Il movimento per il diritto all’aborto in Sudamerica non si ferma
Le attiviste della Marea Verde ci raccontano la loro vittoria e la sentenza storica della Corte Costituzionale in Colombia — mentre guardano al futuro del movimento, nei paesi del Sudamerica dove l’aborto è ancora reato
Le attiviste della Marea Verde ci raccontano la loro vittoria e la sentenza storica della Corte Costituzionale in Colombia — mentre guardano al futuro del movimento, nei paesi del Sudamerica dove l’aborto è ancora reato
Lunedì 21 febbraio, in Colombia, la Corte Costituzionale ha deciso di depenalizzare il ricorso all’aborto entro le prime 24 settimane di gravidanza. Una sentenza molto importante per i diritti delle donne, emessa in uno dei Paesi più popolosi del Sudamerica e con una forte componente cristiana e conservatrice. È il segno che la “Marea verde” nata in Argentina si sta diffondendo a cascata in tutto il continente.
Fino a pochi giorni fa era possibile ricorrere all’IVG (interruzione volontaria di gravidanza) solo in alcuni casi, come ci spiega Dayana Corzo, avvocata, attivista e illustratrice de la Mariquita Decidida, un racconto sul diritto all’aborto in Colombia. “Da 15 anni si poteva accedere all’aborto (grazie a una sentenza del 2006) però solo in caso di rischio per la vita della madre, malformazione nel feto e violenza o abuso, compresa l’inseminazione artificiale senza consenso,” racconta durante l’intervista. “Ora si amplia questo diritto. L’aborto può essere messo in atto senza essere considerato un delitto in qualunque situazione entro le 24 settimane di gestazione.”
Chi aiutava una donna ad abortire o ricorreva all’IVG rischiava infatti fino ai quattro anni di carcere. Ora invece non ci sono restrizioni per i primi sei mesi di gravidanza. Un ampio margine che è stato richiesto a gran voce dalle organizzazioni femministe e pro choice dal 2020, quando hanno presentato alla Corte Costituzionale colombiana la richiesta di esprimersi sul tema e rivedere la precedente sentenza. “Credo che sia un importante risultato per i movimenti e le associazioni femministe e femminili della Colombia e anche dell’America Latina. Richiama l’attenzione il termine per interrompere la gravidanza fissato dalla Corte alla ventiquattresima settimana di gestazione, mentre in Argentina è stabilito a 14 settimane che scendono a 12 in Messico,” ha commentato Marzia Anna Linda Maria Rosti, professoressa di Storia e Istituzioni delle Americhe all’Università Statale di Milano. “Bisogna ora vedere come verrà regolamentata dal governo e dal ministero della Salute questa nuova disciplina. Senza dubbio con questa riforma si cerca di arginare, da un lato, il fenomeno degli aborti clandestini spesso insicuri e dall’altro lato, quello della criminalizzazione delle donne che ricorrono all’aborto.”
L’esigenza di ampliare il diritto all’aborto in America Latina si inserisce in un contesto sociale in cui i diritti riproduttivi e la salute sessuale delle donne vacillano. Ce ne parla Diego Battistessa, Ce ne parla Diego Battistessa, latinoamericanista e docente all’Università Carlos III di Madrid. “L’aborto legale, sicuro e gratuito è una richiesta di giustizia sociale, diritti umani e salute pubblica che sta attraversando la regione latinoamericana e che ha preso vigore e impeto negli ultimi anni. Mentre questa lotta avanza però sono ancora decine di migliaia le donne che perdono la vita in aborti illegali nella regione. La situazione è particolarmente grave rispetto alle madri-bambine e in un recente report del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) denunciava che la regione ha ancora il secondo più alto tasso di gravidanze adolescenziali al mondo: si stima che quasi il 18% di tutte le nascite nella regione corrisponda a donne di età inferiore ai 20 anni. Inoltre la mortalità materna in America Latina e nei Caraibi è tra le tre principali cause di morte nelle adolescenti tra i 15 ei 19 anni di età. In quelle di età inferiore ai 15 anni, il rischio di morire per cause legate alla gravidanza è fino a tre volte superiore rispetto alle donne di più di 20 anni. In America Latina si ritiene che il numero annuo di aborti realizzati in condizioni precarie e pericolose, tra le adolescenti di età compresa tra i 15 ei 19 anni raggiunga i 670.000 casi. Parlando della Colombia, i dati del DANE (Departamento Administrativo Nacional de Estadística) presentati nel report emesso a gennaio 2021 comprovano quanto sopra. I dati del DANE dicono che nel 2020 ben 4.268 le bambine tra 10 e 14 anni sono diventate madri. Di queste, il 44,4% ha abbandonato gli studi a causa della gravidanza».
Chi sono stati i maggiori oppositori alla depenalizzazione dell’aborto in Colombia? Un ruolo rilevante è stato assunto dalle comunità religiose, sia evangeliche che protestanti. Le attiviste intervistate raccontano che in molti casi i gruppi cristiani si presentavano alle manifestazioni con rosari e testi sacri. “Molti pro vita hanno portato i rosari, recitato l’Ave Maria durante i presidi e dicevano che siamo ragazze indemoniate, segni del diavolo,” ci racconta Judy Nicole Sánchez, studentessa di ingegneria ambientale e sostenitrice della Marea verde.
Daniela Gil, che ha partecipato alle iniziative a sostegno della legalizzazione dell’IVG, aggiunge: “Chi si è espresso in modo contrario a questo diritto è sicuramente una persona con poca empatia. Basta riflettere sul privilegio: se una donna ricca è incinta e non vuole diventare madre, grazie al denaro poteva accedere a un aborto relativamente sicuro. Però quelle povere no.” Secondo i rilievi del ministero della Salute, in Colombia ogni anno si realizzano circa 400 mila aborti clandestini. Di essi 130 mila sviluppano delle complicazioni e in 70 casi si giunge alla morte. Chi si trova in condizioni di maggiore povertà va incontro a maggiori rischi per la propria salute e per la propria vita in caso di IVG clandestina.
La situazione colombiana si inserisce in una serie di trasformazioni che coinvolgono tutto il Sudamerica. Lo ricorda Battistessa: “La sentenza del 21 di febbraio segna un punto storico, che arriva dopo anni di lotta e di sensibilizzazione dei movimenti femministi e per l’emancipazione della donna in Colombia. Movimenti come quello di Causa Justa, nato due anni fa, sospinti da un’onda di attivismo trasversale e regionale che prende il nome di ‘onda verde’. Dall’Argentina, al Messico, passando ora per la Colombia, i movimenti stanno cercando di rompere i bastioni del conservatorismo cattolico anche i paesi come l’Ecuador, dove si è raggiunta una mezza vittoria pochi giorni fa. Sempre di febbraio infatti la notizia che con con 75 voti favorevoli, la sessione plenaria dell’Assemblea nazionale dell’Ecuador ha approvato il testo definitivo della legge che garantirà l’aborto in caso di stupro. Il progetto approvato stabilisce un massimo di 12 settimane di gestazione per l’aborto da eseguire in caso di stupro e fissa un termine eccezionale fino a 18 settimane di gestazione per ragazze, adolescenti, donne provenienti da zone rurali e di popoli e nazionalità indigene.
A livello regionale, l’osservatorio per l’uguaglianza di genere della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) segnala che, i Paesi dove l’aborto è legale nelle prime settimane di gestazione (senza condizioni) sono solo Uruguay, Cuba, Guayana, Guyana Francesa, Porto Rico e Argentina. I Paesi dove l’aborto è sempre proibito senza eccezioni sono: Salvador, Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana e Haiti. Nel resto dei paesi esistono leggi diversificate. Ad esempio Paraguay, Venezuela, Guatemala, Perù e Costarica hanno alcune delle leggi più restrittive e depenalizzano l’aborto solo nel caso in cui la vita o la salute della donna incinta sia in pericolo. Alcuni paesi, come Cile, Colombia e Brasile, includono nei loro codici penali anche le variabili dello stupro e “inviabilidad” del feto. La Bolivia include oltre a queste due anche la causa dell’incesto e, nel caso del Belize, si prendono in considerazione i fattori socioeconomici. In Messico dipende da Stato a Stato (ad esempio Oaxaca, è il primo stato del Messico ad aver depenalizzato l’aborto, nel 2019)».
La Marea verde è il movimento sviluppatosi in Sudamerica a favore dei diritti riproduttivi, caratterizzato dai fazzoletti verdi (pañuelos) indossati dalle partecipanti. Come evidenzia Corzo “la marea verde è come un’onda che nasce nel Sud America, in particolare in Argentina, per diventare un simbolo di speranza per i diritti delle donne.” Che cosa significa questo movimento per le attiviste? L’abbiamo chiesto direttamente a loro.
Sofía Hernández Flórez, una delle manifestanti, risponde che “la marea verde per me significa unione, resistenza, perseveranza. Siamo un gruppo di donne che ha perseverato per ottenere un risultato specifico per via dell’amore che abbiamo per la nostra vita, quella delle nostre amiche, delle nostre sorelle.”
Laura Gamboa, studentessa di giurisprudenza, aggiunge: “Per me la marea verde è unità, lotta, rivoluzione. Storicamente ci hanno detto che il ruolo di una donna è un altro, però la marea verde ci fa vedere una massa di donne che lotta per i propri diritti. Quindi per me significa che insieme possiamo ottenere molto, insieme siamo rivoluzione. Una lotta per decidere del nostro corpo, dei nostri diritti, perché né la Chiesa né lo Stato né gli uomini possano più scegliere per noi”. Al progetto @santuario_feminista, quando ha saputo della legalizzazione dell’aborto, “gli occhi si sono riempiti di lacrime. Per me la marea verde è rivoluzionaria, stiamo facendo la storia.”
Per portare avanti questa battaglia per i diritti, dalla richiesta mossa alla Corte Costituzionale agli ultimi giorni, le diverse associazioni si sono organizzate principalmente online. Attraverso l’uso dei social network sono state avviate campagne di divulgazione e sensibilizzazione sul tema dell’aborto. “L’educazione sessuale in Colombia è trascurata e dimenticata” ci spiega Gil e, di conseguenza, le attiviste hanno assunto il compito di spiegare lo svolgimento di un aborto, i rischi a cui si va incontro con un’IVG clandestina e l’utilizzo dei contraccettivi. Le iniziative hanno coinvolto l’arte, la musica, la danza, perché” — come spiega Corzo — “l’obiettivo non è solo avere accesso all’aborto, ma anche a una buona educazione sessuale, alla pianificazione delle gravidanze e ai contraccettivi.” E tutto ciò è possibile solo puntando sulla cultura, su una diversa e nuova formazione. Si è così sviluppata una rete dentro e fuori la dimensione virtuale, che ha popolato le strade e le piazze e le ha dipinte — in alcuni casi letteralmente — di verde.
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in copertina, foto via Daniela Gil e Facebook / 14porColombia