L’internet non è un paese per sex worker

Da Google a OnlyFans, i tentativi di contrastare il traffico sessuale regolando le piattaforme digitali hanno avuto solo effetti negativi per chi fa sex work

L’internet non è un paese per sex worker

I tentativi di contrastare il traffico sessuale regolando le piattaforme digitali hanno avuto solo effetti negativi per chi fa sex work

Lo sugar dating può essere illustrato così: una persona, tendenzialmente un uomo ricco e anziano, offre regali e soldi a un’altra persona, in genere una donna giovane, in cambio di compagnia, attenzioni, sesso. Uno scambio teoricamente accettabile tra due adulti consenzienti ma che ora, almeno nella sfera digitale, perde un fondamentale, terzo consenso: quello di Google.

Il colosso di Mountain View ha infatti da poco cambiato le sue regole per quanto riguarda le app ospitate sul suo Play Store, il negozio di applicazioni più popolare per Android. Dal primo settembre 2021 saranno in vigore nuove restrizioni sui contenuti sessuali, che proibiranno le relazioni sessuali via compenso, ed esplicitamente anche lo sugar dating. App come Elite Millionaire Singles, Seeking Arrangement, Spoil e Sugar Daddy dovranno quindi abbandonare lo store entro quella data, costringendo gli utenti a utilizzare i servizi via browser o a fare il side-loading dell’app. La prima opzione è tra l’altro l’unica disponibile per gli utenti Apple, il cui store già da prima prevedeva una policy simile.

In un mondo dove il sex work è, se non direttamente penalizzato, comunque stigmatizzato, questo deplatforming può sembrare forse poca cosa, ma si tratta solo della punta di un iceberg fatto, oltre che di termini di servizio e di utilizzo delle piattaforme, di leggi che fanno ostruzionismo al sex working online e che penalizzano pesantemente le persone che lavorano in questo settore.

Il disastro di FOSTA-SESTA

La legge più importante e consequenziale in questo senso è senza dubbio l’Allow States and Victims to Fight Online Sex Trafficking Act, anche noto come FOSTA o FOSTA-SESTA (backronym di Stop Enabling Sex Traffickers Act). Il nome chiarisce le intenzioni — almeno quelle dichiarate — di questa legge, approvata ad aprile 2018 dalle camere statunitensi e firmata dall’allora presidente Donald Trump, con il supporto pubblco di diverse personalità dello spettacolo che l’Internet Association, che rappresenta colossi tech come Google, Facebook e Microsoft.

I cambiamenti imposti da FOSTA riguardano però solo tangenzialmente il traffico e lo sfruttamento sessuale di esseri umani. La nuova legge va infatti ad aggiungere un’eccezione alla famosa Section 230 del Communication Decency Act, che solleva le piattaforme online dalla responsabilità legale dei contenuti generati dai loro utenti. Una norma considerata vitale per la sopravvivenza di molti siti, in primis i social network, ma anche forum, siti di notizie, e qualunque posto abbia anche solo una sezione commenti.

Il suo indebolimento o addirittura la sua abolizione sono stati sbandierati più volte dai Repubblicani come minaccia di vendetta proprio nei confronti dei social, “colpevoli” di censurare i contenuti conservatori — tra l’altro una falsità, che però tira acqua al mulino della destra statunitense. E con il FOSTA, che ha aggiunto tra le eccezioni relative a questa “immunità” tutte le condotte che “promuovono o facilitano la prostituzione”, sono riusciti ad allentare una prima vite.

Ufficialmente l’obiettivo principale di FOSTA è colpire tutte quelle piattaforme che ospitano annunci di sex work illegale. Un rappresentante di questa categoria, bersaglio esempio di questa legge, era Backpage.com, un sito di annunci diventato negli anni un punto di riferimento per il sex work, ma anche per lo sfruttamento sessuale minorile. Secondo il National Center for Missing and Exploited Children, circa tre quarti dei 10mila bambini potenzialmente coinvolti in traffici sessuali ogni anno venivano“promossi” dai loro carnefici su Backpage.

La necessità di intervenire contro la piattaforma era innegabile. Tant’è vero che nel 2016 Carl Ferrer, proprietario e CEO del sito, e i due co-fondatori erano stati arrestati con le accuse di sfruttamento sessuale, sia di adulti che di un minore di 16 anni, salvo essere stati poi rilasciati: il giudice aveva stabilito che la Section 230 sollevava i proprietari del sito dalle responsabilità legali degli annunci pubblicati da utenti terzi.

Nonostante questo sembri a prima vista il perfetto caso a favore di una legge come FOSTA, quest’ultima si è rivelata infine superflua nella chiusura di Backpage, arrivata nel 2018 proprio pochi giorni prima dell’approvazione. Utilizzando leggi già esistenti, le autorità federali hanno infatti accusato i due fondatori e cinque dipendenti di riciclaggio di denaro e favoreggiamento della prostituzione. Ferrer questa volta si è dichiarato colpevole in un accordo con le autorità, e Backpage è stato sequestrato e chiuso.

L’inutilità di FOSTA nel combattere il traffico sessuale si è resa evidente in questi oltre tre anni di vita. A giugno 2021 l’US Government Accountability Office (GAO) ha pubblicato un report, realizzato in collaborazione con organizzazioni come la non-profit Human Trafficking Legal Center, che mostra come FOSTA-SESTA sia usata molto raramente. Il Dipartimento di Giustizia ha presentato una sola accusa in tutto questo tempo, contro il proprietario del sito cityxguide.com. Il procedimento, iniziato a giugno 2020, è tutt’ora in corso. Anche per quanto riguarda un altro aspetto della legge, ovvero quello del risarcimento delle vittime, solo una persona aveva cercato di ottenerlo, ma la sua richiesta era stata respinta senza nessuna riparazione.

Più che inutile, dannosa

Se l’applicazione diretta di FOSTA ha avuto degli effetti praticamente trascurabili, la sua approvazione ha avuto invece un impatto enorme su tutte le attività online legate anche solo tangenzialmente al sex work. Prima ancora dell’approvazione definitiva di FOSTA, Craiglist ha deciso di rimuovere la sezione legata agli annunci personali, molto utilizzata per il sex work, ma anche per il semplice dating. Anche Reddit ha annunciato nuove regole, limitando l’utilizzo della piattaforma per transazioni, scambi e regali di determinata natura, tra cui quella sessuale.

Nello stesso periodo, in vista dell’approvazione della legge ma in maniera non esplicitamente collegata, Google ha iniziato ad applicare per il suo servizio di storage cloud Drive una clausola che vieta la “creazione, caricamento e diffusione” di pedopornografia, materiale esplicito non consensuale e materiale sessualmente esplicito di ogni genere. Il risultato è stato, per molti professionisti del settore, l’impossibilità di accedere e condividere immagini e video.

Contro FOSTA e i suoi effetti si sono provati a muovere diversi enti, tra cui l’Electronic Frontier Foundation e l’Internet Archive, insieme a Human Rights Watch e la Woodhull Freedom Foundation. Come fa notare infatti la causa intentata da questi gruppi, “[FOSTA] unisce erroneamente le comunicazioni online legate al sex work con la prostituzione, e tratta la prostituzione come un sinonimo di traffico illegale.”

Il risultato, come evidenziato anche da diverse persone che praticano sex work, è un vero e proprio deplatforming, che le spinge dalla dimensione online a quella offline, con un aumento sostanziale dei rischi. Come spiegato sia dalla performer Lorelei Lee che dal paper “Erased: The impact of FOSTA-SESTA and the removal of Backpage on sex workers”, le piattaforme online sono utilizzate per fare uno screening dei clienti, condividere con altri professionisti esperienze negative, organizzare incontri senza doversi esporre per strada, trovare il supporto reciproco. Tutto questo in maniera autonoma, senza bisogno di affidarsi e dipendere da un’altra persona.

Anche chi non è coinvolto direttamente nel sex work è stato penalizzato dai cambiamenti messi in moto da FOSTA. La piattaforma online per l’educazione sessuale O.School, prima attiva anche nel parlare apertamente di sex work e dei diritti collegati, ha dovuto ad esempio adottare a maggio 2018 una nuova policy che impediva questo tipo di temi, nonostante la sua contrarietà alla legge.

Il caso di OnlyFans

Continuano comunque ad esistere piattaforme online che ospitano sex work. Ad esempio OnlyFans, che permette agli utenti di abbonarsi ai profili dei creatori presenti sulla piattaforma in cambio di contenuti esclusivi. Questa formula, simile a quella di piattaforme più generaliste come Patreon, non è usata solo per contenuti per adulti, ma questi ultimi sono sicuramente quelli più famosi e che hanno contribuito alla popolarità della piattaforma.

Con l’arrivo di FOSTA anche OnlyFans, e soprattutto i suoi creatori di contenuti, ha subito qualche scossone, ma tutto sommato la piattaforma ha continuato a operare a lungo senza problemi. Almeno fino alla scorsa settimana: la deputata repubblicana Ann Wagner, co-autrice di FOSTA, ha infatti recentemente proposto un’investigazione nei confronti di OnlyFans, accusato di ospitare contenuti pedopornografici. La piattaforma ha respinto tutte le accuse, sostenendo di utilizzare diversi sistemi per identificare e rimuovere questo tipo di materiale.

La lettera della deputata Wagner si appoggia sui dati forniti dal National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC), non-profit con cui le piattaforme collaborano volontariamente per l’identificazione dei contenuti riguardanti bambini scomparsi. Dati che, nel caso di OnlyFans, si traducono in 10 casi nel 2019 e 80 casi nel 2021. Per dare un contesto, nel 2020 Facebook ha riportato 20 milioni di casi, seguito dai 144mila di Snapchat e i 65mila di Twitter. Queste ultime piattaforme sono ovviamente molto più grandi di OnlyFans, ma la differenza di numeri evidenzia comunque come la richiesta di indagini abbia basi poco solide.

Nonostante la poca consistenza delle accuse, a livello pratico la battaglia di Wagner sembra essere arrivata a una vittoria., Le piattaforme di pagamento online, infatti, hanno costretto OnlyFans a cambiare il proprio modello di business. La piattaforma ha quindi annunciato che a partire da ottobre 2021 non saranno più permessi i contenuti sessualmente espliciti. Continueranno a essere permessa la nudità, ma è evidente come questo cambiamento influenzerà notevolmente la natura della piattaforma. A determinare questa decisione sono state probabilmente sia la mancanza di investitori che, come esplicitamente dichiarato dalla piattaforma, “le richieste dei nostri partner bancari e fornitori di servizi di pagamento”.

L’impatto in Europa

Nonostante tutto questo riguardi la legislazione e le aziende statunitensi, l’effetto di tutto questo sull’Europa è evidente, visto che nella maggior parte dei casi le piattaforme social utilizzate sono le stesse.

Il Comitato Internazionale per i Diritti dei Sex Workers in Europa ha stilato un documento dal titolo “A Brief Guide on Collateral Damages of Anti-Trafficking Laws and Measures on Sex Workers”, che raccoglie tutta una serie di esempi di effetti collaterali negativi derivati dalle leggi contro il traffico sessuale. Per la parte riguardante la tecnologia viene evidenziato l’impatto negativo di FOSTA-SESTA anche sull’Europa: “Sono stati chiusi dei profili social, come il gruppo Facebook del collettivo belga di sex worker UTSOPI, insieme alle sezioni dedicate agli annunci personali di siti come VivaStreet France e ai siti di sex worker e collettivi finalizzati ad unirli e proteggerli meglio. Molti sex worker hanno riportato di essere stati stressati per i loro conti in banca e per i pagamenti online (PayPal), essendoci stati casi di conti congelati dopo l’utilizzo di servizi online di promozione.”

Per i servizi europei, alcuni continuano a operare, come la svizzera LEXI App che fornisce informazioni socio-sanitarie utili ai sex worker in diverse lingue. Altri tuttavia sono stati chiusi, come la finlandese Artemis’ Umbrella, o limitati nelle loro funzionalità, come l’app di Ugly Mugs, a cui Google aveva disabilitato delle funzionalità necessarie al servizio di segnalazione dei clienti pericolosi.

L’Europa rimane comunque un lido più sicuro degli USA anche per le piattaforme statunitensi. Molte persone hanno infatti trovato rifugio in due nuove piattaforme, Switter e Tryst.link, entrambe legate al collettivo Assembly Four, che si propone di “creare prodotti e servizi per aiutare i sex worker di tutto il mondo.” Switter è basato sul social network Mastodon, una piattaforma che non si appoggia su server proprietari centralizzati, ma su server locali chiamati istanze che chiunque può aprire e collegare al resto del social. L’istanza di Switter, con già 402mila utenti, è localizzata in Austria, quindi fuori giurisdizione di FOSTA.

L’Europa comunque potrebbe a un certo punto “recuperare”, da un punto di vista legislativo. Se da un lato già nel 2018 il Regno Unito aveva accarezzato l’idea di importare FOSTA, nella strategia 2021-2025 dell’Unione Europea per combattere il traffico di esseri umani è inclusa anche l’intenzione di “condurre un dialogo con le aziende tecnologiche e di internet per ridurre l’utilizzo delle piattaforme online per il reclutamento e lo sfruttamento delle vittime.” Uno scopo assolutamente nobile ma che, a seconda di come si concretizzerà, potrebbe tradursi in un nuovo FOSTA-SESTA, questa volta tutto europeo.

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in copertina, elaborazione da foto CC-BY 2.0 di Jessica Mullen. Su OnlyFans jessicamullen