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in copertina, studenti che protestano di fronte all’American University of Beirut, dalla pagina Facebook AUB Secular Club

Di fronte all’aumento vertiginoso delle tasse nelle due principali università private, gli studenti libanesi hanno intrapreso uno sciopero e una battaglia legale per difendere il diritto all’istruzione

Nel dicembre 2020 gli studenti dell’American University of Beirut e della Lebanese American University, le due migliori università del Libano, hanno ricevuto una brutta notizia: le tasse universitarie erano aumentate di circa il 260% tra il primo e il secondo semestre. 

Un aumento impressionante, ma non sorprendente in un paese che da oltre un anno e mezzo sta attraversando la peggiore crisi economica dalla fine della guerra civile nel 1990. La conseguenza più spaventosa della crisi è l’enorme svalutazione della moneta locale. 

I prezzi dei beni di prima necessità aumentano quotidianamente. “Se prima potevo comprare un pacchetto di sigarette per circa 2.000 lire, adesso costa quasi 10.000, ma varia a seconda del prodotto,” spiega Bilal Nehme, un attivista proveniente dal sud del paese. Nelle ultime settimane spontanei scoppi di rabbia sfociati in proteste si sono susseguiti frequentemente soprattutto nella capitale, Beirut. 

Mentre prima del meltdown finanziario un dollaro era equivalente a 1.500 lire libanesi (LL), negli ultimi giorni  il tasso di cambio ha raggiunto il record negativo di circa 15.000 LL per dollaro al mercato nero. “È difficile pensare al futuro,” racconta Bilal, “c’è l’idea diffusa che tutto quello che sta andando male adesso, andrà anche peggio domani.” 

Come si è arrivati a questo punto? 

Le ragioni della crisi sono complesse e hanno radici antiche. Altissimo debito pubblico, un’economia estremamente dipendente delle importazioni dall’estero e, soprattutto, l’immobilismo e la corruzione endemica del sistema politico settario, basato sulla divisione di potere tra diversi gruppi religiosi. Le negoziazioni per la formazione di un governo sono a un punto morto, ormai da mesi. Il primo ministro incaricato, Hariri – lo stesso che si era dimesso dopo l’ondata di proteste dell’ottobre 2019 – non ha ancora trovato un accordo con il presidente Aoun, da quando il suo predecessore si è ritirato dopo l’esplosione del porto di Beirut il 4 agosto. Senza un governo funzionante, ovviamente, è impossibile attuare le riforme strutturali da cui dipendono i finanziamenti esteri per risollevare l’economia del paese. 

La sproporzione tra valuta estera in entrata e in uscita ha portato al graduale prosciugamento delle riserve della Banca Centrale Libanese, che si sono praticamente estinte nel 2019. Sono, quindi, state imposte delle restrizioni sulla quantità di dollari che si potevano prelevare o inviare dal proprio conto. Per molti studenti universitari all’estero, ricevere soldi e pagare le tasse universitarie è diventato un problema.  Alcune università europee hanno accordato agli studenti libanesi uno status speciale, ma non tutte, così molti hanno dovuto lasciare gli studi, spiega la studentessa Lara Slim che all’epoca si era trovata in questo dilemma.  

Le università private

Per gli studenti la situazione si è ulteriormente aggravata quando le due università d’elite del paese hanno alzato i loro prezzi al nuovo tasso di cambio del dollaro a 3.900 LL, utilizzato dalle banche, ma non approvato ufficialmente dal governo. 

“La crisi c’è. La questione è chi ne debba pagare le conseguenze. Si tratta di dividere equamente i pesi di questa situazione,” dice Leen Elharake, la vice-presidente del concilio degli studenti della Lebanese American University.  Il fatto che le università private siano organizzazioni volte fondamentalmente al profitto è una realtà nota in Libano, ma rimangono le migliori del paese. 

Leen racconta che circa 140 studenti nei due istituti hanno iniziato a dicembre un “tuition strike.” Invece di pagare in dollari direttamente all’università, sono passati dal notaio pubblico, che è legalmente tenuto ad accettare il tasso originario di 1.500 LL per dollaro.  

L’opportunismo di questa scelta è palese. Tanto più che quando fa comodo, per pagare i docenti, le università si basano ancora sul tasso di cambio più basso di 1.500 LL.  “I professori, anche se piuttosto tacitamente, in generale sono dalla nostra parte. Stiamo combattendo questa battaglia anche per loro. Non solo per pagare meno, ma soprattutto per una questione etica. Chiediamo all’università di coinvolgerci nei processi decisionali e di essere trasparente,” commenta Leen. 

 

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Leen Elharake durante il sit-in per il Tuition Strike

Grazie a una battaglia legale, gli studenti sono riusciti ad assicurarsi che coloro che hanno pagato a 1500 LL non siano automaticamente esclusi dal sistema universitario a inizio del semestre, come avevano minacciato le università. La sentenza legale che riguarda la legittimità del nuovo tasso di cambio è attesa nella prossima settimana. Secondo Leen, ci sono buone possibilità di vittoria. Ma non bisogna sottovalutare la pressione lobbistica che possono esercitare le grandi istituzioni private. 

 

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Dalla pagina Instagram di Khayar, “scelta,” il progetto recentemente fondato da Lara Slim insieme ad altri studenti per mettere in contatto donors della diaspora libanese e studenti in difficoltà economica. 

L’istruzione pubblica

Come spiega Leen, le opzioni per gli studenti libanesi si stanno restringendo: “Molte persone contavano su borse o supporto esterno per studiare all’estero o iscriversi a un’università privata, ma è diventato molto più difficile. Rimangono solo le università pubbliche, che però non hanno la capacità per accogliere tutti.” 

Anche gli studenti delle università pubbliche non se la passano benissimo. Anche se le tasse sono minime, per molti sono ancora inaccessibili. Senza contare le spese extra per chi deve trasferirsi da fuori. In un paese dove oltre metà della popolazione si trova al di sotto della soglia di povertà e il 70% delle ricchezze è nelle mani del 10% dei cittadini, l’educazione sta diventando un lusso e sempre più persone pensano all’emigrazione. 

Hussein Cheaito è un giovane ricercatore di Economia politica di Beirut

Lara Slim è preoccupata: “Pagheremo le conseguenze di questa mancanza di investimenti nell’educazione in futuro. Come potremo rialzarci da questa crisi se le nuove generazioni saranno meno educate di quelle precedenti?”

Le ultime elezioni studentesche nelle più importanti università libanesi sono state vinte per la prima volta da gruppi non affiliati a nessuna setta religiosa. Secondo Leen, si tratta di un’importante svolta, che ha risvegliato totalmente una politica studentesca fino ad allora tradizionalmente quiescente. Può questa voglia di cambiamento uscire dalle università e contagiare il mondo della politica? 

“Dobbiamo ricordarci che le opinioni dei giovani, specialmente universitari, non sono rappresentative del paese. Ma è un buon inizio,” dice Leen Elharake. 

Bilal, Leen e Lara non sono ottimisti sul futuro dell’educazione in Libano. Però, per loro, come per molti altri ragazzi, il ricordo della “Rivoluzione del 17 ottobre” – l’ondata di proteste che ha animato il paese nel 2019 – è ancora vivissimo. Sono convinti che i traumi collettivi della crisi economica e dell’esplosione di Beirut abbiano contribuito a risvegliare una coscienza politica per lungo tempo sopita. Nonostante l’immobilismo della politica e l’opportunismo delle istituzioni universitarie, tra i giovani libanesi qualcosa è cambiato. 

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