavano il mondo.
Un uomo è seduto sul divanetto di una psicologa. “Come ti ha fatto sentire questa cosa che ti è successa?”, gli chiede lei. “Non sono molto bravo a descrivere le mie emozioni, non è che per caso puoi mostrarmi una serie di meme finché non ne trovo una sotto a cui commenterei mood?”, risponde lui.
L’interazione stessa è un meme: lo so perché una volta l’ho mostrato alla mia psicologa sullo schermo del mio cellulare, mentre ero seduta sul suo divanetto. Ma anche perché è un’immagine che mi è più volte tornata in mente mentre leggevo Le Perfezioni, il nuovo libro di Vincenzo Latronico, appena uscito per Bompiani.
Al centro del romanzo, che si legge in un pomeriggio, ci sono Anna e Tom, due millennial qualsiasi, che da una provincia europea qualsiasi — potrebbe essere la pianura padana come la periferia francese — si trapiantano a Berlino alla ricerca della “libertà di essere se stessi, cioè di inventarsi, cioè di essere diversi da se stessi.”
Anna e Tom fanno la vita che sono convinti di sognare. Hanno un bellissimo appartamento pieno di piante, riviste in inglese, vinili, dettagli ricercati. Uno di quei lavori che ti dici di fare per passione: in questo caso i graphic designer/web developer/online brand strategist, ma sarebbero potuti essere con la stessa facilità fotografi, scrittori, giornalisti freelance. Una comunità vibrante, fatta di persone sempre nuove da tutto il mondo con cui condividere weekend avventurosi e discussioni impegnate. Una relazione solida.
E il tempo per godersi tutto questo. Almeno in teoria. Mood?
Dietro al feed di Instagram scintillante che fa crepare d’invidia gli amici rimasti in provincia — e che segnala, in ogni suo dettaglio, l’appartenenza a una mitologia condivisa, fatta di ambizioni e aspirazioni sublimate nelle serate, le frequentazioni, gli arredamenti, i gusti giusti — la situazione è un po’ più complessa. La casa costa più di quel che dovrebbe (sempre di più, man mano che passa il tempo), e le piante, le riviste in inglese, i vinili, i dettagli ricercati non bastano da soli a trasformare la quotidianità di Anna e Tom nella vita a cui aspirano. Il lavoro è un po’ ripetitivo, non esattamente significativo, e più precario di quello che vorrebbero sia loro, che i loro genitori (che non capiscono bene cosa stiano facendo con la loro vita). La vita sessuale di coppia è quella che è, e non si trova il coraggio o la voglia di cambiarla. La comunità è costantemente minacciata da inverni troppo freddi, nostalgie di casa, opportunità migliori altrove.
Le crepe trovano spazio dietro ad ogni facciata. Mood.
Quella raccontata da Latronico è, per rubargli le parole di bocca, la storia di “un identico anelito a una vita diversa che animava migliaia di esponenti di un certo segmento socioeconomico,” di una generazione. In questo senso, Le Perfezioni sembra quasi uno studio etnografico, il risultato della fatica di un antropologo che ha passato anni immerso in una società catalogandone con attenzione gli usi, i costumi, i feticci, le leggende.
Per riconoscersi in un aspetto o l’altro della vita di Anna e Tom non c’è però bisogno di essersi trasferiti a Berlino nei primi anni Dieci, a cavallo tra i venti e i trent’anni, o di fare i graphic designer: basta essere stati un po’ (troppo?) online mentre le piattaforme social diventavano grandi, fagocitando il nostro tempo, plasmando il nostro immaginario. Spingendoci a mettere in scena una performance costante che convinca gli altri e noi stessi di quanto è interessante e ricca di stimoli la nostra vita, quanto siamo al passo con l’ultimo discorso, quanto virtuosa è la nostra posizione politica, quanto equilibrata, felice, perfetta la nostra esistenza.
I social e le loro estetiche — pulite, curate, esportate spesso e volentieri da degli Stati Uniti dove nessuno di noi vive, ma che tutti conoscono meglio del posto dove abitano, lavorano, pagano le tasse — non sono solo un rumore di fondo che accompagna la vita dei protagonisti. Sono la cartina tornasole a cui Anna e Tom sbirciano costantemente, cercando conferme su una vita che sembra altrimenti bloccata in un eterno, sconcertante presente.
In questo senso è molto adatto che il libro, da cui trapela la convinzione interiorizzata dai millennial occidentali che stessimo vivendo la bonaccia della fine della Storia, finisca nel 2019, prima che cominciassimo a vivere tutti di nuovo in tempi interessanti. E prima che Instagram si riempisse di photo-dump “autentici,” sfocati, volontariamente poco curati, diametralmente opposti a come l’app era stata pensata per essere usata.
Le perfezioni racconta quindi un passato talmente recente che è impossibile osservarlo senza ricordare perfettamente com’era viverci dentro. Il conformismo dei protagonisti è talvolta portato all’estremo, ma nei tempi che abitano, le pressioni esterne e interiorizzate che subiscono, le insoddisfazioni che montano in loro, ciascuno può trovare uno specchio di quello che sotto sotto è, o ha smesso di essere da molto poco.
Forse il vostro mostra la convinzione che sarebbe stato bello essere giovani negli anni Sessanta, quando un futuro diverso sembrava ancora possibile e l’impegno politico non sembrava il labirinto di vicoli ciechi ed estetica che pare essere oggi.
Forse nell’angolo dello specchio c’è quella pianta che avete comprato perché l’avete vista su Instagram e che è diventata la prima di una collezione che è anche un tratto di personalità.
Forse vedete riflessa la sensazione strisciante che i riferimenti culturali attorno a voi stanno cambiando tanto velocemente da non volerli capire più, e tutto d’un tratto vi sentite come quell’orsetto neurotico che annuncia che, unfortunately, the vibe is continuing to deteriorate.
Nello stesso modo in cui potremmo mostrare alla psicologa quell’orsetto o un procione che rovista in un cassonetto e dire “ahah, guarda, sono io”, leggere Le Perfezioni fa sentire al contempo compresi, esposti, percepiti. Meno soli, ma anche molto meno unici.
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