Due giorni di mobilitazione per la giustizia climatica a Milano
Dall’occupazione della sede di Enel in via Carducci al grande corteo studentesco di ieri mattina, il movimento ecologista nato attorno ai Fridays For Future si sta mostrando capace di andare avanti senza rinunciare alla radicalità
Dall’occupazione della sede di Enel in via Carducci al grande corteo studentesco di ieri mattina, il movimento ecologista nato attorno ai Fridays For Future si sta mostrando capace di andare avanti senza rinunciare alla radicalità.
Ieri a Milano circa 30 mila studenti sono scesi in piazza per unirsi al secondo grande sciopero globale per il clima, che ha portato a manifestare centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. In Italia si sono svolti cortei molto partecipati in circa 130 città.
A Milano, però, l’attenzione sulla lotta ai cambiamenti climatici era stata già portata, tra mercoledì e giovedì, dall’occupazione della sede Enel di via Carducci: alle cinque di mercoledì pomeriggio, circa trenta ragazzi e ragazze hanno occupato la hall con maschere e striscioni, restando a dormire e lasciando lo stabile verso le 9.30 del mattino seguente. L’azione, organizzata dagli attivisti del Csoa Lambretta, di Lume, di Casc Lambrate, del Collettivo Zam, di Rete degli Studenti e Milano InMovimento, ha visto la presenza di liceali, universitari e lavoratori di varie età.
“Questa azione — ci racconta Guglielmo “Gulli” di ZAM — si inserisce in una serie di iniziative collegate allo sciopero globale per la giustizia climatica. Un movimento ecologista che vuole avere una qualche rilevanza deve necessariamente prendere contatto con la realtà e uno dei modi per farlo è capire che le cinque milioni di tonnellate di carbone bruciate ogni anno dall’impianto Torrevaldaliga Nord, a Civitavecchia non sono più sostenibili, se mai lo fossero state. Nonostante la facciata di azienda all’avanguardia e progetti come Energia e Ambiente, mirati a formare gli studenti sul tema dell’energia e del rispetto del pianeta, non hanno voluto aprire ai giornalisti l’eventuale incontro che ci avrebbero concesso. Non potevano sgomberarci e hanno deciso di ignorarci.”
“In sedici ore che siamo stati là dentro — continua Guglielmo — abbiamo chiesto a Enel di darci una data di chiusura di tutte le centrali gas a carbone e quale sarà la strategia aziendale per la riconversione dei dipendenti che ad oggi lavorano in settori incompatibili con la riconversione ecologica.”
L’occupazione ricorda le pratiche più radicali portate all’interno del movimento ecologista globale soprattutto dal movimento Extinction Rebellion, che si è fatto conoscere in tutto il mondo a fine aprile grazie a una serie di azioni coordinate che hanno paralizzato il traffico in molti snodi centrali di Londra, con un numero record di persone arrestate. Un cambio di passo per affiancare ai tradizionali cortei del venerdì azioni più eclatanti dal punto di vista mediatico e portare la mobilitazione globale per la giustizia climatica su un nuovo livello.
I 30mila studenti che hanno preso parte al corteo di ieri — non una folla oceanica come quella del 15 marzo, ma bisogna considerare che siamo in periodo di esami e verifiche — confermano la tenuta di un movimento che, pur animato da persone giovanissime, ha già raggiunto un alto grado di maturità e consapevolezza.
“La partecipazione a mobilitazioni del genere e alle future è cruciale in momenti di grande cambiamento come questo. Un cambiamento ambientale ci sarà, è inevitabile, e serve un cambio di sistema. Chi ha di meno dovrà avere di più. Ciò che vivremo nel 2050, alcuni paesi del Sud del mondo lo vivono già ora. La giustizia climatica non esiste senza giustizia sociale. Il capitalismo estrattivo e le attuali strutture sono sempre meno sostenibile anche da un punto di vista ambientale,” ci dice Mattia Rigodanza, membro della Rete della Conoscenza.
“Si nota come la sensibilità su questo tema, venga soprattutto dai giovani,” continua Mattia. “È indubbio che la responsabilità delle politiche ambientali sia di persone di mezza età, ma è rincuorante vedere una partecipazione trasversale diretta, in corteo, e indiretta, per esempio dai professori che non hanno programmato verifiche o interrogazioni per la giornata di ieri. Come Rete vediamo in università ingerenze di multinazionali ben poco sensibili alle tematiche ambientali, per esempio nelle convenzioni per gli stage nella facoltà di agraria si legge il nome di Monsanto. In molti CdA universitari figura Eni. Il capitalismo green non esiste, il green washing e la green economy vengono usate per inserirsi e continuare sulla stessa strada. Parlando dell’azione alla sede Enel, si tratta di un’azione autonoma (alcune delle realtà partecipano anche a FFF, ndr) che approvo personalmente, perché è giusto e funzionale identificare dei nemici concreti. Tramite azioni simili si deve far capire quali siano le mosse da fare, ovvero abbandonare da subito tutti i combustibili fossili e operare una svolta radicale verso una sostenibilità ambientale.”
In copertina: una foto dell’azione alla sede dell’Enel, via LUME / Facebook
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