I femminicidi aumentano, così come le denunce per stalking e revenge porn. La violenza domestica resta invece un fenomeno sommerso, soprattutto al Sud. I report e le indagini pubblicate da Ong e Reti antiviolenza chiedono di combattere la violenza contro le donne attraverso un cambiamento culturale e più attenzione ai centri antiviolenza
93 dei 109 femminicidi avvenuti dal 1 gennaio 2021 sono avvenuti in ambito affettivo
Mariti, compagni, conoscenti, fidanzati, “spasimanti”. L’85,3% di chi ha compiuto un femminicidio — “omicidio volontario che ha riguardato donne”, secondo la definizione del ministero dell’Interno — aveva un rapporto affettivo o una connessione con la vittima.
Dal 1 gennaio al 21 novembre 2021, 93 dei 109 femminicidi accertati sono avvenuti infatti “in ambito affettivo.” In particolare, secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni, 63 femminicidi sono avvenuti per mano del partner o dell’ex partner. Nel 75% dei casi l’assassino è italiano. Il profilo della vittima: nel 40% dei casi aveva dei bambini, quasi 2 volte su 3 è italiana. La regione dove avvengono più femminicidi è la Lombardia (18) ma il fenomeno è diffuso in tutta Italia.
Il 2021 ha visto un aumento di questo fenomeno dell’8%. Ma nel diritto penale italiano non esiste la fattispecie di femminicidio. La legge 69 del 19 luglio 2019 — la cosiddetta legge “Codice rosso” — non prevede condanne differenti in caso di uccisione di una donna rispetto a quelle per omicidio. Sono previste, invece, aggravanti per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e nuovi reati come il revenge porn e il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare.
La violenza domestica è ancora un fenomeno sommerso
La violenza domestica è un fenomeno diffuso ma meno censito rispetto ai femminicidi. Il report “Questo non è amore 2021” si sofferma sui profili degli uomini violenti e sull’efficacia dell’utilizzo dell’ammonimento, il provvedimento che il questore può emanare per allontanare l’uomo violento e prevenire ulteriori violenze, su richiesta della donna maltrattata. Tra gennaio e giugno 2021, le denunce per atti persecutori e violenza domestica sono aumentate in tutta Italia, con una differenza territoriale significativa: al Sud si denunciano molto meno (+9%) le violenze domestiche rispetto al Nord (+30%). La tendenza si inverte per le denunce “Codice rosso”: la Sicilia è la regione dove le donne hanno denunciato di più gli atti persecutori identificati come stalking e revenge porn.
Il sondaggio “La cultura della violenza”, pubblicato dalla Onlus We World, afferma che nel 2021, almeno 4 donne su 10 hanno subito molestie una volta nella vita e, altrettante all’interno di una relazione sentimentale.
L’ultima grande indagine Istat relativa alla violenza di genere risale al 2014: il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila donne) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. La quota di donne che non parlano con nessuno della violenza subita rappresentava — nel 2014 — il 28,1% nel caso di violenze da partner, il 25,5% per quelle da non partner.
Nel 40% dei casi le donne non denunciano perché hanno imparato a gestire la situazione da sole, o perché non ritenevano il fatto grave (rispettivamente 31,6% e 42,4%). Il 13,8% non ha denunciato perché non voleva che il partner venisse arrestato.
In un’intervista a Rtl 102.5, in occasione della giornata internazionale contro la violenza di genere, la ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini ha affermato che nel 2021 solo il 15-16% delle donne che ha subito violenza ha denunciato il fatto.
Quanto alla prevenzione, i fondi stanziati per i centri antiviolenza ci sono ma vengono spesso utilizzati male o bloccati dalla burocrazia. Al 15 ottobre 2021, le Regioni avevano erogato il 74% dei fondi nazionali antiviolenza delle annualità 2015-2016, il 71% per il 2017, il 67% per il 2018, il 56% per il 2019 e il 2% per l’annualità 2020 — denuncia il report di “Cronache di un’occasione mancata” di Action Aid.
Le donne sono spesso inconsapevoli della violenza subita
Già nel 2014 era evidente che le donne tendevano a non rendersi conto che le vessazioni fisiche e psicologiche che subiscono sono una vera e propria violenza di genere: solo il 35,4% delle donne che hanno subìto violenza fisica o sessuale dal partner riteneva di essere stata vittima di un reato, mentre il 44% sosteneva che si è trattato di “qualcosa di sbagliato” ma non di un reato.
L’indagine di opinione presentata in Senato a novembre da Rete Antiviolenza Milano e Gilead, fotografa una situazione che non è sostanzialmente cambiata a livello di percezione della violenza: circa 3 persone su dieci non considerano violenza “dare uno schiaffo alla partner se lei ha flirtato con un altro”: tra le donne, ne è convinto il 20%, mentre la percentuale sale al 40% per gli uomini. Il 30% delle donne intervistate pensa che costringere la partner a fare sesso non costituisca violenza di genere.
I fatti di cronaca ci dicono che le denunce servono ma la cultura machista è il vero nemico da combattere
Vanessa Zappalà aveva denunciato il suo ex Antonino Sciuto. Il 22 agosto, sul lungomare di Aci Trezza in provincia di Catania, Sciuto ha ucciso la sua ex fidanzata davanti agli occhi della cugina e delle amiche. “Secondo le ricostruzioni, sarebbe arrivato con la macchina e lei lo avrebbe invitato ad allontanarsi, minacciandolo di chiamare le forze dell’ordine. Ma lui non ha desistito: ha seguito il gruppo di amici, l’ha afferrata per i capelli e con una pistola detenuta illecitamente le ha sparato in testa tutti i colpi necessari ad assicurarsi che fosse morta,” scrive il Quotidiano di Sicilia a due mesi dall’omicidio della giovane di Trecastagni, provincia di Catania.
Cosa si può fare per evitare un femminicidio? Tutti i dispositivi penali e di controllo sono fondamentali — compresa la prevenzione con l’ammonimento del Questore — ma la realtà ci dice che la violenza di genere è una pandemia e i femminicidi si potranno evitare solo con un nuovo vocabolario emotivo, rivolto soprattutto agli uomini ma che non deve escludere le donne. “Secondo gli italiani le principali cause della violenza sulle donne sono due,” si legge nel report di We World La cultura della violenza: “L’incapacità maschile di accettare delusioni e fallimenti e la cultura patriarcale e maschilista. Più del 60% degli italiani ritiene questi fattori molto importanti come origini della violenza maschile sulle donne.” Risposta esatta: manca la volontà di combattere, sin dall’infanzia, gli stereotipi di genere.
C’è un collegamento tra il tasso di occupazione femminile e la violenza di genere
Le donne povere, proletarie e senza una rete di sicurezza sono più a rischio di violenza — e spesso non hanno i mezzi e le parole per denunciare. Questo dato è particolarmente vero per le donne migranti e per le donne appartenenti alla categoria dei Neet. In Italia il 50% della popolazione femminile non lavora, a dicembre 2020 il tasso di occupazione femminile è sceso al 48,6% perdendo 1,4 punti percentuali — in parte, si tratta dei famosi 99 mila posti di lavoro persi a causa del Covid. Un dato drammatico se si guarda al Sud, dove la disoccupazione femminile arriva al 70%. Campania, Calabria, Sicilia, Puglia sono tra le Regioni d’Europa con il più basso tasso di occupazione femminile. Per fare un confronto, in Germania i dati sono invertiti, con il 70% delle donne occupate.
Il report della la Fondazione studi dei consulenti del lavoro — pubblicato oggi — afferma che fra le donne inoccupate, ma in cerca di lavoro, il 5,8% è stato vittima di violenza nell’ultimo anno (contro una media generale del 4,5%), ma il dato potrebbe essere fortemente sottodimensionato, considerato che, proprio in corrispondenza di situazioni di disagio educativo ed economico, si riscontra minore propensione alla denuncia di abusi. Nel caso dello stupro, o del tentato stupro, “è più frequente che la vittima sia una donna non lavoratrice: il 9,2% di coloro che sono in cerca di occupazione dichiara, infatti, di aver subìto questo tipo di abusi nel corso della propria vita, contro il 5,4% della media generale”. La pandemia, poi, “ha innescato una nuova crescita del fenomeno, soprattutto degli episodi consumati in ambito familiare, rischiando di portare ad una recrudescenza.”
Il nome della più recente donna vittima di femminicidio nel 2021 è Juana Cecilia Hazana Loayza, 34 anni. Trovata morta a Reggio Emilia la mattina di sabato 20 novembre 2021, era madre di un figlio di un anno e mezzo. Juana era nata a Lima (Perù), ma risiedeva da anni in Italia e lavorava in una cooperativa d’assistenza a Scandiano (Reggio Emilia). Il suo presunto killer è l’ex fidanzato Mirko Genco, 24 anni. I nomi delle donne vittime di femminicidio sono recensiti dall’archivio femminicidioItalia.info
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