Quello del falso ginecologo pugliese è solo l’ultimo esempio di un episodio che mobilita attivist* e opinionist* sui social ma che poi esce dalla discussione alla stessa velocità con cui ci è entrato. Ma come si esce dal circolo vizioso dell’attivismo performativo?
Nei primi giorni di novembre è girato su Instagram un post che denunciava le molestie da parte di un presunto medico subite da 25 ragazze pugliesi. Le donne hanno riferito di aver ricevuto una chiamata da un numero privato e di essersi trovate a parlare con un sedicente ginecologo. Il tale dottor Licante, o Lirante, prima forniva loro dati e i informazioni relative a recenti analisi ginecologiche effettivamente sostenute, poi diagnosticava una qualche infezione e le inondava di domande inerenti alla loro vita sessuale, chiedendo, in alcuni casi, di fare anche una videochiamata.
Il post è diventato virale, riuscendo a raccogliere le testimonianze di altre donne che avevano subito la stessa molestia — arrivando a quota 125. L’interessamento alla vicenda ha però avuto vita molto breve. Come tutti i contenuti di attivismo social, dopo il picco di condivisioni il post è andato a scemare per essere poi sepolto da mille altri. Anche in questo caso, la brama di parlarne a priori ed esprimere sempre la propria opinione il prima possibile rischia di oscurare il vero senso di quello che facciamo e soprattutto del perché sia giusto farlo.
Da un lato i social ci spingono a essere sempre protagonist* — anche quando non siamo propriamente attivist* — ma, dall’altro lato, la loro conformazione strutturale ci porta al tentativo frettoloso di essere sempre in prima linea. I soprusi così creano scalpore per pochi istanti nella propria cerchia ristretta, che risponde in coro alla chiamata alle armi, per essere poi sostituiti e cadere nel baratro. Se i post di attivismo riescono a sensibilizzare su certe tematiche delicate e fondamentali, difficilmente però varcano la soglia della propria bolla online — e nel caso hanno vita molto breve. Questa dinamica improntata sulla velocità e su “chi-arriva-per-prim*” toglie un po’ di significato al proprio impegno politico e rischia di rimanere in superficie, senza andare veramente ad approfondire. Non è meglio a questo punto aspettare un attimo e chiedersi se il nostro contenuto rappresenta veramente un apporto positivo – non spinto dalla fear of missing out?
Intanto su TikTok l* adolescent* si prodigiano nel reality shifting, tecnica che dovrebbe permettere loro di cambiare realtà dopo essersi addormentat*. Tra le varie esperienze, ritorna di frequente il flirt con Draco Malfoy nel mondo magico di Harry Potter.