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tutte le foto di Luca Scaldaferri,
comitato Salviamo il parco Bassini

Ieri centinaia di persone hanno manifestato contro il taglio degli alberi nella zona del Campus Bassini, al Politecnico di Milano. La “deforestazione” è iniziata il 2 gennaio nonostante l’opposizione nei mesi scorsi di studenti e docenti.

Il 18 dicembre 2018 il Consiglio di Amministrazione del Politecnico di Milano ha accolto con parere favorevole unanime il piano triennale delle opere pubbliche 2019-2021. Tra le iniziative proposte dal piano c’è la “riqualificazione” della zona verde del parco Bassini — dalla relazione tecnica del progetto si legge che questo intervento è una “valorizzazione dell’insediamento dell’Ateneo presso Città Studi.” Ma quello che si è previsto di fare è l’abbattimento della maggior parte delle piante presenti nella zona del Campus, per poi edificare al loro posto un nuovo dipartimento della facoltà di Chimica. 

Già dall’uscita del piano, nato da un’intesa Stato-Regione Lombardia, sono emersi i primi contrasti tra il Consiglio e i rappresentanti degli studenti, che affermavano ci fosse stato il parere favorevole degli agronomi e il via libera da ARPA, e diversi professori che invece dichiaravano il contrario. L’opposizione non ha però avuto modo di fermare la progettazione dei lavori e il loro inizio: lo scorso 2 gennaio 2020, protetti dalla polizia in assetto anti sommossa, sono iniziati i lavori di “deforestazione” del Campus Bassini. Non sono servite le petizioni e nemmeno le proteste messe in atto dagli studenti, dai cittadini e dai lavoratori che frequentano la zona: il taglio degli alberi è partito all’inizio del nuovo anno, senza nessun tipo di chiarezza, in un clima di indeterminatezza riguardo le vere intenzioni del Comune sulla compensazione. 

Difatti, secondo le dichiarazioni fatte dalla ditta che ha in carico i lavori, la potatura non è altro che “propedeutica alle operazioni di spostamento degli alberi.” Parole confermate dal rettore del Politecnico, Ferruccio Resta, che aveva promesso lo spostamento dei cinquantasette alberi che ostacolavano la costruzione del nuovo edificio. Questa affermazione sembra essere stata accantonata, e nemmeno discussa in sede comunale. Inoltre, come ha fatto notare la docente del Politecnico Arianna Azzellino, che da settimane lotta contro l’abbattimento degli alberi: “non è una potatura perché stanno tagliando gli alberi alla base,” ha dichiarato all’AGI, “da quello che sappiamo dal cantiere, l’ordine è spostarne una ventina e abbattere gli altri. Quindi le parole del rettore che prometteva lo spostamento di tutti e cinquantasette gli alberi che ostacolano la costruzione del nuovo edificio erano solo una ‘battuta’.” 

Incongruenze che erano già emerse durante gli ultimi mesi dello scorso anno, a seguito della verifica del piano fatta a settembre. A novembre il Codacons è intervenuto presentando un esposto alla Procura di Milano sulla vicenda, chiedendo di interrompere subito i lavori. La richiesta dell’organizzazione è la stessa degli abitanti del quartiere, degli studenti e dei professori: bloccare la distruzione dell’area verde, ridurre il consumo di suolo e ripensare il progetto. Il Parco di via Bassini è un polmone verde importante per la città di Milano, oltre che un luogo di incontro e svago per i cittadini della metropoli. L’abbattimento degli alberi, alcuni con più di cinquanta o sessanta anni, è una grande perdita a livello ambientale. Come fa notare sempre la professoressa Azzellino, la compensazione promessa dal Comune e dal Politecnico di piantare circa quattrocento nuovi alberi non può essere una scusante per quello che sta succedendo, soprattutto per il motivo che “il sequestro di CO2 è molto maggiore in un albero di 50 anni rispetto a uno appena piantumato.” Affermazioni sostenute anche da Carlo Monguzzi (PD) al Giorno, che specifica che “un albero adulto svolge un certo tipo di funzione per quanto riguarda la CO2. Un albero appena piantato impiega almeno 30 anni per svolgere quella funzione. La compensazione non funziona.”

Queste nuove decisioni di disboscamento approvate dal Comune sembrano essere quindi molto contraddittorie, soprattutto se si legge il progetto ForestaMi, del novembre 2019. Il piano prevede la creazione di un fondo che raccoglierà risorse da aziende e cittadini con l’obiettivo di piantare tre milioni di alberi entro il 2030. Obiettivo che, già di per sé, è utopico e di difficile realizzazione, ma che diventa ancora meno credibile se la prima azione del Comune di Milano in fatto di verde pubblico è lo sradicamento di un intero parco cittadino. 

Abbiamo contattato l’attivista Andrea Mancuso del Comitato Salviamo il Parco Bassini, che ci ha illustrato meglio i retroscena di questa decisione del Politecnico e del Comune: “Nel maggio 2019 il Comune di Milano ha dichiarato l’emergenza climatica, e qualche mese dopo ha lanciato il progetto ForestaMi; al di là dell’assurdità dell’obiettivo, questo piano non tiene conto del valore degli alberi che ci sono già sul suolo. Un parco apporta benefici diversi rispetto a tanti alberi piantati a bordo delle strade e dei viali, dove non è possibile, a livello scientifico, la creazione dei servizi ecosistemici. Il progetto del Comune non è una vera compensazione per i beni ecologici già esistenti.” 

Parlando più nel dettaglio della vicenda del Parco Bassini, Mancuso ci spiega che “il Politecnico per soppesare la distruzione del parco ha promesso di fare un ’giardino compensativo’ piantando quattrocento alberi sul suolo ora occupato dall’edificio di Ingegneria nucleare (il CeSNEF.) A parte il problema degli spazi, che sono troppo limitati per quel numero di piante, la dirigenza ha promesso questo solo perché l’idea iniziale era quella di costruire il nuovo dipartimento di Chimica sopra il CeSNEF smantellato ma, a causa dei quattro metri cubi di scorie radioattive che ci sono all’interno, le norme nazionali non lo permettevano. Di conseguenza l’unica possibilità è stata spostare il campus di Chimica sul Bassini, e promettere il nuovo giardino sul CeSNEF, per sfruttare l’intesa Stato-Regione, ma senza uno studio ambientale preciso e senza tempistiche ragionevoli.”

Il Comitato, con la partecipazione di molte organizzazioni attive sul territorio della città, ha organizzato il 9 gennaio un corteo che è partito dal parco Bassini e si è fermato davanti a Palazzo Marino. “Questo tipo di corteo è una cosa più locale degli scioperi nazionali per il clima, ad esempio” dice Mancuso, “ha un obiettivo preciso, permette di tastare con mano la possibilità di quello che si può fare. In eventi come questo c’è la partecipazione di cittadini di tutte le fasce d’età, professori che marciano accanto agli studenti; si vede una sensibilità maggiore, che include una forte consapevolezza.”  

Dopo l’arrivo a Palazzo Marino, il corteo, a cui hanno partecipato centinaia di persone, si è spostato in piazza San Fedele, dove alcuni esponenti hanno avuto un confronto diretto con l’assessore al verde pubblico e all’agricoltura, Maran. “Uno studente e un docente gli hanno rivolto le accuse principali, hanno chiesto delucidazioni sul perchè non fossero state considerate alternative alla distruzione del parco, e hanno portato le due rivendicazioni del comitato e del corteo: salvare il parco Bassini e proibire le cementificazioni su tutte le altre aree verdi di Milano in pericolo (Baiamonti, Ciclamini, Goccia, piazza d’Armi)” ci spiega Mancuso, “Maran ha risposto che il Comune condivide il progetto, e che se il Politecnico ha deciso così, si fida. Non ha risposto nel merito delle singole istanze e infine, ha dichiarato che finalmente verrà concesso un incontro al Comitato, salvo aggiungere che “dopo l’incontro potremmo comunque avere opinioni diverse.”

Riguardo alla data dell’incontro, l’assessore ha promesso un “vi faremo sapere,” ma i comitati aspettano dal 6 dicembre scorso anche l’avvio della commissione tecnica, in un clima di incertezza e confusione che sembra caratterizzare la vicenda del parco Bassini sin dall’inizio, sotto tutti i punti di vista.